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Gianni Rodari

Gli immigrati e l’Europa dei volenterosi

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Dopo oltre 8 ore di riunioni notturne, all’ alba del 29 giugno i 28 Paesi Ue, al Consiglio europeo di Bruxelles, hanno raggiunto finalmente un accordo sul tema immigrazione. L’impressione che ne abbiamo, tuttavia, è d’ un ‘intesa comunque ambigua. Un accordo che, al di là dell’indubbio passo avanti – in termini di equità internazionale – fatto affermando il principio che chiunque sbarca in un Paese di primo arrivo sbarca in Europa (ci vuole, quindi, una vera politica europea per l’immigrazione, il piu’ possibile sovranazionale), lascia nel vago vari punti importanti: consentendo così a piu’ Paesi di proclamarsi vincitori (non a caso l’ Ungheria di Orban ha parlato addirittura di successo delle tesi “antiaperturiste” del gruppo di  Visegrad). “Per la prima volta”, ha detto, comunque, il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, alla conferenza stampa di fine vertice, “ho avuto la sensazione che i leader abbiano iniziato a guardare al controllo delle frontiere esterne come vera priorità”.
Le conclusioni del Consiglio europeo sul tema migrazioni sono espresse in 12 punti: in sostanza si è deciso di redistribuire in tutti i Paesi dell’ Unione i migranti sbarcati in un Paese mediterraneo  di primo arrivo ( come Grecia, Italia, Spagna, Malta), sempre però sulla base della volontarietà da parte d’ogni singolo Paese (evidente accoglimento delle tesi sui “volenterosi” care alla cancelliera tedesca Merkel: che in casa sta affrontando l’ opposizione della CSU, l’alleato  di governo bavarese, notoriamente per una “linea dura” sulla questione immigrazione). Questo avverrà sulla base (ecco l’altro punto importante dell’accordo) della creazione – come da tempo caldeggiato dall’ UNHCR, l’importante agenzia ONU per i rifugiati – d’una rete di nuovi centri di prima accoglienza  ( gli “hotspot” di cui l’ Unione parla sin dal 2015). In pratica, la UE realizzerà, in tutto il Mediterraneo, una serie di “Ellis Island” ( nel pieno rispetto, però, come raccomandato dal presidente del Parlamento europeo, Tajani, dei diritti umani e delle regole igieniche basilari): dove si procederà a una rapida scrematura dei migranti, dividendoli tra “economici” e richiedenti asilo.
Ma dove, esattamente, potranno sorgere questi centri? A Bruxelles, il presidente francese Macron ha già escluso che comunque possano essere in Francia; e così hanno ribadito anche Paesi terzi, come Tunisia, Albania e Libia ( per la quale, però, sarebbe davvero difficile tirarsi indietro, essendo già ora  in prima fila come Paese sia di emigrazione che di arrivo, dal Centro dell’ Africa). Secondo Macron – smentito, però, alla fine del vertice, dal premier italiano Conte – i centri potranno sorgere solo nei Paesi di primo arrivo: è importante però, che a Bruxelles si sia implicitamente affermata la necessità di riformare il Regolamento di Dublino ( cosa che la UE ha in programma a ottobre prossimo), separando il dato empirico dell’ arrivo d’ un immigrato in un Paese da un presunto obbligo di quest’ ultimo di assisterlo in tutto a tempo indeterminato, e, soprattutto, avere l’esclusiva responsabilità di decidere se dargli o meno asilo.
 “E’ stato un lungo negoziato, ma l’Italia da oggi non è più sola”, ha detto Conte alla fine del vertice; aggiungendo che da esso “esce un’Europa più responsabile e solidale”, e  precisando che non si può dire che l’accordo di Bruxelles sia basato interamente  sulla volontarietà da parte dei Paesi UE, anche se quest’ultima  ne costituisce un aspetto importante.
“L’ Italia, infine, non riprenderà nessun migrante che dovesse essere stato registrato da noi e poi andato in Germania”, ha spiegato Conte, confermando “di non aver sottoscritto nessun accordo con la Germania in merito ai “movimenti secondari” cari alla cancelliera Merkel .La quale, però, ha precisato, in risposta, che la Germania continuerà a prendere rifugiati sbarcati in Italia “solo se ci sarà un accordo con Roma sui movimenti secondari”: accordo che sarebbe già stato raggiunto con Grecia e Spagna.
L’incertezza riguarda, però, anche il futuro degli immigrati. Se è chiaro che gli arrivati irregolarmente sul territorio europeo saranno rimandati indietro ( solo volontariamente, qualora non esista un accordo di riammissione col Paese d’ origine), cosa accadrà, invece, con gli aventi effettivamente diritto all’asilo?  
Nelle conclusioni del vertice non si precisa se possano essere collocati solo nel Paese di prima accoglienza o anche in altri: è da presumere che valga anche qui il criterio della volontarietà . Non si capisce, infine, se il trasferimento degli immigrati nei “Centri controllati” debba avvenire dal porto di sbarco o se, invece, lo sbarco debba coincidere col luogo in cui si trova il centro disposto ad accogliere i migranti. 
Insomma, un vertice segnante il trionfo dell’ ambiguità, dell’ “ hanno vinto tutti”? Non esattamente, perchè aver affermato che l’accoglienza dei migranti e la decisione sul loro status giuridico non possono piu’ essere caricate sulle spalle d’un singolo Paese (con tutti gli altri autorizzati, in sostanza, a lavarsene le mani), ma rientrano nella responsabilità di tutta lì’ Unione, e quindi di tutti i suoi membri, che possono tutti esser chiamati a farsene carico, rappresenta già un passo avanti essenziale. Però – per riprendere ancora le parole di Donald Tusk-  “è troppo presto per parlare di successo” a proposito di quest’ accordo sui migranti: perchè quest’ “intesa sulle conclusioni è il compito piu’ facile, in confronto ” alla sua applicazione sul terreno”.

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