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Abraham Lincoln

Ghana. In prima linea a colpi di #hashtag

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Da tempo in Ghana non si assisteva ad una riscossa della società civile come quella degli ultimi mesi. Il rincaro delle bollette, la svalutazione del Cedi, l’inflazione in continua crescita e che ha raggiunto il livello record del 15,9%. E ancora: la disoccupazione, la mancanza continua di acqua e di corrente elettrica, l’aumento costante della benzina, hanno “armato” gruppi di intellettuali, professionisti, studenti, disoccupati. Ne è nato il Concerned Ghanaians for Responsible Governance (Ghanesi impegnati per un Governo responsabile). A questo si deve l’organizzazione di una serie di proteste note con gli hashtag #OccupyflagstaffHouse, #RedFriday, #OccupyGhana. Il Movimento ha fatto largo uso, tra l’altro, dei social network per preparare le manifestazioni e aumentare man mano il numero dei sostenitori. La pagina Facebook, in particolare, è costantemente aggiornata sulla programmazione degli eventi. Per capire cosa sta accadendo nel Paese e la forza della protesta FUTURO QUOTIDIANO ha intervistato il segretario esecutivo del Movimento, George Kojo Anti.

Il Ghana si sta mobilitando contro un modo di governare che ha portato il Paese ad una seria crisi economica e uno stato di crescente preoccupazione sociale. In quale momento i ghanesi che oggi stanno scendendo in piazza in migliaia hanno deciso che era il momento di agire?

I ghanesi hanno sempre avuto una precisa coscienza politica, evidente fin dalla lotta per l’indipendenza. Alcune vicende particolari– come per esempio il caso della legge sulla diffamazione a mezzo stampa – hanno in passato incontrato una ferma opposizione, cosa che ha dimostrato appunto la consapevolezza politica di questo popolo. Nel caso di #OccupyFlagstaffHouse, partita il 1 luglio scorso, i ghanesi hanno compreso che non potevano più permettersi di lasciare l’opposizione sola ad affrontare le carenze del Governo. È come se ci fosse stato un risveglio della nostra coscienza politica.

#OccupyflagstaffHouse, #RedFriday, #OccupyGhana, tutte hanno la stessa motivazione: combattere l’ingiustizia sociale provocata – dite – dalle inefficienze di questo Governo. Quali sono nello specifico le vostre rivendicazioni?

Nella petizione che abbiamo presentato al presidente John Dramani Mahama il 1 luglio durante #OccupyFlagstaffHouse, Concerned Ghanaians for Responsible Governance ha posto l’attenzione su alcune questioni in particolare: la mancanza frequente di corrente elettrica che, paradossalmente, va di pari passo con l’aumento delle bollette; il continuo deprezzamento del valore della moneta nazionale; il costante incremento delle tasse che però si scontra con l’inefficienza nella riscossione. E ancora: l’aumento del prezzo della benzina e insieme la difficoltà di reperirla; l’inabilità del Governo di affrontare la questione del lavoro che sta portando a frequenti altri scioperi delle varie categorie; l’incapacità di una decisa leadership che sappia combattere la corruzione e la mancanza di una comunicazione appropriata su tutti questi temi e le attività del Governo. In una parola, lottiamo per un Governo efficiente e responsabile.

Alle proteste organizzate da Concerned Ghanaians for Responsible Governance si sono aggiunte quelle di altri gruppi…

Alle proteste partite il 1 luglio per iniziativa di CGRG se ne sono via via aggiunte molte altre: da quelle organizzate dai sindacati di categoria e dal Trades Union Congress (TUC) a quelle dei residenti di Ashaiman – della Municipalità di Tema – che in particolare lamentano le cattive condizioni delle strade, a quelle della Ghana Union of Traders Association che protesta contro lo stato dell’economia e  l’infiltrazione di stranieri nel commercio al dettaglio, cosa peraltro vietata dalla legge ghanese.

C’è mai stato in passato un movimento come il vostro?

Il nostro Paese non è nuovo alla nascita di movimenti della società civile. CGRG è comunque unico nel senso che è davvero indipendente. Infatti non è né allineato né sostenuto da partiti politici. La sua unicità sta anche nel fatto che è il primo movimento nella storia del Ghana che fin dal principio ha attivamente utilizzato i social media per coinvolgere la gente e per unirle intorno a una stessa causa.

