La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

La mutazione europeista di Tsipras che non sa fare Varoufakis

0

tsiprasQuella greca è diventata una amara telenovela. Tutta europea peraltro. Carica di colpi di scena all’inverosimile. Insomma una di quelle cose che in questa estate di calure irrisolte ti lascia con il fiato sospeso e la curiosità morbosa del chissà cosa accade adesso. Uscito di scena il personaggio più pop della saga, trattasi dell’ex Ministro Yanis Varoufakis, il premier Alexis Tsipras rimane sul palco senza alcun comprimario a reggergli la giacca. E lui sorride a quelle sfingi della Troika che nelle premesse sarebbero state il nemico numero uno contro cui combattere. Perché originariamente la Syriza versione Tsipras incarnava l’alternativa non necessariamente ‘sfascista’ di un concetto di Europa che fino ad oggi ha veramente penato a maturare. Tsipras lasciava intendere di volere rimanere nell’Euro, ma a modo suo, provando ad allargare i lacci di una borsa che fino a quel momento aveva riservato al suo paese solo lacrime e sangue. Partendo da un assunto fondamentale, la ricetta dell’austerity in Grecia ha fallito e allora occorre keynesianamente più spesa pubblica per fare ripartire le sorti di una economia in evidente contrazione.

Lo sguardo tagliante di Yanis Vaurofakis ha accompagnato severo tutti questi passaggi fin dai primi mesi di governo. Il messaggio non verbale che voleva fare passare il neo-ministro dell’economia era quello di essere una mina pronta ad esplodere al momento opportuno non tanto per volere dei creditori internazionali, quanto per una scelta deliberata dell’acropoli. Perché la ‘teoria del giochi’ può tutto. E per trattare ci vuole stomaco, tanto prima o poi uno dei due cede. Accompagnato dalla sapienza eloquente di Yanis anche Alexis si è fatto più scaltro e smaliziato, ma la scena rischiava comunque di restare tutta per quell’economista marxista-leninista dichiarato che ad ogni pronunciamento prometteva rivoluzione e sovvertimento dello status quo. Un animo troppo spigoloso quello di Varoufakis, tanto da essere parzialmente neutralizzato nell’aprile scorso quando il primo ministro decise un rimpasto-blitz della sua squadra di negoziatori con i creditori internazionali. Via Nikos Theocharakis, uomo di fiducia dell’esuberante ministro delle Finanze Varoufakis, e avanti con George Chouliarakis, uomo vicino al vice premier Yannis Dragasakis, un economista che aveva presentato ai banchieri di Londra il programma elettorale di Syriza prima del voto del 25 gennaio.

I giudizi arrivati fino a quel momento nei confronti di questo ‘Rambo’ della Troika non erano certo eloquenti. Considerato come un “inconcludente viveur motociclista scravattato di sinistra”, per come è stato dipinto anche da alcune testate della nostra stampa nazionale, Varoufakis sembra essere personaggio più dedito alla scena che alle pene del governo. Duro quanto basta da risultare inflessibile nelle posizioni di negoziatore d’acciaio. Il giusto contrappeso, si è pensato all’inizio, per contrastare le mascelle inferocite di Merkel, Schäuble, Lagarde e Draghi. Un’aura da lottatore greco che la stampa almeno nelle prime settimane del suo incarico gli ha riconosciuto all’unisono. Ma i personaggi fanno presto a passare dalla scena se sullo sfondo scorre la tragedia. E già verso aprile scorso si è cominciata ad annidare nel seno del governo greco una strana dicotomia che stava portando il premier Tsipras verso posizioni più europeiste e il Ministro Varoufakis verso posizioni nettamente contrarie alla ‘colonizzazione’ europea. Oppure, verrebbe da dire, perché dipende tutto dal lato da cui si guarda l’intera vicenda, Tsipras verso posizioni più realiste e pragmatiche e Varoufakis verso posizioni sempre più pure e teorico-ideologiche. Ma la teoria dei giochi non è la teoria del tutto e soprattutto rischia di peccare di quel sano pragmatismo che è il convitato necessario ad un tavolo di negoziato con chi ha di fronte solo tabelle numeriche e conti da mettere in pari.

