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Abraham Lincoln

Ebola, l’Europa dichiara guerra al virus

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Non esiste né vaccino né cura per ebola, almeno per ora. Ed il rischio contagio cresce a vista d’occhio. È paura anche in Europa: i focolai del virus si moltiplicano, scoppiano e si estinguono con una velocità impressionante. Nei Paesi dell’Africa Occidentale ha già mietuto molte centinaia di vittime. Quelle ufficialmente censite nel 2014 sono 672, ma chissà quante altre – forse la maggior parte – rimangono al di fuori di questa triste contabilità. Ebola non si arresta, e spostandosi dal suo epicentro originale crea altri focolai e 96 sono i nuovi casi registrati, mentre oltre 1200 sarebbero quelli in corso di accertamento.

A Londra il premier David Cameron ha indetto quella che gli addetti ai lavori definiscono “Cobra Meeting”, una riunione interministeriale per decidere questioni prioritarie. Nonostante non ci siano casi nel Regno Unito la minaccia di ebola viene presa molto sul serio. Il tessuto sociale inglese, infatti, ha forti legami con l’Africa occidentale e soprattutto con la Nigeria, da dove è partita la piaga. Ma e’ necessario mantenere molto alto il livello di guardia soprattutto per i sudditi della Regina che viaggiano nelle zone a rischio.

Tre sono i luoghi da cui è partita l’emergenza: Liberia, Guinea e Sierra Leone. Nel Paese con la bandiera verde, bianca e blu da giugno il governo e la società civile hanno rafforzato le misure di prevenzione per fermare il contagio istituendo checkpoint per circoscrivere l’epidemia e centri sanitari dedicati

Stando agli ultimi dati del Ministero della Sanità di Freetown, sono 489 i casi di ebola accertati in Sierra Leone, di cui 159 mortali.
Ebola, lo ricordiamo, è una malattia virale che può esplodere in 48 ore. I sintomi? Febbre improvvisa, intensa debolezza, dolori muscolari fino al mal di gola per la prima fase. Gli step successivi sono vomito, diarrea e sanguinamento. Non è difficile da prendere, se le condizioni: uno scambio di fluidi corporei, tagli, e persino con una stretta di mano. Trattamento precoce e isolamento sono gli unici palliativi all’espansione di un virus che ha già stroncato il 90% dei pazienti.

L’allarme è il più alto di sempre e la paura aumenta: solo pochi giorni fa, all’aeroporto di Birmingham, è stato fermato un passeggero proveniente dalla Nigeria: presentava sintomi della malattia. Scattati gli allarmi, è stato messo sotto esame. L’esito è risultato negativo ma il panico si è diffuso comunque. Secondo la Commissione UE c’è ancora solo un “basso rischio che si diffonda in Europa, stante l’alto grado di vigilanza attiva. Ma i controlli sulle persone in viaggio devono proseguire con la massima attenzione”

Sull’allerta ebola vigila, tra gli altri, Medici Senza Frontiere. Ed è del direttore delle operazioni di Msf, Bart Janssens, in un’intervista rilasciata al quotidiano La Libre Belgique. “Questa epidemia è senza precedenti, assolutamente fuori controllo e la situazione non fa che peggiorare, per cui si sta nuovamente estendendo, soprattutto in Liberia e Sierra Leone, con focolai gravissimi”, ha detto. “Se la situazione non migliora rapidamente, c’e’ il rischio reale di vedere nuovi Paesi colpiti. Non si può escludere, ma è difficile da prevedere in termini realistici, perché non abbiamo mai visto una tale epidemia”.
Proprio in Sierra Leone da giugno il governo e la società civile hanno rafforzato le misure di prevenzione per fermare il contagio: oltre ai checkpoint per circoscrivere l’epidemia, i centri sanitari dedicati, sono i luoghi pubblici a essere stati oggetto delle misure precauzionali più severe. In tutti i luoghi pubblici affollati, come quelli adibiti a svolgere funzioni religiose, non ci si stringe più la mano: lo scambio di pace è stato sostituito da un inchino con la mano destra sul cuore, e il sacerdote dà l’eucarestia nelle mani e non più direttamente in bocca.

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