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Gianni Rodari

Le cavie in Africa per sperimentazione su hiv, ebola, dengue

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Assomiglia a una roulette russa la scelta di Kent Brantly e Nancy Writebol, i due medici americani infettati dall’ebola che hanno accettato di esAssomiglia a una roulette russa la scelta di Kent Brantly e Nancy Writebol, i due medici americani infettati dall’ebola che hanno accettato di essere curati con il cosiddetto siero il quale sere curati con il cosiddetto siero il quale sta migliorando le loro condizioni ma che avrebbe anche potuto ucciderli. Zmapp, così si chiama la cura, prima dei giorni scorsi non era mai stata sperimentata sull’uomo ma solo sulle scimmie. Poi Brantly e Writebol hanno accettato di fare da cavie sperando di salvarsi dall’ebola, una malattia che è letale al 90%. Zmapp è stata prodotta da una casa farmaceutica statunitense con i soldi dello stesso governo e oggi dopo che le piaghe sul corpo del dottor Brantly sono migliorate i suoi valori si sono stabilizzati dal mondo della ricerca arriva un appello: “Date quel farmaco anche agli africani malati”. In Italia lo ha chiesto Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. “È farisaico pensare che i vaccini possano essere usati per gli americani e non per gli africani – afferma Ippolito a Futuro Quotidiano – così come è farisaico pensare che la sperimentazione si possa fare in un paese dove la gente non sarà mai esposta a questi virus. Negli Usa si può valutare la tollerabilità ma non l’efficacia in caso di esposizione”. Per tollerabilità si intende quanto il corpo umano è in grado di sopportare un determinato farmaco, ma dopo, la sperimentazione deve essere fatta sulle persone malate per vedere se funziona. “Se davvero Brantly sta molto meglio – prosegue il medico – che si inizi subito la sperimentazione anche sui malati in Africa”.
Quando si parla di sperimentazione in Africa il pensiero va ai tanti casi denunciati negli ultimi decenni di bambini usati come cavie, con l’autorizzazione chiesta ai genitori solo a voce e senza  aver spiegato che quelle medicine avrebbero potuto portare anche rischi gravi per la salute dei piccoli. Come avvenuto in Nigeria nel 1996, dove durante la sperimentazione per un farmaco contro la meningite sono morti svariati bambini senza che i genitori sapessero cosa veniva dato ai loro figli. Oggi esistono comitati etici che devono autorizzare le sperimentazioni e gli scienziati ritengono che molti studi che avvengono in Africa rappresentino l’avanguardia della ricerca. “In Sudafrica ci sono decine di studi sull’Hiv – prosegue Ippolito – mentre non dobbiamo dimenticare che molti studi sulla donna in gravidanza e il neonato vengono fatti sempre in questo continente. Si tratta di ricerche finanziate dalle agenzie internazionali le quali danno una garanzia a livello etico sicuramente superiore”. Al di là dell’ebola però in Africa ci sono ancora tante malattie che non hanno ancora un vaccino, come la malaria, o una cura efficace, come la febbre dengue. Ma su quest’ultima gli scienziati sono fiduciosi.
Il dieci luglio scorso alcuni ricercatori nelle Filippine hanno annunciato di essere vicini alla scoperta del vaccino per la febbre Dengue. I bambini a cui è stato somministrato sono risultati immuni nel 56% dei casi la percentuale più alta da quando è iniziata la ricerca su questa malattia. “Per la febbre Dengue ci sono quattro possibili vaccini al momento – conclude Ippolito – mentre sono al vaglio farmaci che potrebbero essere utilizzati come cure. Non è vero che la ricerca è orientata su alcune malattie piuttosto che su altre. Ci sono un sacco di fondi che in questi anni sono stati stanziati sia sull’ebola che sulla Dengue e i risultati speriamo si possano vedere presto”.
Antonella Palmieri

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