Che ognuno avrà il futuro che si conquisterà.

Gianni Rodari

Troppa acqua sotto i ponti. Sul dissesto serve una legge

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A un anno dalla furia di “Cleopatra”

Un’isola, la Sardegna, e 19 vittime. A un anno dalla furia di “Cleopatra”, la Procura di Tempio Pausania chiude tre fascicoli di inchiesta e notifica l’avviso di conclusione delle indagini a 21 indagati per i quali ora si profila la richiesta di rinvio a giudizio. Ma ad oggi nessuna misura, vera, contro il dissesto idrogeologico e il consumo del suolo.
Continua a franare la terra sotto lo stivale d’Italia. Ancora a Genova e in Liguria, si sciolgono interi pezzi di montagna; il Gargano si copre di fango; l’acqua livella la Maremma… Gli eventi degli ultimi anni segnano la drammaticità del #dissestoItalia, che da evento “straordinario” diventa “normalità”. Normale è affogare sotto i colpi della pioggia; affondare in un terreno senza alberi e radici, che ingoia tutto, come sabbie mobili. È normale un’Italia bagnata e fangosa, che dolcemente scivola nell’oblio per poi riapparire, sorprendentemente, alla prossima “emergenza”.

Gestione del territorio

Ma emergenza non è. E proprio questo è il punto. Nulla di quanto è accaduto è etichettabile come straordinario. Lo si sa bene, e da anni. Ma è molto più semplice dimenticare, bollare tutto “episodio imprevedibile”, piuttosto che ripensare un modello gestionale del territorio che (politicamente) tanto ha fruttato. Ma oggi la sfida è proprio questa. Ed è una sfida che riguarda tutti. La politica in primis. Responsabile dell’incuria e della mala gestione del territorio, che non regge più il peso di una cementificazione selvaggia, dell’arroganza dell’uomo sugli equilibri che la natura richiede. Colpita dalla dalla sindrome dello struzzo mentre si costruisce su aree a rischio idrogeologico o nelle golene dei fiumi. Per poi condonare, perché più facile che demolire.

La sfida contro il dissesto

È la sfida che richiama all’onestà anche l’imprenditoria italiana, che ha fatto più affidamento sulla corruzione di politici, dirigenti e funzionari che sulle proprie capacità di stare sul mercato, in un Paese in cui gli investitori stranieri non arrivano, più preoccupati del malaffare, della burocrazia e dei tempi della giustizia piuttosto che dell’ (ex) articolo 18. Ma questa è anche la sfida della stampa, che ha il potere e la responsabilità di tenere alti i riflettori sulla linea del dissesto che, da nord a sud, percorre in un brivido tutta la penisola. Una sfida che sarà vinta solo con l’approvazione di un serio progetto di legge contro il consumo del suolo, rimasto da anni mero disegno. Una legge che rivendica urgenza, perché il rischio idrogeologico riguarda l’82% dei comuni e i circa 6 milioni di cittadini che li abitano (Rapporto Ance-Cresme). Una legge che serve, perché alluvione dopo alluvione, frana dopo frana, i territori presentano il conto – economico e umano – mettendo in fila, uno dietro l’altro, i 292 morti tra il 2002 e il 2013 a cui vanno aggiunte le vittime di questo anno, travolte anch’esse dal fango e dalle acque di una normale, ciclica, emergenza.

Erica Antonelli

L'Autore

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