La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

L’INUTILITA’ DELLA #LEOPOLDA QUANDO SI SCONTRA CON LA REALTA’

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“Il futuro è solo l’inizio” non è solo il tema della Leopolda numero cinque, ma un modo – tutto renziano – per sfuggire al presente. La Leopolda, luogo della creazione, della mitopoiesi del renzismo è destinata infatti a scontrarsi quest’anno, e per la prima volta, con la realtà. Dovrebbe essere, secondo Renzi, l’edizione del trionfo, della “Gerusalemme liberata” dai gufi, da rosiconi, dai dinosauri e da tutte le creature tanto odiate dal Rottomatore che nel giro di cinque anni da frondista del Pd è arrivato a presiedere il semestre europeo. E invece, fuori la stazione fiorentina, i contorni del Paese sono decisamente diversi.

La legge di Stabilità, tanto per iniziare, continua a mietere dubbi: tra bolli della Ragioneria che arrivano in ritardo e l’ammutinamento delle Regioni, a poche ore dall’inizio della kermesse fiorentina è arrivata la lettera-bocciatura dell’Ue che, seppur prevista, ha rimesso l’attenzione verso la situazione dei conti pubblici italiani. E se dal governo hanno fatto trapelare una certa sicurezza (ma il lavoro sporco lo hanno fatto i governo Monti e Letta – quello del #staisereno), non si non può notare come da Mario Draghi – ultimamente molto loquace – non sia giunta una parola, un accenno anche indiretto, di fiducia sulla manovra che dovrebbe “cambiare verso” all’Italia.

Anche l’economia, già da tempo, ha scelto di non seguire i desiderata di Renzi. I dati macroecomici hanno smentito clamorosamente le previsioni del premier e del suo ministro dell’Economia Padoan sulla crescita: la realtà, risaputa, è che il Paese è in recessione. E anche la road map con la quale l’ex rottamatore ha animato la sua prima televend…, ops, conferenza stampa si è rivelata del tutto inattuata: se il neopremier prometteva una riforma al mese, a otto dalla sua indicazione la casella degli obiettivi raggiunti (legge elettorale, abolizione del Senato, riforma della Pa, etc) resta fatalmente ancora ferma. Patto del Nazareno escluso, ovviamente.

Non si può dire, poi, che con il Paese le cose vadano davvero meglio. Certo, i sondaggi lo danno ancora saldamente in testa: ma una lettura attenta dei dati fa emergere come l’indicazione verso Renzi sia il frutto di una mancanza di alternativa, una fiducia ritenuta “inevitabile”. Fiducia che, a quanto pare, non gode più il Pd tra i suoi militanti. Se ha letteralmente asfaltato l’opposizione interna, i maligni sostengono come Renzi abbia rottamato anche il Pd stesso: se è vero che – nonostante l’operazione recupero – il numero degli iscritti è destinato a essere il più basso dalla nascita del Pd.

Anche con il mondo produttivo le cose non sono mai decollate. Confindustria a parte, è destinato a procurargli mal di pancia il divorzio, pesante, con il suo ex sponsor e uomo forte del made in Italy Diego Della Valle e con l’uomo forte delle fabbriche Maurizio Landini, che con la sua Fiom è tornato in piazza di nuovo accanto a Susanna Camusso. E se i renziani della prima ora – Alessandro Baricco, Oscar Farinetti, David Serra – capita l’antifona hanno declinato l’impegno diretto, anche il mondo dell’informazione legato a doppio filo con i salotti, ammaccati ma ancora in piedi, della finanza italiana ha preso le distanze dal governo: da quello del ceto medio economico del Corriere (De Bortoli) a quello medio-riflessivo di Repubblica (Scalfari). E che dire della Chiesa, dei magistrati (con il Csm sul piede di guerra responsabilità civile), delle mamme (con gli 80 euro si comprano a stento i pannolini)? ll fact checking di Renzi, sulla stessa agenda che lui ha imposto, è impietoso. E lui è costretto a spostare sempre in là la percezione delle cose. Fino a negare il presente: se stesso.

Antonio Rapisarda

Twitter @rapisardant

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