La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

A causa dei pesticidi frutta e verdura sono nemiche della riproduzione

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Frutta e verdura diminuiscono le possibilità dell’uomo di riprodursi? Potrebbero. È quanto dimostra uno studio della Harvard University concentrato sull’analisi dei residui di pesticidi. Chi mangia frutta e verdura con più alti livelli di residui ha una conta degli spermatozoi del 49% inferiore alla media e il 32% in meno degli spermatozoi normalmente formati rispetto a chi ne consuma di meno. La qualità dello sperma non è però intaccata, afferma Jorge Chavarro, assistente professore di nutrizione e epidemiologia all’ Harvard’s TH Chan school of public health. Lo studio, primo nel suo genere, ha preso in analisi 338 campioni di sperma di 155 uomini tra i 18 e i 55 anni, che si sono presentati alla clinica della fertilità tra il 2007 e il 2012 e sono stati interrogati sul loro abituale consumo di frutta e verdura. Il prodotto consumato è stato poi classificato sotto tre categorie (alto, medio o basso contenuto di pesticidi) sulla base di dati annuali rilasciati dal Dipartimento dell’Agricoltura americano. Gli uomini sono stati suddivisi in quattro gruppi, da quelli che consumavano prodotti con più residui (1.5 o più porzioni giornaliere) a quelli che ne consumavano meno (meno di mezza porzione). Il gruppo con il più alto consumo di pesticidi ha una conta spermica media di 86m per eiaculazione, mentre in coloro che ne consumano di meno la conta sale a 171m. frutta-verdura

Per quanto riguarda la media dei nuovi spermatozoi formati, nel primo gruppo (chi assume più pesticidi) ammonta al 5,1%, mentre nell’ultimo (chi ne assume meno) è pari al 7,5%. Bisogna comunque tenere in considerazione il fatto che chi si presenta alla clinica della fertilità ha generalmente problemi per quanto riguarda la qualità dello sperma, rendendo quindi difficoltoso rapportare lo studio all’intera popolazione. Un altro limite è rappresentato dalla registrazione dell’alimentazione: ponendo la domanda una sola volta nell’arco dell’intero studio, non si è tenuto conto del fatto che, nell’arco del tempo, questa potesse modificarsi. Come ci ricorda il dottor Allan Pacey, professore di andrologia alla University of Sheffield, altri fattori possono entrare in gioco, soprattutto considerando che lo studio portato avanti da Harvard è basato sull’osservazione. Scientificamente affidabile o meno, si spera comunque che questa ricerca incoraggi studi futuri che possano aiutare a dare una risposta definita a riguardo. Nel frattempo, cerchiamo di limitare il consumo di pesticidi se il nostro obiettivo è avere una discendenza.

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