Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

L’economista no euro Borghi: “Grillo e Fassina? Neoconversi di comodo”

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La corsia dei “No Euro” si è improvvisamente intasata. Nel giro di poche ore Beppe Grillo a Bruxelles e Stefano Fassina dalle colonne dei giornali hanno tuonato contro l’inviolabilità della moneta unica. Se il leader dei 5 Stelle è volato al Parlamento europeo per lanciare la proposta di referendum abrogativo, l’ex sottosegretario all’Economia e anima della minoranza Pd ha aperto una breccia nel partito più “eurista” d’Italia. Insomma, sembrano archiviati i tempi in cui il fronte no euro era animato da pochi economisti e politici (quest’ultimi per lo più di destra): lo dimostra il fatto che all’incontro pescarese “Euro, mercati, democrazia 2014: l’Italia può farcela?” organizzato dal think tank promosso da Alberto Bagnai erano presenti – oltre allo stesso Fassina – anche Fausto Bertinotti e Gianni Cuperlo. Di tutto questo ne abbiamo discusso con Claudio Borghi, uno degli animatori del convegno, docente universitario e responsabile economico della Lega Nord, da anni battagliero sostenitore dell’uscita dalla moneta unica.

Professore, ha sentito Grillo tuonare contro l’Euro a Bruxelles proponendo il referendum?

Il referendum non si può fare. E il fatto, poi, che Grillo intenda proporlo nel momento in cui ha contribuito a portare alla Corte Costituzionale – che dovrà decidere sull’eventualità – un’europeista al 100% come la Sciarra che segnale può essere?

Borghi

Claudio Borghi

Ce lo dica lei.

Se fosse veramente diventato “antieuro” Grillo dovrebbe fare ben altre cose: ci saranno delle prove per capirlo, del resto. La prima volta gli abbiamo proposto di incontrarci per discutere di questo tema e sappiamo come è andata a finire. “Se tutti vogliamo la stessa cosa uniamoci”, dicevamo: la risposta è stata sprezzante.

A quanto pare hanno cambiato idea.

Non voglio essere complottista ma credo che tutto ciò abbia come obiettivo quello di dividere il campo. Perché quella che avrebbe potuto nascere come una rivolta, un’opposizione seria, con la scelta maturata di Grillo mesi fa è diventata irrilevante. E tutto ciò ha fatto il gioco di Renzi. Magari si è pentito, ma allora dovrebbe chiedere scusa: prima di tutto ai suoi militanti che in tutte le salse gli avevano chiesto di pronunciarsi contro l’euro prima delle Europee. Mi avevano anche invitato a un convegno dove ho detto come stavano le cose e chiesto un impegno in tal senso: la risposta del leader è stata “nulla”. È un po’ comodo farlo solo adesso.

Comodo o utile?

Grillo ha visto che le nostre idee stanno dilagando. Si mette in scia: sull’euro, sull’immigrazione clandestina. Il comico sta agendo in differita, è come un replay che ripete un’ora dopo ciò che fa Salvini. E, come si sa, l’imitazione è il più sincero dei complimenti.

Ho capito, con Grillo avete il dente avvelenato. Ma come la mettiamo con Stefano Fassina? L’ex sottosegretario al governo Monti ha aperto alle tesi eurocritiche. Come la interpreta questa folgorazione?

Penso che Fassina avesse capito da un po’. Il concetto base “non potendo svalutare la moneta si svaluta il lavoro” pronunciato da lui l’abbiamo ripetuto costantemente nella nostra campagna. In realtà però, per convenienza di partito, non ha mai voluto trarre le conseguenze: questa è una colpa grave. Se si ricorre a dire la verità solo quando si sono perse le posizioni politiche il rispetto scende. Noi tutto questo lo dicevamo quando c’era il rischio di essere considerati dei marziani, prendendoci insulti e contumelie da un certo mondo accademico.

Resta comunque un endorsement da parte di una corrente importante del Pd.

Attenzione, non mandiamo via nessuno, quanto più ampio sarà il fronte contro l’euro tanto meglio sarà. Ma per dimostrare il coraggio di uscire dall’euro occorre dimostrare il coraggio per lo meno di uscire dal Pd.

Pochi giorni fa al convegno eurocritico di Pescara “coraggiosi” se ne contavano diversi in più rispetto a solo un anno fa.

Ricordo quando io e Alberto Bagnai abbiamo cominciato, indipendentemente l’uno dall’altro, a fare informazione: in Italia c’eravamo solo noi. Il salto di qualità della critica all’euro è stata la firma del manifesto di solidarietà europea: quando economisti da tutta Europa a Bruxelles hanno spiegato, fornendo ragioni e soluzioni, un percorso. Tra i tanti economisti cito Henkel, tra gli animatori di “Alternativa per la Germania”. Qui in Italia la prima adesione è stata quella di Matteo Salvini. È stato il primo ad avere questa intuizione.

Che cosa sostenete come exit strategy?

Due strade. Una europea, coordinata, che risponde a una domanda: come si fa a smantellare l’euro. Potendo coordinarsi, sarebbe quella più semplice e indolore e si risolverebbe nell’uscita della Germania. Si comincerebbe “dall’alto”, perché nessun tedesco avrebbe paura di tornare al marco. In caso, molto probabile, di mancata coordinazione degli altri partner europei in Italia si esce dall’euro non con un referendum ma per decreto.

Manca solo la firma di Renzi…

Renzi non la farà mai. Ci porterà al 120% di disoccupazione. Anzi, sono convinto che si andrà a votare a marzo. E in caso dovesse andare così mi auguro che l’errore clamoroso commesso da Grillo in vista delle elezioni Europee non si ripeta in sede di Politiche: mi piacerebbe alleanza di scopo, con l’unico obiettivo: uscire dall’euro.

Conosce le obiezioni. In tanti, trasversalmente, sostengono che uscire dall’euro sarebbe un disastro.

Basta pensare a un qualsiasi motivo di disastro: i risparmi svaniscono, scendono i prezzi delle case, aumenta la disoccupazione. Dopo aver fatto ciò basta mettere in controluce la situazione attuale: questi motivi di disastro sono esattamente quelli che stanno accadendo adesso con la moneta unica…. Nessuno dice che uscire dall’euro sarà una passeggiata, ma i nostri studi testimoniano che l’impatto è possibile. Solo la propaganda eurista continua a non farci vedere le cose per come sono.

Antonio Rapisarda

twitter@rapisardant

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