Compili il suo pronostico, ci penserà il futuro!

Gianni Rodari

Le mille sfumature del quotidiano…il racconto dei colori e i colori che non vorremmo

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Mi è capitato più volte, soprattutto negli ultimi anni, di fissare la mia attenzione su diversi ambiti del quotidiano e sugli oggetti che ne definiscono limiti e pertinenze. Così, con bonomia e senza riscontro critico, ma non tanto da non avviare un pensiero in cerca di conferme. Sarà l’età, o il nucleo ossessivo che, anche nel mio caso, diventa assai più attivo quando s’infiacchisce il turbo dell’onnipotenza distratta degli anni verdi.

Tempo fa, guardando oziosamente dal balcone di casa mia, mi sono ritrovato a selezionare i colori delle automobili in moto o parcheggiate, e a calcolare con inspiegabile dedizione quali fossero quelli privilegiati dai miei connazionali. Avevo scartato le targhe straniere, più appariscenti e anche a distanza riconoscibili. Ho scoperto, quindi, che prevale apprezzabilmente il veicolo grigio, perla/metallizzato/topo/canna di fucile, ma più spesso argentato appena un po’ più su del bianco sporco: quasi un non colore. Appena meno numerosi appaiono gli estremi “bianco/nero”, abbinati peraltro alla tipologia di macchina privilegiata di solito dalla signora timida al volante, nel primo caso, e dal maschio spavaldo nel secondo.

Colori e sensazioni come pensieri e personalità: intimamente connessi. Per quanto mi riguarda, adoro Roma e il suo cielo azzurro, almeno per due terzi dell’anno azzurrissimo, e non posso sopportare nemmeno l’idea di alzare lo sguardo e insabbiarlo nell’intonaco delle nubi: il magnifico Nord proprio non mi attrae!

Ancora: se proprio devo riconvertire la mia vanità, un po’ dandy ammettiamolo, all’abito scuro d’etichetta, evito finché posso tutte le variazioni del fumo di Londra e del piombo sospeso sopra Bruxelles, magari solo per idealizzare, consolandomi, il blu di un antico Danubio.

Infine, quando una conversazione mi attrae più della bocca incastonata nel volto di chi mi parla, accade in un amen che l’iride si accende e migliaia di suggestioni scintillanti diventano pensieri colorati; al contrario, affondano in una sorta di arenile ferroso (grigio) i passi sempre più stanchi dell’attenzione durante una chiacchiera inutile e noiosa.

Devo però sportivamente aggiungere all’elenco delle mie riflessioni faziose che esiste anche la cosiddetta “eminenza grigia”: brutta storia; il colore non è simpatico, la definizione evoca il torbido, il contrasto si apre all’inganno, ma il segno del potere e della scaltrezza resta indelebile, e seduce. Niente, meno di niente, diciamolo pure, rispetto all’attrazione fatale di quelle “sfumature di grigio”, di numero definito ma con potenzialità infinite… per pochi, fortunati infaticabili daltonici.

Sull’altro versante, quello cioè dei tanti proprietari di un’auto grigio-qualcosa, quale password si condivide? C’è davvero la possibilità di abbinare così meccanicamente il profilo psichico di una persona al colore dell’autoveicolo che possiede?

Anche inconsapevolmente, spesso davvero senza averlo nemmeno sospettato, ci ritroviamo a condividere idee, a fare scelte, a scambiare messaggi con altri simili già catalogati come del tutto dissimili da noi, sulla base dei loro gusti evidenti o dichiarati in fatto di “sport cibo abbiglio donne e motori” (cambia qualche parametro, ma vale al femminile tale e quale). Confesso, perciò, di aver posseduto una Golf grigio-perla in gioventù, ma l’avrei voluta nera: la ricomprai anni dopo di un blu-notte e cabriolet, nera mai.

Comunemente si tende a indicare o descrivere sinteticamente un’emozione, uno stato d’animo o addirittura una struttura psichica utilizzando un colore, tant’è che si utilizza, per esempio, il colore rosso per la passione amorosa o la rabbia, il verde per il peccato d’invidia e il giallo per il tradimento. È il corpo con le sue reazioni neurovegetative a favorire queste associazioni e in generale l’osservazione della Natura, rivisitata e simbolizzata nelle Culture dei diversi popoli della Terra a volte in maniera antitetica (si pensi al colore del lutto che in Oriente è più spesso il bianco).

Noi stessi tendiamo a indossare abiti adatti all’occasione sociale cui partecipiamo, e in primo luogo è proprio il colore a condizionare e guidare la nostra scelta. Poi, mutato il luogo e il frangente, ci cambiamo a nostro genio, senza mai avvertire di essere completamente liberi di accostarci a tinte troppo distanti dal nostro stato d’animo: se ciò per motivi contingenti non accade, rischiamo un certo disagio, talvolta misconosciuto.

La propria automobile no, non cambia vernice all’occasione; sicché, al momento di acquistarne una intervengono di sicuro vari fattori che c’inducono a preferire tipologia e cilindrata: valutazioni economiche e tecniche, in primis. E il colore? Quali condizionamenti per quella decisione? Riunioni familiari per la berlina e impeti modaioli per la macchinetta si dividono il campo della selezione. A quanto pare, però, il grigio, il cosiddetto colore di mezzo, alla fine la spunta in molti casi, forse proprio perché esso è rassicurante, non impegna troppo, va bene “da bosco e da riviera”, “regge meglio lo sporco”, è sufficientemente “fine e discreto”. O forse è un compromesso, una tinta equidistante da passioni estreme, si defila nel caos del traffico cittadino, si allea più facilmente col sole del Sud e con la pioggia del Nord, certifica un equilibrio del pensiero e ne dissimula contenuti sconvenienti.

Mi viene in mente un certo tipo di sofferenza italica fatta: d’incapacità a esporsi al giudizio o d’imperativi a schierarsi in fazioni contrapposte, di una sottile forma d’indolenza persecutoria, di un opportunismo mortificante o di una piccola strisciante depressione.

In verità, qualcosa negli ultimi anni sta cambiando e probabilmente a furia di rottamare anche il mosaico cromatico delle nostre vetture risalterà di tessere arcobaleno; il problema è che l’impulso negativo dell’individualismo stimola a poco a poco lo sviluppo di un desiderio telecomandato, per cui sei felice e visibile soltanto se possiedi quel determinato oggetto, capisci qualcosa grazie unicamente a quel modello divulgativo d’informazione e vivi infine quella (bella) vita… di un colore che forse non volevi.

 

 

 

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