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quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

Gran rientro del Marocco nell’Uùnione Africana

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Il re del Marocco, Mohammed VI, ha deciso di dare vita ad una svolta storica dal punto di vista diplomatico, chiedendo che il suo paese rientri all’interno dell’Unione africana (Ua), organismo regionale lasciato nel 1984. In un messaggio indirizzato al 27mo summit dei capi di stato africani che si è concluso ieri a Kigali, in Ruanda, il sovrano marocchino ha affermato che “è giunto il momento per il Marocco di trovare il suo posto naturale all’interno dell’Unione africana”. Si tratta dunque di una vera e propria richiesta formale di reintegrazione: “Da tempo i nostri amici ci chiedono di tornare, per il Marocco è giunto il momento di trovare la sua naturale collocazione all’interno della famiglia istituzionale. Quel tempo è arrivato”.

Secondo quanto spiega oggi la stampa di Rabat “il Marocco ha ribadito sin dalla sua indipendenza la propria identità africana. Il regno marocchino gioca da più di 50 anni un ruolo di leadership nel continente. La cooperazione tra il Marocco ei suoi partner africani si basano su diversi punti salienti:  In primo luogo, quello della cooperazione militare e della cooperazione politica, prima di entrare nell’era della cooperazione economica. Rabat è da alcuni anni il secondo investitore africano nel continente. Questa posizione detenuta dal Marocco nella comunità africana, ci ha chiamati oggi a rimettere in discussione la scelta di restare fuori dall’Ua, spingendoci a parlare di un ritorno del regno all’interno di questo organismo pan-africano. E ‘chiaro che l’assenza del Marocco dalle strutture dell’Unione africana rappresenta sempre più un disagio per il nostro paese. Questo handicap si fa sentire sempre di più a livello multilaterale. L’Ua è ora considerato interlocutore privilegiato e indispensabile della comunità internazionale. L’Organizzazione per l’Unità Africana (Oua) nel 1982 ha riconosciuto l’autoproclamata ‘repubblica Democratica Araba Saharawi’ (RASD)’, e ha accolto come Stato membro, sotto le pressioni dell’Algeria, spingendo il Marocco ad uscirne pur essendone un membro fondatore. Ora però abbiamo valutato che la strategia africana del regno non può essere il risultato di una somma di cooperazioni bilaterali, quando il multilateralismo viene prima. Se la scelta del ritiro del Marocco dell’Oua è stata poi giustificata da considerazioni politiche legittime, la politica della sedia vuota non ha servito la causa del Marocco nell’agorà africano. È infatti facile combattere la presenza del ‘Rasd’ nel cuore della struttura e all’esterno dei corpi africani. Infatti l’adesione all’Ua non significa assolutamente alcun riconoscimento o la perdita di sovranità sul nostro territorio. Nonostante il suo ritiro, il Marocco non si è mai separata dall’Africa, che è ora al centro della sua politica estera ed economica”.

 

Inoltre le pressioni provenienti dai paesi africani per un ritorno del Marocco nell’Unione africana sono legati al fatto che “l’Istituzionale Africa non può più sopportare gli oneri di un errore storico che sostiene uno stato fittizio che non è né un membro delle Nazioni Unite, né l’Organizzazione della cooperazione islamica (OIC), né la Lega araba. Sempre alla ricerca del sostegno dei capi di Stato africani, il Marocco ha espresso la propria fiducia nella saggezza africana per ripristinare la legalità e correggere gli errori. Con la neutralità ritrovata, l’Ua potrebbe contribuire in modo costruttivo allo sviluppo di una soluzione che può aiutare il processo in corso della questione del Sahara, sotto la supervisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. Secondo diverse analisi apparse in questi giorni sulla stampa nord africana la decisione di ripristinare l’Ua viene definita “storica e maturità” in quanto rispondenti ai recenti cambiamenti registrati nelle diplomazie africane. Si parla anche di “un atto responsabile destinato a risparmiare il continente africano da nuove divisioni”. Ora si attende solo che il ritorno del Marocco all’interno dell’organizzazione panafricana venga approvato con un voto all’interno della Commissione dell’Unione africana.

