Che ognuno avrà il futuro che si conquisterà.

Gianni Rodari

Ebola: West Africa lasciato troppo solo a combattere

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La conta dei morti continua: 4.951 secondo i dati aggiornati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Mentre in Spagna e Stati Uniti sono riusciti ad arginare i pochi casi di persone che hanno contratto il virus mentre si trovavano nei Paesi colpiti, in Liberia, Sierra Leone e Guinea, si continua a morire. Non sarebbe sicuramente andata così se il sistema sanitario fosse stato capace di combattere la malattia fin dall’inizio. Non è un caso che un virus di questo genere può espandersi tanto rapidamente in aree povere e depresse ed essere circoscritto nel mondo occidentale.

La reazione al virus nei Paesi del West Africa è stata lenta e lasciata, per un tempo troppo lungo, alle strutture e personale sanitario locale e alle Ong sul campo. Non è azzardato dire che l’interesse reale è sorto quando – e non era così difficile prevederlo – ci si è resi conto che l’ebola non ha confini e che non tiene neanche conto del colore della pelle. È la paura – e anche la stampa ha avuto il suo ruolo – che ha cominciato a girare le cose in un altro verso. È quando i primi casi si sono manifestati in persone provenienti da quei Paesi, soprattutto personale medico o paramedico, che i leader occidentali e la stessa Onu hanno cominciato ad avviare programmi specifici. Questa mancanza di attenzione e sensibilità l’aveva fatta notare lo stesso Kofi Annan, ex segretario generale delle Nazioni Unite. Annan si era detto “profondamento deluso” dal modo in cui la comunità internazionale ha risposto all’emergenza. Insomma, non c’era bisogno – e non si doveva – aspettare mesi prima di intervenire.

Nel settembre scorso Physicians for Human Rights (Medici per i Diritti Umani) avevano inviato un documento al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sottolineando il dovere della comunità interazionale a rispondere alla crisi. “Chiudere i confini alle persone che viaggiano dal West Africa e semplicemente spedire controlli non risponde agli obblighi contenuti nella Convenzione dei diritti economici, sociali e culturali” avevano scritto.

German Red Cross Trains Ebola VolunteersIn Paesi già colpiti dalla sotto nutrizione o malnutrizione, dal tasso di mortalità infantile e materna, per malaria e Aids e dalle difficoltà economiche della maggioranza della popolazione, l’ebola sta avendo effetti catastrofici, anche e soprattutto per l’insufficienza del sistema sanitario. Pochi investimenti sono stati fatti negli anni per migliorare l’assistenza, e in questo caso il dito è puntato sui Governi locali che – in molti casi – si sono guardati bene dall’investire in maniera coscienziosa fondi della comunità internazionale che pure sono arrivati. Mentre i Paesi finanziatori hanno fallito il ruolo di controllori e osservatori concreti e operativi. Le aree rimaste indietro sono soprattutto quelle rurali, le più marginalizzate, dove ora, non a caso, si registra il più alto numero dei decessi.

Sarà questa una lezione per il futuro?

Intanto, sono passati 20 giorni dall’ultimo caso sospetto risultato negativo all’ebola nella Repubblica Democratica del Congo. Secondo i protocolli il Paese sarà considerato libero dall’epidemia dopo 42 giorni dalla data del secondo test negativo, se non dovessero verificarsi altri casi. Nella Rdc sono stati registrati 66 casi (38 confermati e 28 probabili), 49 sono morti, 8 di questi erano personale medico. Il ceppo di ebola della Repubblica Democratica del Congo non è però collegato a quello degli altri Paesi affetti. La gravità della situazione nel West Africa ha comunque fatto sì che gli altri Paesi siano in stato di allerta e maggiormente in grado di rispondere all’emergenza. In Mali non si sono registrati altri casi, dopo quello della bambina di due anni morta a causa del virus. La bambina era ritornata in Mali con la nonna da un viaggio in Guinea. Ora, tutti coloro che sono stati in contatto con la bambina, sono sotto osservazione. In Nigeria ci sono stati 20 casi e 8 morti e in Senegal si è registrato un solo caso, poi dimesso. Questi due Paesi sono considerati, già da due settimane, ebola-free.

Unicef e Goal, agenzia umanitaria che opera in Sierra Leone, hanno organizzato un incontro con sopravvissuti all’ebola. Questo, e il lavoro in corso di una clinica installata per fare lo screening su chi è guarito, sta aiutando a capire anche gli effetti successivi provocati dal virus. Molte delle persone che si sono salvate lamentano dolori muscolari, mal di testa e altri problemi, ma il più grave è la perdita parziale o totale della vista. Al momento è in corso l’implementazione di due vaccini coordinati e approvati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, entrambi in Svizzera. Altri test ed esperimenti sono in corso in Mali, Stati Uniti, Regno Unito.

Antonella Sinopoli

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