«Lei sogna di ..far tredici? » Ma lo farà sicuro!

Gianni Rodari

Quell’estate che mi ha cambiato la vita

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estateL’estate che mi ha cambiato la vita e’ stata quella in cui ho concepito mio figlio. Era una sera di agosto, lungo la costa di Malaga. Il caldo era umido, aveva appena smesso di piovere. Ce ne restammo in hotel – senza un particolare motivo- con quella sensazione bellissima di quando non hai paura che il tempo vada troppo di corsa o, al contrario, non si muova per nulla. Stavamo lì, semplicemente. A guardarci, a scherzare, a capirci. Annullammo la cena mandando un sms agli amici. Si sentiva fuori il vento soffiare, faceva un sibilo strano. Così che mi sembrò ancora più bello rimanere in quella stanza d’albergo, protetta dal mondo. Non ci scambiammo che poche parole. Lui preparò la vasca, gli asciugamani, abbassò le luci. Poi mi offrì un bicchiere di vino. C’erano fragole, uva e lamponi.

Quando decidemmo di uscire era mezzanotte passata. Avevamo fame, io di una ensaladilla di gamberi con una birra gelata, patate fritte e altre mille milioni di tapas. Raggiungemmo gli amici e poi ci perdemmo di nuovo. Entrammo in un bar e ancora in un altro. Mi offrì nuovamente da bere. Un tipo mi guardò in un modo un po’ troppo sanguigno, io feci finta di nulla, ma la scena non passò inosservata. Finimmo per litigare – ci lasciammo di mano- mentre la musica, la gente e il rumore si fecero velocemente spazio in quel varco improvviso. Facemmo la pace. Ricordo che ridevamo. E lo facevamo così di gusto che qualcuno si fermò anche a guardarci ridendo a sua volta. Rise il tassista che ci riportò in albergo, sorrise il portiere vedendoci così strapazzati e rise ancora più forte quando a quell’ora di notte io gli chiesi due fette di jamon serrano più un cappuccino.

Lui ancora sostiene di non ricordare più nulla. Io invece ricordo tutto per filo e per segno. Ricordo che a letto dicevamo un mucchio di cose strambe – del tipo: stasera io faccio il maschiaccio, ci penso io baby – poi tornavamo a ridere, a sognare e scherzare. Non c’erano orari, ne’ sveglie ad attenderci, non c’era nessun altro al mondo che noi. Eravamo ancora avvinghiati, forse il cielo era già del colore dell’alba. Ad un certo punto siamo crollati. Sono stata io a svegliarmi per prima. Un solletico strano -non proprio un pugno allo stomaco- forse un pizzico, una piccola stretta estateche mi ha buttato improvvisamente fuori dal letto. Mi sono aggirata per la stanza silente, fuori il sole era alto e si sentivano i tuffi di quelli che si lanciavano nell’acqua fresca della piscina. Il telo bianco giaceva sinuoso sul pavimento del bagno mentre la vasca non era ancora stata svuotata. Mi sono guardata allo specchio e ho sorriso. Poi non so perchè sono andata verso la porta d’ingresso. Come se avessi un appuntamento: l’ho aperta ed in mezzo al caos di quella mattinata d’estate ho alzato lo sguardo. Ho visto delle nuvole venire da quella parte dove era il mare, che si avvicinavano a velocità sostenuta. Poi un bagliore forte, forte, fortissimo. Di un bianco incandescente come i riflessi argentei del sole nell’acqua. Non si percepiva neanche un rumore. Solo uno sguardo fisso verso di me, che mi faceva desiderare di guardarlo e di guardarlo ancora, sempre. Il bambino era vestito di bianco, i capelli castani leggermente ondulati. Se ne stava abbracciato alla madre come fosse il rifugio più sicuro del mondo. Gli occhi azzurri, intensi, due zaffiri enormi. Sono rimasta immobile per qualche secondo, senza capire. Poi ho richiuso la porta. Era il 27 agosto del 2012. Esattamente quel giorno d’estate che mi ha cambiato la vita.

Fiorella Corrado

L'Autore

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