«Lei sogna di ..far tredici? » Ma lo farà sicuro!

Gianni Rodari

L’intervento turco nel Mediterraneo. Forum a Bruxelles

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Nell’ambito de “L’Assemblea europea contro l’estremismo e il terrorismo”, l’European Development & Research Academy (Belgio) e il Geopolitical Research and Analysis Circle (Francia) hanno organizzato una conferenza dal titolo: «L’intervento turco nel Mediterraneo: Cause, obiettivi e pericoli? » L’incontro si è tenuto il 18 febbraio al Parlamento europeo. Ha introdotto i lavori Nidal Shoukeir, professore di comunicazione strategica e relazioni governative e sono intervenuti come relatori:
● Yasar Yakis, ex ministro degli esteri, Turchia
● Angel Dzhambazki, deputato europeo, Bulgaria
● Niyazi Kizilyurek, deputato europeo, Cipro
● Costas Mavrides, deputato europeo, Cipro
●  Koen Metsu, deputato, Belgio
●  Jean Valere Baldacchino, Presidente del Geopolitical

Research and Analysis Circle
● Magnus Norell, del Washington Institute
● Brahim Laytouss, direttore generale della European Development & Research Academy.

 

Il dibattito si è concentrato su due argomenti principali: l’intervento turco nel Mediterraneo orientale, in particolare la questione dell’esplorazione del gas al largo della costa di Cipro, e l’intervento militare turco in Libia, frutto dell’accordo firmato con Ankara dal governo libico di riconciliazione, guidato da Fayez al-Sarraj. E non pochi timori sono emersi nel corso dell’incontro su questo nuovo scenario, che potrebbe avere ripercussioni regionali e globali e trasformare in breve tempo la Libia in una nuova Siria. Secondo l’ex ministro degli Esteri turco Yasar Yakis, a spingere il presidente

turco Recep Tayyip Erdogan all’accordo con la Libia, è l’ambizione da sempre accarezzata dall’attuale governo Ankara di controllare il Mediterraneo. Attraverso l’intervento in Libia, Erdogan, starebbe cercando di assicurarsi un diritto legale sulle frontiere marittime, in maniera del tutto unilaterale. Quanto alla Libia, ha avvertito, rischia di trasformarsi pericolosamente in una nuova Siria.

Ha  parlato di “morte strategica”, (che è il titolo di un libro di un pensatore turco che è uno dei teorici del rilancio dell’espansionismo ottomano preferiti da Erdogan)

Costas Mavrides , deputato europeo per Cipro e capo del comitato politico per il Mediterraneo in parlamento, ha condannato le politiche del presidente turco e del suo regime, accusandolo di sostenere organizzazioni terroristiche come lo Stato

islamico, Nazareth e i Fratelli musulmani attraverso il supporto logistico e militare oltre che ideologico. Erdogan, ha detto, usa parole aggressive che non si sentivano dall’era nazista e ha sottolineato che il patto siglato con la Libia non è conforme alle leggi delle Nazioni Unite e dell’Europa e che la sua strategia egemonica minaccia la stabilità del Mediterraneo. Sulla stessa linea d’onda il suo collega e connazionale Niyazi Kizilyurek, secondo il quale Erdogan finirà per isolare il suo paese dal contesto internazionale. E il parlamentare si è soffermato, a questo proposito, soprattutto sulla questione di Cipro.

Magnus Norell, ricercatore al Washington Institute for Near East Policy, ha sottolineato la necessità di un intervento dell’Europa per impedire le esportazioni di armi in Libia, in

particolare le armi dalla Turchia, per evitare ancor di più di destabilizzare la sicurezza in tutta l’area del Mediterraneo. L’islam politico continua a diffondersi, ha avvertito l’analista, continua a diffondersi nel Nord Africa nonostante la caduta del cosiddetto califfato dello Stato islamico. Ed Erdogan, ha aggiunto, Erdogan è riuscito riunire più terroristi in Libia e nel Maghreb arabo che in passato in Siria e Iraq. Oltre al fatto che, ha osservato, cerca di usare i migranti per ricattare e intimidire gli europei.

Jean Valere Baldacchino, capo del dipartimento di ricerca e analisi geopolitica di Parigi,

si è concentrato sugli interessi turchi per le fonti energetiche turche, anche lui stigmatizzando l’uso da parte di Ankara dell’Islam politico e del nazionalismo ottomano per giustificare la sua interferenza nei paesi vicini e l’assenza da parte dell’Europa su questo fronte.

All’incontro hanno partecipato oltre 80 personalità e istituzione di 22 paesi, tra cui 15

diplomatici in rappresentanza di dieci paesi.

 

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