Mohammed VI ha definito questa decisione “riflessiva e ben ponderata, proveniente da tutte le forze del regno”, questo perché “il tempo dell’ideologie è finito” e “le persone in Africa hanno bisogno di azioni concrete e tangibili. Non possiamo cambiare la geografia. Non si può sfuggire al peso della storia”. Mohammed VI ha concluso aggiungendo che “il Marocco che ha lasciato l’Ua non ha mai lasciato l’Africa. Ha lasciato solo un’istituzione, nel 1984, in circostanze particolari. È giunto il momento di respingere le manipolazioni, i finanziamenti per il separatismo, i conflitti di un’altra epoca, per favorire una scelta, quella dello sviluppo umano e sostenibile, la lotta contro la povertà e la malnutrizione, promuovere la salute della nostra gente, l’educazione dei nostri figli, e alzando il livello di vita di tutti”.

Da giorni però c’erano le avvisaglie che qualcosa di grosso sarebbe avvenuto in Ruanda per la politica estera africana. Una delegazione marocchina di alto livello era partita venerdì sera dal Marocco per il Ruanda per prendere parte al 27mo vertice dell’Unione africana (Ua). Le personalità marocchine presenti in Ruanda hanno condotto nei giorni scorsi una serie di missioni nei paesi africani allo stesso scopo. L’ultimo di questi viaggi di uno dei più importanti consiglieri di Mohammed VI, Taieb Fassi Fihri, è stato condotto giovedì scorso in Kenya, dove ha consegnato un messaggio del re al presidente keniota Uhuru Kenyatta, mentre Bourita è stato ricevuto lo stesso giorno dal presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari. Secondo il sito marocchino il tour delle tre alte personalità marocchine nei paesi africani potrebbe essere legato a “un annuncio che verrà effettuato nei prossimi giorni”, riferendosi a un possibile ritorno del Marocco all’interno dell’Unione africana. Da anni infatti molti paesi africani di amici del Marocco stanno sollecitando il regno a reintegrare nell’Unione Africana.

 

Non è un caso questa decisione storica è stata presa dopo la morte del leader e fondatore del Fronte Polisario, Mohammed Abdel Aziz. Lo scorso 9 di luglio i delegati del Fronte Polisario hanno eletto Brahim Ghali, storico esponente del gruppo, come nuovo segretario generale del partito e presidente dell’autoproclamata Repubblica araba democratica saharawi. La prima uscita pubblica del leader separatista è stata ad Algeri, mentre la seconda è stata la partecipazione al summit dell’Unione africana in Ruanda. La sua elezione è scaturita al termine di un duro confronto all’interno del Fronte Polisario. Secondo i media algerini, si erano affrontate due diverse correnti all’interno del movimento che ha la sua sede a Tindouf, nel sud dell’Algeria: quello aperto al dialogo col Marocco e quello invece che vuole il conflitto. A volere il dialogo diretto con Rabat è secondo l’Huffington Post del Maghreb il segretario generale, Addouh Khatri, che ha sostenuto questa richiesta in una lettera inviata al Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e ripesa dalla stampa di Algeri.

Addouh chiedeva un “piano per un processo di colloqui diretti, intensi tra il Fronte Polisario e il Marocco. Il 31 maggio è morto il leader e fondatore del gruppo. Mohamed Abdelaziz, lasciando a Khatri, che è stato in precedenza presidente del Consiglio Nazionale, la presidenza ad interim del fronte. Le elezioni per il nuovo capo della fronte doveva avvenire entro dieci giorni, ma le divisioni interne e i dissensi sui possibili candidati per la leadership, secondo diverse fonti, hanno causato il rinvio delle elezioni, come riporta il settimanale “Usbue al Sahafi”. Secondo questa tesi l’Algeria, sponsor storico del gruppo sin dalla sua nascita, ha spinto per la corsa alla leadership di Brahim Ghali. Questo ex responsabile del gruppo in Spagna fino al 2007 non gode però della stima di tutti i dirigenti in quanto è stato accusato da diverse associazioni per i diritti umani saharaoui, come la Assadeh e la Acavite, di aver compiuto crimini ed essere responsabile di desaparecidos durante la guerra col Marocco dal 1977 al 1987.

 

 

 

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