Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

DA NAIROBI A ROMA. A SCUOLA VA IN SCENA “PINOCCHIO NERO”

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Il tema della diversità, dell’emarginazione, della povertà è da sempre al centro dei progetti di Amref Health Africa, così nel 2004 nacque l’idea di un teatro sociale con lo spettacolo Pinocchio nero diretto da Marco Baliani, un bellissimo e struggente lavoro portato in scena da 20 ex ragazzi di strada di Nairobi. Non un “semplice” speimagettacolo ma un progetto interculturale dedicato all’infanzia. Non solo in Africa. Nei mesi scorsi infatti Pinocchio nero, campi scuola a teatro è stato portato nelle scuole delle periferie romane per favorire l’integrazione e combattere il disagio sociale con lo scopo, a detta di Amref, di diffondere “la consapevolezza che l’infanzia è un’età da proteggere e a cui riconoscere i diritti fondamentali come l’istruzione, l’alimentazione, l’affetto e il gioco”.

 

Il 39,1 per cento dei ragazzi immigrati abbandona la scuola

Purtroppo secondo i dati Eurostat in Italia i ragazzi che abbandonano gli studi prima di conseguire un titolo sono il 17,6 per cento, circa 2 su 10 ( per gli stranieri in Italia si sale al 39,1 per cento). Le cause principali sarebbero, oltre ai disturbi di apprendimento, un ambiente sociale ed economico svantaggiato e le difficoltà relazionali. Il teatro diventa così un modo per avvicinare i ragazzi alla cultura e all’educazione e soprattutto favorisce l’integrazione grazie al lavoro di gruppo che ne è alla base.

16 classi coinvolte nel progetto

Il lavoro, che si è svolto dall’ottobre 2014 al marzo 2015 coinvolgendo 16 classi per un totale di 400 alunni, si è svolto inizialmente all’interno delle scuole con un laboratorio teatrale preceduto dalla proiezione dello spettacolo originale e in un secondo tempo nel circuito Casa dei teatri e della drammaturgia ( Teatro di Tor Bella Monaca, Teatro Biblioteca del Quarticciolo, Teatro Scuderie Villino Corsini, Teatro Villa Torlonia e Teatro del Lido di Ostia ) in cui i ragazzi hanno partecipato attivamente alla “fattura” teatrale.

Vincere il disagio attraverso l’arte

“La cosa interessante è che i ragazzi venivano da contesti diversi: quartieri come Tor bella Monaca, Quarticciolo ma anche Tor Sapienza o Tor Pignattara e sono stati tutti coinvolti in un unico progetto comune di cui Pinocchio era il filo conduttore” ci racconta Anna Alfonsi operatore culturale della Casa dei Teatri e scenografa “alcuni di loro non erano mai stati in questi teatri che magari sono proprio nel loro quartiere e ora, dalla mattina fino a pomeriggio inoltrato, hanno potuto incontrare il teatro in tutte le sue forme, dalla musica, alle scene, alle luci ai costumi; e hanno preso parte a un laboratorio manuale in cui hanno costruito con le loro mani le maschere e i costumi che venivano commissionate dal regista. Il tutto con materiali riciclati imparando così ad adoperare oggetti semplici che cambiavano funzione a seconda di come venivano utilizzati. Il discorso del riciclo ha anche un significato artistico, infatti si ricollega all’inizio dello spettacolo, quando un bambino di Nairobi veniva fuori dicendo ‘io non sono spazzatura’”.

Insomma si è partiti da un disagio sociale per raggiungere un risultato artistico. “In questo modo- continua Anna Alfonsi- il teatro diventa luogo di riflessione perché usa tutti i sensi e crea interazione attraverso il lavoro di gruppo. Un’esperienza di vita che si adatta poi alle più diverse circostanze e che lascia il segno”. Del resto recitare in inglese si dice to play e in francese jouer che in entrambi i casi vuol dire giocare.

 

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