Sogni, promesse volano... Ma poi cosa accadrà?

Gianni Rodari

La vita addosso

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vitaAdoro settembre. Ritrovare gli amici, la propria casa, le vecchie abitudini. Un tempo lo amavo meno, e’ una questione di età. A quindici anni, ad esempio, andava di moda – al rientro dal mare – fare a gara a chi aveva la pelle più scura. Io mi avvilivo, puntualmente. Cercavo di essere qualcos’altro rispetto a quella che ero. Volevo il viso da grande, il colorito più forte. Invece ero bionda, la pelle dorata. Me ne sarei rimasta al mare per sempre. Oggi pure, in realtà l’istinto non e’ cambiato granché. E’ la consapevolezza che cambia. Come se l’eccezionalità che porta con se il mese di agosto avesse poi bisogno, ad un certo punto, di decantare. Trovare un confine, un rifugio sicuro – la quiete di sempre – sia pure domestica. Il proprio letto, i programmi in tv, progetti in stand by. Succede ancora di più se sei mamma. Rimandi a settembre tutti i buoni propositi – dovremmo essere più severi, questa casa non è un albergo, a letto alle nove – in una sorta di calendario virtuale che deve correre più in fretta del tempo.

Anche mio figlio e’ sembrato parecchio felice. Ha riabbracciato Simba, il suo peluche preferito. Ha ritrovato le moto, le bici, uno ad uno i giochini. Se ne sta buono buono nella sua cameretta come fosse il posto più bello del mondo. Aspetta che io torni a casa dopo il lavoro, mi abbraccia. La vita addosso. A lungo ce ne stiamo a raccontarci quello che abbiamo fatto a distanza. Poi lui si rituffa nelle sue piste, coi i trenini e i tunnel. Io organizzo la cena, riassaggio i cibi che ho abbandonato ad agosto, ricontrollo il bambino, nel frattempo rimetto a posto i cassetti. Ritrovo me stessa, anche nelle piccole cose. Come era la vita prima di adesso? Tutto giace un po’ incustodito, tra un giocattolo e l’altro. Vecchi souvenir, cartoline preziose, una conchiglia a ricordo di qualche estate passata. La memoria di vecchi telefoni. Guardare al passato e’ un po’ come osservarsi a distanza, da una finestra di fronte. Che buffa che ero con i capelli mesciati; ma tu guarda che silhouette che avevo; e quella chi è? E così via.

Un tempo il passato era intonso. Una reliquia da venerare o trattare con cura. Guardo i resti di quello che è stato. I cellulari non hanno più i tasti, sembrano pupi sdentati. Dalla collezione dei vitamagneti mancano i pezzi più belli. Sulle foto – quelle senza cornice – giacciono piccoli orologi, segno che il morsicatore seriale ha colpito, ed adesso sorride senza rendersi conto di aver fatto del male. “Mamma che c’è qui dendo?”. Guardiamo insieme una scatola di vecchi occhiali da sole, non più di moda. “Mamma, giocare!”, e mentre lo dice ne ha già quasi fatto un paio a metà. Così corrono veloci i giorni, a settembre. Mentre immolo la vecchia me per fare spazio alla nuova e a tutto il futuro che si porta con se’. “Mamma quando torniamo dal gabbiano Jonathan?”. Volava ad alta velocità – a gran volta-  poi orizzontale, fino alla gran virata imperiale. Di sotto il mare, la scogliera frastagliata tra le onde, le voci dei bimbi che gli corrono dietro. “L’estate prossima, amore”. L’estate prossima. Promesso.

Fiorella Corrado

L'Autore

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