Che ognuno avrà il futuro che si conquisterà.

Gianni Rodari

Lettera aperta al sindaco Marino di due romani che non rimangono Muti

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Riceviamo e pubblichiamo un appello al sindaco di Roma, Ignazio Marino.

Caro Sindaco,

quando gli storici del XXII secolo si troveranno di fronte al difficile compito di illustrare ai propri studenti le cause del declino dell’Italia dei primi anni del XXI secolo, avranno la fortuna di potersi avvalere, quale radiosa icona di insipienza, del ricordo della sua figura che, per quanto abbia operato in ambiti geograficamente circoscritti, rappresenta un mirabile esempio in cui si concentrano quasi tutte le virtù negative dei politici di questi tempi.

Va riconosciuto che Lei non si è accontentato di restare fedele all’ideale di amministrazione cittadina scolpito nella equazione “sindaco – curatore fallimentare”, ma ha tentato, secondo noi con pieno successo, di lasciare una traccia duratura del suo infausto passaggio per il Campidoglio.

I tempi biblici (circa sei mesi!) con i quali si è riparata una arteria cittadina dopo una modesta frana, la manutenzione, pardon, la non manutenzione dei tombini e degli impianti fognari, con i conseguenti ripetuti allagamenti delle vie del centro e delle periferie (anche in caso di precipitazioni modeste), il flop della ultima estate romana (manifestazione che in passato aveva consentito al Comune incassi più che consistenti) sono tutti piccoli gioielli di cattiva amministrazione.

Essi hanno però il difetto di conferire, al principale responsabile, una notorietà di ambito locale, limitata ai malcapitati cittadini che vivono nella Capitale. Ed allora, è intervenuto un autentico colpo di fortuna: le dimissioni di Riccardo Muti, dalla carica di “direttore a vita” dell’Opera di Roma, per cui la sua imponente caratura di ignavo può finalmente valicare i confini cittadini e diffondersi in tutto il Paese, e magari anche oltre.

Per una serie di non prevedibili circostanze, Riccardo Muti, ovvero uno dei più grandi direttori d’orchestra del pianeta, aveva deciso, in un imprudente impeto di patriottismo, di assumere la direzione del Teatro Costanzi (di cui Lei è, malauguratamente, Presidente del CdA).

Gli esiti (chissà se Lei se ne è accorto), pur nel volgere di poco tempo, sono stati di assoluto rilievo, culminati in allestimenti memorabili, quali il Mosè e il Nabucco, pur in un teatro che, nel recente passato, aveva vivacchiato in una grigia mediocrità.

Qualsiasi persona che abbia una minimale attenzione per la cultura avrebbe avuto a cuore la permanenza di Muti a Roma, cosa che comportava la collocazione del Teatro Costanzi tra i primi del mondo (con quel che ne consegue, anche sotto il profilo dell’immagine cittadina e del ritorno economico).

Ecco, dunque, che il non aver “alzato un dito” per trattenere il predetto direttore a Roma presenta profili di inettitudine e di autolesionismo che rasentano il sublime. E non si venga a dire che alcuni penosi richiami in stretto burocratese che Lei avrebbe pronunciato subito dopo le dimissioni – augurandosi che Muti ci ripensi – possano rovinare il quadro d’insieme.

Nel congedarci, ci sia consentita una piccola richiesta. Siamo graniticamente certi che la Sua persona non abbia nessuna intenzione di dimettersi nemmeno dopo quest’ennesimo caso di malagestione. Ma almeno legga fino in fondo, o la faccia leggere ad uno dei Suoi valorosi collaboratori, questa lettera, quale testimonianza dello “affetto” di una parte di cittadini della Capitale nei confronti del loro Sindaco.

Con intatta disistima.

Alessio Palladino e Dario Andreoli

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