La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

Goldman Sachs si converte a Islam

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Si chiamano sukuk  i bond islamici. E se come le nostre obbligazioni hanno l’obiettivo di reperire liquidità sul mercato, diversamente dai titoli occidentali sono una sorta di certificato di investimento, che rappresenta azioni indivisibili nel possesso di asset e servizi tangibili, o nel possesso di risorse di un progetto specifico o di una particolare attività. Ma assolutamente non finanziano debiti. La Sharia, ossia la legge coranica, vieta il prestito a interesse e impone che i profitti dei bond corrispondano ai guadagni reali derivanti da ciò che essi finanziano e di cui l’investitore deve essere messo al corrente con chiarezza e trasparenza. Chi compra sukuk, insomma,  deve sapere da che cosa ricaverà denaro. Un sistema finanziario, quello islamico, apparentemente più etico che ha cominciato ad attrarre l’Occidente. La Goldman Sachs, una della più grandi banche d’affari del mondo, si sta preparando al grande salto. I vertici dell’istituto americano si recheranno la prossima settimana in Qatar e negli Emirati per incontrare gli investitori locali e discutere la possibilità di emettere sukuk a cinque anni nell’obiettivo di raccogliere 500 milioni di dollari.

Oggi l’annuncio che è rimbalzato con gran rilievo su tutti i media arabi. Se la Goldman Sachs mostrerà di avere tutte le carte in regola, diventerà dopo la Hsbc, la seconda banca occidentale a vendere bond islamici. A dire il vero il primo tentativo lo fece tre anni fa ma non andò in porto. Motivo: mancavano alcune condizioni necessarie per non violare la sharia.

Intanto altri grandi colossi si preparano a fare lo stesso passo. Negli ultimi mesi hanno annunciato di essere quasi pronte a emettere sukuk sul mercato malese la Societé Generale francese e la Bank of Tokyo- Mitsubishi UFJ, il più grande finanziatore del Giappone.

Il settore della finanza islamica sta conoscendo una crescita senza precedenti, anche per la forte espansione delle economie del Golfo e del sudest asiatico. Quest’anno sono stati venduti sul mercato mondiale attraverso 456 chiamate d’offerta d’asta bond per 86,9 miliardi di dollari contro i 74, 9 miliardi dello scorso anno. Una cifra limitata rispetto al volume della finanza tradizionale, ma abbastanza attraente. Lo conferma il grande interesse che i sukuk stanno riscuotedo in occidente, dove anche alcuni governi hanno cominciato a considerarli un’opzione possibile. A partire dalla Gran Bretagna, che li ha utilizzati lo scorso giugno emettendo 200 milioni di sterline di bond islamici per la costruzione di opere pubbliche a partecipazione privata. Una curiosità storica: la parola sukuk compare per la prima volta nel 700 d.C e a utilizzarla, nella sua forma singolare, ma con il significato attuale di certificato di investimento, fu l’ imam Malik, tra i più grandi giuristi arabi, che nell’ opera al Muwatta descrisse come gli omayyadi si servivano questo strumento finanziario.

Velia Iacovino

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