La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

Madre berbera, padre romano. Quel giovane migrante di nome Agostino…

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Sant’Agostino era  un africano di madre berbera e padre romano, che richiama il profilo di tanti migranti dei nostri giorni, fino a esserne “icona” e proporsi come “punto d’incontro tra mondi diversi”, proprio per la sua capacità di dialogare con tutti cercando la verità e la pace. Lo ha sottolineato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, che il 28 agosto scorso si è recato a Pavia, dove è stata celebrata la messa nella chiesa di San Pietro in Ciel d’oro, che da tredici secoli ospita le reliquie del vescovo di Ippona. “La nostra epoca, come è sotto gli occhi di tutti, si configura come una migrazione perenne, quasi ossessiva: vengono in Europa in particolare in Italia tanti dall’Africa come dall’Asia”, ha sottolineato il cardinale in una intervista rilasciata al settimanale cattolico pavese Il Ticino. E “la disoccupazione giovanile porta i giovani a emigrare e, con loro, i genitori, che vanno a trovarli cioè li rincorrono”. In questo senso  -ha spiegato- “Agostino nelle Confessioni è l’icona del giovane migrante per una vita migliore: dall’Africa venne in Italia, a Roma, a Milano, e dopo cinque anni fece ritorno in patria a Tagaste”. Tanto che le Confessioni di Agostino sono proprio “il libro di preghiera di un migrante”. (Fonte: L’ Osservatore Romano)

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