Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

Economist stai sereno l’Italia si salverà

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[su_quote]Italy is too big to fail and too big to be saved[/su_quote]

Ci saremmo aspettati più fantasia e più humour dal settimanale che per tutti noi è l’autorevole “Economist”. Si è accorto, ma non ci voleva molto, che l’Italia è un paese troppo grande per lasciarlo fallire. Le onde alte, un vero tsunami, che conseguirebbero allo sprofondamento dell’Italia nel Mediterraneo arriverebbero con esiti disastrosi non soltanto alle bianche scogliere di Dover, ma nel bel mezzo della City. Lì non sono pochi gli operatori economici italiani che trafficano allegramente e il colpo sarebbe duro, ma salutare. Prima gli inglesi si accorgono che parte della loro prosperità dipende proprio dai soldi che gli Europei al di qua della Manica investono e scambiano nelle contrattazioni nella swinging London, meglio sarà. Debbono fare molta attenzione i giornalisti dell’Economist perché, da un momento all’altro capiterà loro fra capo e collo il columnist dello Evening Courier (qui, nello stivale, lo chiamiamo “Corriere della Sera”) che lancerà l’operazione Truth. All the Truth. Nothing but the Truth. Allora dalla City saranno obbligati a raccontarcene delle belle, magari la verità anche sulle loro banche.

Ancorché autorevole, l’Economist si sottovaluta ovvero, meglio, sottovaluta l’Unione Europea e persino il giovane e dinamico Premier italiano. Sostiene il settimanale inglese che l’Italia è un paese “troppo grosso per salvarlo”. Molti di noi, pure anglofili, riteniamo che l’Italia sia un paese di medie dimensioni sotto lo stellone che sovrintende ai nostri destini. Pensiamo, non egoisticamente, di non essere l’unico paese da salvare, dentro e fuori la zona Euro. Crediamo che, per esempio, occorra salvare il Regno Unito dal referendum secessionista della Scozia, dall’Ukip di Farage, dalla politica, non della sedia vuota, ma del vuoto di idee del suo Primo Ministro Cameron. Lui ha già perso nella sua opposizione a testa bassa contro Juncker. Noi saremo, perhaps, più attenti nell’appoggiare una candidatura giovane, inesperta, di non accertata competenza.

Il punto, però, è che noi, cioè, gli italiani, quando riusciamo a stare fermi, cerchiamo di fare i compiti a casa. Li facciamo in fretta prima di tornare a guardare Peppa Pig. Gli errori lasciamo che ce li correggano il Commissario all’Economia e, spesso, in via informale, il Presidente Napolitano (che, in quanto migliorista, ha molta esperienza nella correzione di rotte e di compiti). Rassicuriamo, infine, l’Economist. Salvarci ci salveremo, ma il problema non è quello. Il problema italiano è che, soltanto il Premier corre, da solo, nessuno lo insegue. Il resto del paese galleggia galleggia galleggia “con le pinne il fucile e gli occhiali”. Nella mente di qualcuno di noi qualche volta sorge l’inquietante dubbio se galleggiare possa essere sufficiente. Attendiamo la risposta, caro “Economist”, dal vostro prossimo pensoso e pungente editoriale.

Gianfranco Pasquino

J. McPasquin, the Italian Bagehot*

 

*Autorevole costituzionalista, Walter Bagehot fu il fondatore e a lungo il direttore dell’Economist. La rubrica del settimanale che tratta temi istituzionali è tuttora firmata, collettivamente, con il suo cognome.

L'Autore

2 commenti

  1. Il prof. Pasquino, oltre che il politologo impareggiabile che conosciamo, in grado di esprimere opinioni nette e di sentirsi portatore di idee riformiste senza peccare di ideologismo, si esprime qui in temi di economia politica con grande equilibrio e fermezza. Lo ringraziamo di non avere detto, questa volta, “VOI” Italiani.

    • paradoxareview il

      Gianfranco Pasquino è un nostro autore per eccellenza e dopo aver curato un fascicolo dedicato al pensiero di Giovanni Sartori, 1/2014, si appresta ad essere Curatore di un numero che farà scalpore. Solo lui è autorizzato a dirne.

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