I social network hanno dunque giocato un ruolo essenziale nella protesta…

Direi che sono stati la colonna portante delle nostre azioni. Infatti già la prima mobilitazione, #OccupyFlagstaffHouse, è stata organizzata sui social media. Anche la campagna #RedFriday ha utilizzato il network online. Per noi i social media continuano a rappresentare una risorsa fondamentale per la sopravvivenza e la crescita del Movimento.

Che tipo di persone, categorie, fanno parte del Movimento?

La porta di CGRG è aperta a ogni ghanese che crede e sostiene la causa per cui ci battiamo. Comunque, il cuore del Movimento è costituito da lavoratori della middle class. Ed è questa un’altra novità perché CGRG è il primo nella storia del Paese che può essere definito un “Movimento del ceto medio”.

Avete avuto qualche risposta dal Governo?

Rispetto ai temi contenuti nella petizione consegnata il 1 luglio, il Governo ha fatto ben poco. Certo non ci aspettiamo che magicamente riesca a spazzar via in un solo giorno i mille problemi che esso stesso ha contribuito a creare. È ragionevole aspettarsi almeno la dimostrazione di un deciso impegno a prendere decisioni – vincolate nel tempo – per alleviare le difficoltà della popolazione. Una lunga attesa di oltre 80 giorni non ha portato però neanche a questo. L’attitudine di questo Governo a risolvere i problemi che tormentato la nostra amata nazione è stata ed è tuttora scialba.

Dall’inizio delle proteste siete mai stati ricevuti dal presidente Mahama o da un suo ministro?

No, dopo aver consegnato la petizione CGRG non ha mai incontrato né il presidente né membri del Governo per discuterne i contenuti.

C’è qualcuno tra i fondatori di Concerned Ghanaians for Responsible Governance, lei o altri, pronto a entrare in politica? A candidarsi nelle prossime elezioni? E in quale partito?

I leader di CGRG sono concentrati a fare pressione sul Governo per risolvere le questioni che ho spiegato. CGRG continuerà a svolgere il suo ruolo di watchdog. Se, in futuro, risulterà assolutamente necessario per i suoi membri o leader, entrare a far parte di un partito politico al fine di apportare davvero un cambiamento allora lo faremo. Fino ad allora, comunque, rimaniamo focalizzati nel criticare il Governo laddove sbaglia. In ogni caso non abbiamo nessun partito alle spalle. I fondi per le nostre attività vengono dagli stessi membri e da esponenti della società civile. E nessun partito ha cercato, ufficialmente, di influenzare le azioni del Movimento.

Se arrivasse qualche promessa sospendereste le proteste?

Dico prima di tutto che non è un segreto che i leader di movimenti come il nostro possano essere avvicinati da membri dei partiti e si possa tentare di corromperli anche con denaro. I politici sono anche portati a fare promesse che sanno di non poter mantenere, soprattutto quando queste non sono appunto supportate da piani strategici e con tempi definiti. Per quanto ci riguarda nessuna promessa può fermarci dal perseguire il nostro obiettivo: un Paese migliore. CGRG smetterà di portare i cittadini in piazza quando il Governo comincerà ad essere più responsabile e a rispondere con le azioni ai bisogni dei ghanesi.

Qual è il comportamento della polizia durante le manifestazioni?

Non è un mistero che la Polizia vuole proteggere l’immagine del Governo anche quando questo può voler dire camminare sul filo delle limitazioni del diritto alla libertà di espressione garantito dalla Costituzione. In passato la polizia ghanese aveva la brutta abitudine di chiedere la restrizione di proteste già pianificate. Oggi c’è un leggero cambiamento. Permettono lo svolgimento delle proteste anche se fanno di tutto per limitarle su percorsi stabiliti. Durante le manifestazioni finora sono rimasti nel ruolo stabilito dalla legge. C’è da aggiungere che in Ghana le proteste si svolgono quasi sempre in modo pacifico.

Il Ghana è un esempio di tenuta democratica per tutto il continente e ben noto per questo nel resto del mondo. Pensa che la persistenza dei problemi sociali e le dure condizioni di vita di milioni di persone possano portare a scontri più seri?

Naturalmente le difficili condizioni che stiamo attraversando oggi rappresentano una minaccia alla sicurezza del Paese. Laddove le condizioni di vita sono insostenibili il crimine si diffonde. Il continuo peggioramento delle condizioni di vita è inestricabilmente legato a violenza, crimine, disordini. C’è un detto che afferma: ‘Un giorno al povero non resterà nient’altro da mangiare che il ricco’”.

 

Antonella Sinopoli

 

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