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Elezioni regionali: il Pd vince ma non c’è da stare sereni

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elezioni regionaliIl Pd vince 5 a 2, ma c’è poco da stare sereni. Il partito a livello nazionale, secondo le ultime proiezioni dell’Istituto Piepoli, è quotato al 23,7%, ben lontano dal 41% delle Europee. La sinistra, penalizzata dalle divisioni interne, ha innanzitutto perduto la Liguria, sua storica e finora inespugnabile roccaforte cedendola a un Silvio Berlusconi che sembra essersi risvegliato all’improvviso. La candidata del partito del premier non ce l’ha fatta: Raffaella Paita si è fermata al 28%, tre punti appena di vantaggio su Alice Salvatore del Movimento 5 Stelle che ha conquistato il 25% e ben al di sotto di Giovanni Toti che ha ottenuto il 34%. Una pessima performance, provocata da dissidi profondi ed errori di strategia, ma anche un’occasione per Matteo Renzi per applicare d’ora in avanti il suo metodo, quello della rottamazione, anche a livello locale.

La candidatura di Luca Pastorino ex dissidente del Pd e dal 25 marzo parlamentare del Gruppo Misto, sostenuta dai fuoriusciti dal partito come Pippo Civati, da Rifondazione Comunista, Rete a Sinistra e Sel, ha inferto un duro colpo ai democratici vicini al premier. Pastorino ha preso il 9,4%. Una percentuale che sommata a quella della Paita resta comunque sotto la soglia dei sogni di Renzi e conferma la dispersione dei voti Pd a vantaggio del partito di Beppe Grillo. Ma la Liguria non è l’unica spina nel fianco della sinistra. L’amarezza è grande anche per l’esito poco brillante, comunque assolutamente meno brillante del previsto, della candidata dei democratici in Umbria, feudo che è stato in bilico per tutta la notte sul filo di un interminabile testa a testa tra la presidente uscente Catiuscia Marini e lo sfidante di centrodestra Claudio Ricci. Alla fine la governatrice è riuscita a strappare il 42% e a battere il suo sfidante rimasto fermo al 39%. Renzi ha perso anche in Veneto, dove comunque era straprevista la vittoria del presidente uscente Luca Zaia (Carroccio) che ha riconquistato la regione con quasi il 50 per cento. La candidata del Pd Alessandra Moretti ha preso solo il 23,9%, si è collocato al terzo posto Jacopo Berti (Cinque Stelle) con più dell’11 per cento. Quarto Flavio Tosi, ex Lega, oltre il 10%,

Una grande batosta per il cerchio magico di Renzi

In definitiva è stato un grande flop per il cerchio magico di Renzi, appunto Paita, Moretti e Marini. A vincere infatti tra i candidati del Pd sono state proprio tre esponenti politici abbastanza distanti dal premier: Michele Emiliano in elezioni regionaliPuglia, che si è conquistato il 47% seguito dalla candidata grillina Antonella Laricchia, sotto il 20%; Luca Crescioli nelle Marche, che ha ottenuto il 40% dei voti – a lui il premier avrebbe dichiaratamente preferito Francesco Comi- lasciando al secondo posto Gianni Maggi (M5s) col 21%, seguito da Francesco Acquaroli (centrodestra) intorno al 19% e soltanto al quarto posto Gian Mario Spacca, governatore uscente, eletto nel 2010 col Partito democratico ma che in questa occasione ha corso con l’appoggio di Forza Italia, ottenendo il 13% dei voti;  Vincenzo De Luca, in Campania, che ha vinto con quasi il 40%, con un vantaggio di quasi tre punti su Stefano Caldoro, governatore uscente in quota centrodestra, seguito al terzo posto da Valeria Ciarambino (M5s). Ed è proprio la Campania un altro grosso problema per il Pd. L’ex sindaco di Salerno, ‘impresentabile’ secondo la lista stilata dalla commissione Antimafia, rischia la decadenza a causa della legge Severino.Infine la Toscana dove ha vinto il governatore uscente, Enrico Rossi, con il 48,1%, seguito da Claudio Borghi al 19,8%, Giacomo Giannarelli del M5S con il 14,9%, Stefano Mugnai di Forza Italia con l’9,2%. Qui è stato l’astensionismo alle stelle – con punte record di oltre il 50%- il vero sfidante.

Vincono i movimenti antisistema

Questo il quadro a sinistra, con un Pd che, come si evince, esce provato dai movimenti antisistema, grillini e nuovi leghisti di Matteo Salvini, veri vincitori di queste elezioni. Il partito di Renzi, anche da questo punto di vista, ha perso la scommessa: il recupero del voto populista non c’è stato e nemmeno l’astensione che ha toccato il 50% gli ha dato una mano. Per il premier è proprio ora di rimboccarsi le maniche.

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