Miracolosamente il ‘divo’ Yanis torna in auge in questo ultimo scorcio della vicenda greca. E ancora non si è capito esattamente quale sia stato il copione del suo reingresso sulla scena. L’atto è varoufakisquello della trattativa per sbloccare dai creditori una nuova tranche di aiuti necessari per procedere al pagamento delle prossime scadenze di Atene. Trattativa nel corso della quale si consuma un ‘coup de théâtre’ non da poco. È un venerdì notte strano di fine giugno quello in cui il premier Tsipras convoca dalla TV di stato il popolo greco per un referendum con cui viene chiesto di avvallare o meno il piano di salvataggio che i creditori vorrebbero imporre al governo greco. La chiama è per domenica 5 luglio, tempo otto giorni ed i greci dovranno decidere cosa fare del loro destino. I creditori restano tutti con un palmo di naso, perché la trattativa che era in corso sembrava preludere ad un accordo quasi sicuro. Ma Alexis rovescia il tavolo e si intesta una mossa che da molti nell’opinione pubblica viene giudicata come geniale, coraggiosa, liberatoria. Il governo tutto si schiera per il NO. Nei primi giorni della settimana che segue qualcuno spera ancora in una ripresa delle trattative, Hollande in particolare. Ma Angela Merkel fa capire chiaramente che se il popolo greco vuole il referendum, referendum sarà. La piazza si divide esattamente a metà tra un Oxi ed un Nai. E Atene consegna alla storia un No che sembra fare paura un po’ dovunque, fino dalle parti della Casa Bianca.

Il lunedì mattina che segue al referendum si tinge di giallo. Il Ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis dichiara tramite il suo blog che si dimetterà dalla sua carica per aiutare Tsipras nella trattativa con la Troika ed i creditori. La sua figura sarebbe poco gradita in certi ambienti e per non essere di impaccio preferisce togliere il disturbo. Tsipras non pronuncia una parola in proposito. Il rimpasto è immediato ed il forziere di Atene passa nelle mani di Euclides Tsakalotos, sicuramente più silenzioso e riservato del predecessore. Intanto Tsipras prepara un piano di risanamento per i creditori e l’Eurogruppo che al 95% è identico a quello su cui era stato chiamato il referendum. Su tale piano si pronuncia prima il Parlamento nazionale e poi i Ministri delle Finanze dei paesi europei. I punti cruciali del pacchetto di misure approvato riguardano l’addio alle agevolazioni fiscali per le isole, la riforma previdenziale con lo stop nel 2022 alle pensioni anticipate, la privatizzazione di alcune infrastrutture strategiche del paese, l’introduzione di forme di tassazione per gli armatori e l’incremento dell’iva su pasta, pane e latte. Su questo pacchetto di riforme gradito all’Europa è stato chiamato poi a pronunciarsi nuovamente il Parlamento dell’Ellade e Syriza chiaramente si è spaccato. Anche Varoufakis vota no ed il governo Tsipras comincia a perdere pezzi, profilandosi in autunno nuove elezioni anticipate.

