Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

In Italia manca una strategia per agenda digitale

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Piuttosto che lamentarsi con l’Europa per la mancanza di politiche keynesiane che risultano oggettivamente proibitive, bisognerebbe, forse, cominciare ad utilizzare meglio le risorse che abbiamo. E costruirci attorno una visione che sappia andare oltre il tira e molla senza fine sul tre per cento. Usando i finanziamenti che, ad esempio, la Commissione Europea destina all’innovazione e alle tecnologie digitali quale leva per generare sviluppo. Ed, invece, nel ritardo generalizzato dell’Italia nell’identificazione di specifiche priorità sulle quali concentrare gli investimenti, spicca l’assenza della strategia per la crescita digitale del Paese che è un prerequisito per ottenere due miliardi di Euro dalla Commissione Europea (che in teoria si sarebbero dovuti raddoppiare con i finanziamenti nazionali e regionali). Non si tratta solo di un ritardo (ormai di alcuni mesi) della Agenzia digitale italiana nel rispondere ad un adempimento che era stato promesso dal Governo italiano per il giugno scorso. Perché se il documento che dovesse essere presentato nelle prossime settimane, assomiglia a quello che circolava prima dell’insediamento delle dimissioni del precedente Direttore dell’Agenzia, ci ritroveremmo – per l’ennesima volta – di fronte ad un’occasione persa.

agenda-digitaleUnknownCrescita digitale non significa più, non può più significare una lista di progetti che partono da specifiche tecnologie senza una valutazione dell’impatto su quelle che sono le priorità del governo e del Paese. Sarebbe necessario rovesciare paradigma – come si dice con un termine molto sofisticato – ed essere molto più concreti. Quali sono i problemi della sanità italiana in termini di sprechi, prestazioni diverse tra diverse aree del Paese e accessibilità ai servizi? Quale riorganizzazione possiamo immaginare del Servizio Sanitario Nazionale con le tecnologie che prima non c’erano? È possibile andare da un modello nel quale ogni cittadino ha a disposizione – per legge – tutti i servizi fisicamente vicini, ad uno nel quale (una parte) dei servizi vengono erogati a distanza dai migliori ospedali? Cosa serve esattamente in termini di monitoraggio dei servizi per l’impiego e cosa può fare l’informatica per migliorare la qualità delle politiche attive del lavoro? Cosa possono davvero fare i social network non tanto per promuovere i prodotti italiani, ma per acquisire le informazioni sui diversi segmenti di clientela che oggi non abbiamo? Perché non incoraggiare le città italiane, ciascuna ad adottare un modello sperimentale di gestione dei rifiuti, della mobilità, delle case intelligenti in maniera da capire cosa funziona e replicarlo altrove? Visto che abbiamo, già, finanziato diverse iniziative di informatizzazione sulla giustizia e sui tribunali, quali sono stati i risultati in maniera da capire quali delle società di consulenza coinvolte sta fornendo prestazioni migliori?

L’approccio alla strategia digitale riflette, probabilmente, un problema di organizzazione della stessa Agenzia Digitale. Essa andrebbe, forse, rivista andando da una struttura per ambiti tecnologici (orizzontali) ad una per grandi aree di servizio (verticali). Un ribaltamento piuttosto radicale che però riporterebbe il discorso sulle tecnologie ai bisogni, alle opportunità che emergono da ciascun settore. Sanità, scuola, sicurezza, mobilità, turismo: la pubblica amministrazione galleggia letteralmente sul petrolio di una mole informativa che nessun operatore privato ha, neanche lontanamente, a disposizione. Organizzare l’informazione, ricavarne conoscenza per disegnare politiche più efficienti, metterle a disposizione di imprese e cittadini: la posta in gioco non è tanto quella di rispondere ad un adempimento che ci viene chiesto dalla Commissione Europea; ma moltiplicare – con visione e pragmatismo – il valore che le tecnologie possono dispiegare. Valore non solo economico, ma politico per un governo che sa benissimo che vale molto di più parlare di code negli ospedali che si riducono che di “fascicoli sanitario elettronici” (che sono un requisito tecnico che un elettore non capirà mai); molto di più di riduzione delle carte da conservare che di “nuvole” che per quasi tutti gli anziani continuano ad essere i fenomeni naturali che producono temporali. Per chi è appena tornato dalla Silicon Valley non può che essere prioritario lanciare i team per poter stabilire cosa l’Italia può diventare con le tecnologie e tradurre ciò in progetti che possano entusiasmare gli italiani (e non solo) che hanno cambiato il mondo.

Francesco Grillo

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