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Abraham Lincoln

Fotoracconto americano di Bobo Rondelli, il famous local singer labronica a NY

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Bobo RondelliTentare di definire Bobo Rondelli è come tentare di definire la sua città, Livorno. Nel farlo ti rendi conto di essere di fronte ad una grandezza semi-incompresa per cui serve solo molto molto gusto per saperla apprezzare. Ed una volta che hai compreso questo non te ne distacchi più. Difficile compito però, perché devi procedere per stratificazioni successive sia a livello estetico che interpretativo per potere arrivare ad un tentativo organico di lettura di ciò che hai di fronte. Lui è abbastanza istrionico da potersi cimentare con efficacia in ogni tipo di repertorio musicale gli si ponga di fronte. Lei è talmente forte nel suo carattere da non avere mai accettato negli anni nessuna forma di sudditanza culturale, politica o sociale. Perché Livorno vive in una Toscana tutta sua e Bobo Rondelli vive in un cantautorato tutto suo, dirompente ed eccezionale alla stesso tempo, come quella città da cui, è evidente, che abbia preso tutta la salsedine possibile per affrontare la vita davvero a modo suo. Perché essere un capoluogo di provincia da 160 mila abitanti non significa assolutamente essere ai margini del mondo. Giratela di notte la città di Bobo, scoprirete che qui ci sono anime che portano l’eco di paesi talmente lontani da farti venire le vertigini. Questa è Livorno. E questo è Bobo Rondelli.

Da quelle vie dove i refoli del libeccio girano gli angoli delle strade con la stessa agilità dei gatti, Bobo Rondelli ha messo la sua penna sul tavolo affiancandola a quella di Emanuel Carnevali, bobo rondellitoscano poco noto ai più, ma fine intellettuale e scrittore di inizio ‘900 che scelse di salpare per New York alla ricerca di una nuova vita e della sua letteratura da poeta maledetto. E non gli andò male perché Ezra Pound, William Carlos Williams, Sherwood Anderson, Robert McAlmon lo accolsero come uno dei loro. Ma gli andò anche male perché nel 1922 fu colpito da encefalite e dovette tornare in Italia. Trascorse in un ospedale vicino a Bologna gli ultimi anni della sua vita e lì ancora lo raggiungevano le lettere dei suoi amici americani. Da quelle pieghe della sua tormentata esistenza cercò di raccontare la sua versione del mondo. A lui si rifà anche Bobo con il suo ultimo disco che già nel titolo è un programma. ‘Come i carnevali’, è stato accolto dalla critica musicale molto bene, perché con i suoi riferimenti alla musica e alla letteratura ci rende un Bobo Rondelli estremamente capace di scavare in profondità le varie questioni dell’esistenza e perché con i suoi arrangiamenti è un disco capace di farsi ascoltare anche oltre il giro dei suoi più stretti aficionados.

bobo rondelliE per andare per il mondo a raccontare la propria versione dei fatti ci vuole coraggio. E si può andare fino in America, tanto cosa avranno mai da raccontarci di diverso questi ‘ammmerigani’ sulla vita e sul senso delle cose? Cosa di diverso rispetto ad un livornese con lo sguardo fine e dissacrante, allergico alle frasi fatte ed ai riti dello show business? “Semino parole dalla tasca bucata”, va raccontando Bobo anche passando sotto quelli che sono i simboli del sogno statunitense. Più esattamente “coriandoli che lasciano colori nelle strade grigie” e “sto come i Carnevali ed altri poeti guaritori dell’inutile”. E questa è la sua versione dei fatti, il suo modo di intendere la vita, perché l’arte qualsiasi essa sia è comunque un mistero e con il mistero convive chiunque l’arte, qualsiasi essa sia, la padroneggia. Poi ci sono tutti gli altri, le anime vili, quelle che hanno scelto “tasche sicure per i sogni facili”, tutti coloro per cui un famous local singer come Bobo può costare molto, “anche più caro, dell’inutile”, perché d’altronde ammette “son io il più inutile dell’inutile”. E senza perdere mai di vista un altro punto di riferimento essenziale per Bobo e per Livorno, Piero Ciampi, a cui è dedicato anche un premio musicale che con lo show business sembra non avere proprio niente in comune.

Poi ci sono delle coordinate precise per un evento che resterà sicuramente unico. Quelle che interessano questa storia sono quelle dell’Epistrophy Cafe, 200 bobo rondelliMott Street, Manhattan, New York City. E’ qui che Bobo Rondelli ha portato un po’ della sua arte e della sua Livorno lo scorso 1 novembre per una serata decisamente particolare. In un sorta di pellegrinaggio nei luoghi di Emanuel Carnevali a cui è ispirato il suo ultimo lavoro discografico. Mentre lui, Bobo, a detta di molti critici, “ha scelto di rimanere una figura un po’ laterale nel grande circo della canzone d’autore nazionale. Troppo schietto e a volte poco malleabile, troppo puro di cuore e quindi incapace di opportunismi, troppo innamorato della sua Livorno per cercare occasioni in posti dove accadono più cose e, in fondo, pure troppo compiaciuto di se stesso per rinunciare alla libertà di far quello che vuole (e come lo vuole), il Rondelli ha le stimmate del cult-hero, dell’artista ‘da intenditori’ che va avanti per la sua strada – non sempre con serenità, ma fa parte del gioco – raccogliendo comunque qualcosa di utile per alimentare la sua vena di musicista/poeta ora contemplativo e ora caustico”. E New York non può avere cambiato la sua natura ironica e sarcastica nei confronti dell’esistenza, dell’esistere e dei nostri vari modi di vivere.

bobo rondelliViene da pensare che le radici hanno un peso e che anche nella città più desiderata del mondo si fanno sentire. Bobo lo hanno fotografato seduto ad un tavolo di legno di Coney Island mentre sospirava qualcosa che lì non avrebbe mai potuto avere. Con l’occhio a dir poco malinconico. Perché Bobo Rondelli non ha mai accettato di perdere quella sua forte identità di famous local singer che lo ha talmente caratterizzato da essere diventato in pochi anni l’icona di una città che gli deve molto e allo stesso tempo un cantautore molto raffinato. Perché Bobo sarà istrionico, ma è anche estremamente talentuoso. Sarà volubile, ma è anche fortemente motivato emotivamente. È sicuramente un uomo del suo tempo. Ed è attaccato alle sue radici senza essere provinciale. È e continua ad essere un prodotto assolutamente sincero di quella bocca di mare che è la sua Livorno, quella dove ci si va a scaldare il cuore e la mente con il ponce del Civili. Un mondo a parte e una parte di mondo che è talmente lontana dagli stereotipi della contemporaneità da sembrare un po’ Cuba. Un pezzo di cuore. Ed al cuore non si comanda, nemmeno se ti aprisse improvvisamente le porte la grande America!

Marco Bennici

L'Autore

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