Non preoccuparti di cosa sta per fare qualcun altro.
Il miglior modo per predire il futuro è inventarlo.

Alan Kay

Il futuro del giornalismo: dal www al wwf

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Assemblea de L’Unità con lacrime, quella cui abbiamo assistito ieri. La redazione del quotidiano diretto da Luca Landò ha invitato la stampa a riprendere le ultime ore di vita del giornale, e si è riunita per una ultima volta davanti a volti amici – e meno amici – del mondo dell’editoria. C’erano Franco Siddi, grande capo del sindacato istituzionale, Fnsi; c’era Paolo Pirovano, segretario nazionale dell’Ordine dei Giornalisti; e c’era Stefano Fassina – “Fassina, chi?” – ammutolito in un angolo della sala. Invitato di pietra, evocato a più riprese, l’editore di riferimento, il Partito Democratico, sembra non avere, mutatis mutandis, una linea univoca sul da farsi. Luca Landò espone con serenità lo stato dell’arte: “Facciamo potenzialmente gola a molti, qualcuno si faccia avanti e si provi a recuperare un pezzo di storia e di cultura”.

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L’aria era comprensibilmente tesa: le rotative si fermano alla mezzanotte, e così il sito web www.unita.it che viene “messo in sonno”. Gli ottanta membri della famiglia andranno a spasso, a cavallo dell’estate, se non verrà trovata subito una soluzione. I passaggi del liquidatore sono già calendarizzati. È una crisi che dura da tempo: da oltre un anno in contratto di solidarietà, i giornalisti de L’Unità erano senza stipendio dal mese di aprile. E adesso? Qualcuno prende la parola per sottolineare a Siddi, recentemente al centro di vivaci polemiche da parte dei giornalisti precari, che forse il mediacidio in atto, con un milione di addetti al comparto informazione in meno, in tutta Europa, è una emergenza per la quale varrebbe la pena battersi un po’ meglio, un po’ di più. Con una preoccupazione un po’ più vibrante di quella che oggi traspare. Alla fine dell’assemblea a Simone Collini, giornalista rappresentante sindacale del Comitato di Redazione, arriva la proposta di ospitare sul battagliero sito di Media Initiative – www.medianitiative.eu – un diario di lotta dei lavoratori de L’Unità. I quali rischiano di non essere affatto soli.

“Sono addolorata – fa sapere la Presidente della Camera, Laura Boldrini – per quello che sta accadendo nell’editoria. Vediamo spesso che chiudono le testate, dal punto di vista anche dell’emittenza locale, le agenzie di stampa hanno seri problemi: è un panorama che deve preoccupare tutti e anche il Parlamento, il pluralismo non è avere 4-5 gruppi editoriali forti, il pluralismo è più forte quando ci sono più voci. Per ogni testata che chiude è un pezzo di pluralismo che se ne va”. Paolo Butturini, che guida l’ala più vigile del sindacato, Stampa Romana, non si dà pace: “L’Unità, Europa, Il Tempo, Il Quotidiano Nazionale: la cronaca prima delle vacanze ci obbliga ancora una volta a registrare chiusure annunciate e ristrutturazioni incombenti.  A conti fatti si tratta di oltre 150 posti di lavoro. Nel frattempo prosegue la strage silenziosa nell’emittenza locale: da Extra Tv a T9, passando per la solidarietà a Roma Uno, solo per citare situazioni nel Lazio, e altre decine di piccole emittenti radiotelevisive. E l’autunno non promette nulla di buono visto che potrebbe scatenarsi la tempesta sulla Rai”. I giornalisti dovranno rinunciare a molte migliaia di posti di lavoro nel prossimo futuro, comunque vada l’eventuale operazione di salvataggio de L’Unità.

E i lettori dovranno abituarsi ad avere una offerta molto minore di informazione: meno testate, meno inchieste, minor concorrenza con il risultato di avere una qualità di giornalismo sempre più bassa. E il diritto ad una informazione corretta va a farsi benedire. I professionisti dell’informazione, come ha drasticamente presagito qualcuno, si estingueranno? Nell’era dell’informazione veloce e digitale, rischiano di non essere più rappresentati dalla Fnsi, ma dal Wwf, in quanto specie in via di estinzione? Tutti speriamo di no. Ma così dice il rapporto di Career Cast 2014, che ha elaborato il tutto usando dati del Bureau of Labor Statistics. Secondo l’impietosa analisi dei numeri, tra dieci anni i giornalisti scompariranno, poiché il calo degli abbonamenti e la contrazione della pubblicità inficiano il potere di assorbimento di nuovo personale da parte dei giornali, mentre sempre più investitori rifuggono dal settore dei media. E a condividere il destino dei giornalisti saranno i tipografi, i cui ranghi dovrebbero contrarsi del 28 per cento entro il 2022. Manca forse la giusta presa di coscienza collettiva, la necessaria indignazione per contrastare questa tendenza. Gli animalisti iscritti al Wwf che si battono per la salvezza del picchio rosso sono in numero di trenta volte maggiore rispetto a quelli che sostengono la ong Media Initiative, unica sigla italiana che si batte per una informazione libera e contro il mediacidio.

Aldo Torchiaro

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