Varoufakis dal suo blog lancia alcuni dardi infuocati contro il premier greco e contro quella ‘roba’ che si vuole fare andare giù al popolo greco. Addirittura dichiara che quello che è in corso è un golpe stile 1967. Spiega a tutti che avrebbe avuto in piano diverso da sottoporre a Merkel & C. Nello specifico, lui, avrebbe puntato ad ottenere il massimo dalla trattativa in corso, mettendo sul tavolo la pistola fumante di un default controllato con permanenza della Grecia nell’Euro. Poi la teoria dei giochi avrebbe fatto il resto, perché quella proposta sarebbe stata un bluff al tavolo del poker della Troika e quest’ultima alla fine magari si sarebbe resa disponibile a fare ad Atene maggiori concessioni. Ma questa sfida ‘atomica’ ai creditori Tsipras non l’ha voluta giocare e sarebbe stato questo il motivo delle dimissioni del suo Ministro delle Finanze. Addirittura Varoufakis avrebbe definito questa piroetta di Tsipras una “mutazione genetica” del governo, tanto che questo terzo piano di salvataggio in cinque anni sarebbe stato votato in Parlamento da tutti quei partiti contro cui Syriza stessa è nata con l’auspicio di riuscire a fondare un’altra Europa. Allora questa partito della sinistra massimalista si avvia, come tante altre formazioni di questo tipo, ad una scissione. Le ragioni della purezza e dell’ideologia da una parte, magari con Varoufakis, quelle del pragmatismo e dell’opportunità, dall’altra con Tsipras.

In mezzo ci sta il nuovo Ministro delle Finanze Tsakalotos. Nelle foto di questi ultimi giorni appare compassato ed emaciato quanto basta da fare intendere tutta la tragedia che il suo paese sta vivendo. Il suo premier, quello della rivoluzione ideale, si è fatto europeista, ma d’altronde le banche sono chiuse da due settimane in Grecia. Lo dovevamo mettere nel conto, sembra lasciare intendere Varoufakis. Ma occorre ogni tanto un po’ di sano pragmatismo, gli fa eco Tsipras, perché se per andare allo scontro si deve rimanere isolati io non ci sto, sembra dire. Tsakalotos, forse più massimalista dello stesso Varoufakis, il quale a giorni alterni sembra anche un keynesiano convinto, intanto fa notare che lunedì a Bruxelles è stato “il giorno più brutto” della sua vita. “Non ho mai detto che questo è un buon accordo”, ha detto Tsakolotos. “Va contro ogni cosa in cui credo. Ma era l’unico possibile. È una decisione che peserà su di me per il resto della mia vita, ma non avevamo scelta”. Il suo ultimo libro si intitola ‘Il crogiuolo della resistenza. Grecia, Eurozona e l’economia mondiale’ e lui è stato definito “un marxista in servizio permanente”. Questo tentativo di andare oltre la semplice idealità deve essergli costato, se non altro suo è il merito di essersi almeno sporcato un po’ le mani.

Tsipras-varoufakisLa vicenda comunque la si guardi presenta parecchi punti oscuri. Specie questo referendum del 5 luglio, voluto malignamente per fare fuori Varoufakis? Necessario per autorizzare quella mutazione genetica che ha reso Alexis Tsipras un agnellino tra le braccia della Troika? Nessuno probabilmente ha chiari questi punti, soprattutto nessuno ha chiaro cosa succederà in Grecia e dopo in Europa. Perché se il debito non viene tagliato come sostiene il FMI fra qualche mese sarà la volta di un nuovo piano di aiuti o di un Grexit definitivo. Ma tagliarlo politicamente costa, specialmente dalle parti di Berlino. E la matassa si complica. Tra settembre ed ottobre la Grecia tornerà al voto, Tsipras vorrebbe condurre la barca fino a lì per ripresentarsi alle urne senza lasciare troppe impronte digitali su un memorandum di intesa che ai greci farà sentire i morsi abbastanza preso. Varoufakis presumibilmente sarà pronto ad usare tutta la popolarità acquisita in questi pochi mesi per andarle a cercare con il lanternino di Diogene quelle impronte. Il problema è che la tecnica ha sostituito l’ideologia ed oggi da noi essere ideologici significa essere europeisti o non-europeisti e comunque un’unione monetaria non basta. E che nel frattempo l’Europa per giungere a maturazione non può veramente aspettare le prossime elezioni tedesche e francesi del 2017. Perché anche la Francia e la Germania non ci bastano!

Marco Bennici

L'Autore

Lascia un commento