Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

La vita del Papa che viene dalla fine del mondo e parla a tutti diventa un film

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papa 2Di Papa Francesco, dalla sua elezione al soglio pontificio ad oggi, sappiamo quasi tutto. Jorge Mario Bergoglio si è caratterizzato fin da subito per essere un uomo dalla comunicatività molto spiccata, a tratti eccezionale. Tanto diretto nelle parole, quanto nei gesti e negli sguardi. Di sé ebbe a dire, appena indossato l’abito corale, “voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui”. Frase diventata immediatamente celebre anche oltre tutto il colonnato del Bernini. E colpì davvero proprio tutti quel “fratelli e sorelle, buonasera!” pronunciato appena affacciatosi dalla finestra più bella di San Pietro. Restava, invece, ancora tutta da conoscere la sua storia di Vescovo vissuta in quell’Argentina che lui stesso ha indicato come la ‘fine del mondo’. Uno dei posti più lontani che abbiano mai dato i ‘natali’ ad un Pontefice della Chiesa Cattolica romana. Una terra da cui Francesco ha ricavato tutta quella sua immediatezza che lo ha reso simpatico e caro a tutto il mondo. Alla lacuna cerca di dare una risposta il film ‘Chiamatemi Francesco’ del regista Daniele Lucchetti, che sarà nelle sale a partire dal prossimo 3 dicembre.
Il viaggio umano di Jorge Bergoglio prima di diventare Papa Francesco è durato più di mezzo secolo. Lui, figlio di una famiglia di immigrati italiani a Buenos Aires, ha passato buona parte della sua vita in Argentina come uomo e come sacerdote, fino ad arrivare alla sua elezione a Papa del 2013. Negli anni della giovinezza Jorge è un ragazzo come tanti, peronista, con una fidanzata, gli amici e una professoressa di chimica, Esther Ballestrino, cui rimarrà legato per tutta la vita. Tutto cambia quando la vocazione lo porterà a entrare, poco più che ventenne, nel rigoroso ordine dei Gesuiti. Durante la terribile dittatura militare di Videla, Bergoglio viene nominato, seppur ancora molto giovane, Padre Provinciale dei Gesuiti per l’Argentina. Questa responsabilità in un momento così tetro metterà alla prova, nel modo più drammatico, la fede e il coraggio del futuro Papa. Jorge nonostante i rischi si impegnerà in prima persona nella difesa dei perseguitati dal regime – ma pagherà un prezzo umanamente altissimo vedendo morire o “scomparire” alcuni tra i suoi più amati compagni di strada.
Queste esperienze lo cambieranno profondamente, tanto che si deciderà a vivere il proprio impegno di sacerdote nella costante difesa degli ultimi e degli emarginati. Divenuto Arcivescovo di papaBuenos Aires continuerà la sua opera di aiuto agli abitanti delle periferie, difendendoli dalle sopraffazioni del potere e promuovendone la crescita individuale e collettiva. Da lì Bergoglio spiccherà il volo verso quel conclave di due anni fa che lo vide uscire Papa, succedendo a Benedetto XVI nella guida della Chiesa. A quel balcone di San Pietro Jorge Bergoglio si è affacciato portando al collo una croce di ferro. Un segno che tutti i commentatori colsero da subito come un tratto che avrebbe caratterizzato tutto il suo pontificato, fatto di gesti umili e sinceri. Come quel motto scelto per il suo episcopato, ‘Miserando atque eligendo’, che può essere tradotto con ‘lo guardò con misericordia e lo scelse’, come cita un passo del Vangelo di Matteo. Parole che indicano quello che deve essere il cammino misericordioso e sinodale della Chiesa agli occhi del pastore Francesco. Tanto che sempre in quelle sue prime parole da ‘successore di Pietro’ Papa Francesco disse: “E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. […] E adesso vorrei dare la Benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me”.
Daniele Luchetti, il regista del film prodotto da Taodue, ci ha tenuto a chiarire che questo film non vuole essere un “santino” del Papa, perché con esso si vuole cercare di andare oltre la figura di Bergoglio già “santificata” dall’opinione pubblica “per raccontare l’essere umano e i punti di svolta nella sua vita”. Daniele Luchetti dice di avere concepito così il suo ‘Chiamatemi Francesco’, il biopic su Jorge Bergoglio, interpretato nella giovinezza dall’argentino Rodrigo De la Serna e nella maturità dal cileno Sergio Hernandez. Il produttore Pietro Valsecchi su di esso ha tenuto a sottolineare che “il nostro non è un instant movie”. “La preparazione è durata oltre un anno, tra ricerche e varie versioni della sceneggiatura, realizzate raccogliendo in Argentina tante testimonianze di chi l’ha conosciuto, dai suoi allievi ai preti di strada”. Nella pellicola si è cercato di dare dignità cinematografica ad alcune delle aperture più importanti che Papa Francesco ha fatto in questi due anni di pontificato. Daniele Lucchetti ne ha sottolineato una in particolare: “La prima volta in cui ho prestato attenzione a Bergoglio è quando ha detto quella frase sui gay (‘Chi sono io per giudicare un gay’). Mi ha commosso, perché ho capito che a quell’apertura della Chiesa ne sarebbero seguite altre altrettanto forti. Stava parlando da contemporaneo a contemporanei, stava compiendo un passo verso la realtà. E’ un Papa che sa trasmettere emozioni anche al mondo laico”. Lucchetti che si dichiara non credente, dice di essere stato colpito dall’esempio di Papa Francesco molto profondamente nella sua “zona emozionale” come fosse un normale credente.
papa 1Questo “non sarà un film religioso, ma su una persona per cui la religione è stata motivo di vita, di speranza, forza e che l’ha comunicata agli altri”, prosegue Lucchetti. ‘Chiamatemi Francesco’ “è una biografia ipotetica che ricompongo scegliendo eventi reali e incontri importanti come quelli con Esther, con il padre spirituale Franz Jalics (Alexander Brendemuhl), uno dei due gesuiti sequestrati durante la dittatura, e un’altra sua grande amica, Alicia Oliveira (Muriel Santa Ana) prima donna giudice in Argentina”. Per la giovinezza e la maturità del protagonista “ho voluto due attori diversi, De La Serna e Sergio Hernandez, perché non mi piacciono i film in cui il personaggio a un certo punto si ricopre di silicone. Sono entrambi straordinari, sanno evocare Bergoglio pur non assomigliandogli. Li ho fatti anche provare insieme… ho avuto due Papi a casa per qualche giorno”. E anche per gli attori chiamati ad interpretare il ruolo di Jorge Bergoglio l’esperienza di vestirne i panni è stata a dir poco eccezionale. “E’ un ruolo tremendamente importante, l’unico della mia carriera ad avermi cambiato interiormente – ha spiegato Hernández -Interpretare un personaggio vivente è già una grande responsabilità. Figuriamoci quando si tratta di un uomo come Papa Francesco, che è presente tutti i giorni nel mondo”. Anche per De la Serna è stata una sfida impersonarlo sul grande schermo: “Ho incontrato le persone che l’hanno conosciuto e ho osservato con attenzione le sue inflessioni, il suo linguaggio, il suo modo di affrontare e comunicare il Vangelo. Ma sono consapevole che, per quanto siano laboriosi i tentativi di avvicinarsi a una figura storica, la realtà non si riproduce mai perfettamente”.
Marco Bennici

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