Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

TRAGEDIA NEL “MARE MONSTRUM”: LE INTERVISTE AGLI UOMINI IN TRINCEA

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mare monstrumUn’altra tragedia in mare. Un altro carico di vite umane spezzate. Quella maledetta notte fra sabato e domenica scorsi si è replicato un ulteriore dramma della doppia disperazione: quella della fuga verso un’accoglienza che non c’è; l’altro, del destino infame, nella tomba Mediterraneo. E, dopo, ascoltiamo la stessa melensa pantomima di dichiarazioni vuote di senso. Perché, per chi le fa, dall’alto del suo ‘trespolo’ d’autorità, e non ci crede, giacché non fa seguire reali interventi di soccorso e di aiuto a chi ha così poco, se non quel molto della vita, il senso è quello di apparire. Apparire: pietoso, compartecipe, desideroso di proporre iniziative atte a sradicare questo traffico di esseri umani. Salvo poi, nei fatti, aderire ad una logica di respingimento tipica del prevalere degli egoismi. Il tutto, quasi calpestando i sacrifici che compiono moltissime persone coinvolte in prima persona nel soccorso in mare e poi a terra: gli uomini e le donne della Marina Militare, della Guardia Costiera, della Guardia di Finanza, del Cisom (Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta), della Croce Rossa, del volontariato, dei Carabinieri e della Polizia per l’accoglienza.  Ne avremo dimenticato sicuramente qualcuno: si ricordano più facilmente, invece, gli spregiatori, i Salvini e le Santanché e i loro accoliti che parlano dall’alto di una situazione privilegiata, per non aver mai vissuto lo strazio di una vita in fuga dalla fame, dalla guerra, dagli stenti, dall’incertezza che la morte è dietro l’angolo, nei panni di un guerrigliero di Boko Haram o dell’Isis. Futuro Quotidiano ha intervistato in esclusiva due protagonisti di questo continua catena di salvataggio di vite umane: l’Ammiraglio Giovanni Pettorino, capo del Reparto Operativo e il dottor Mario Casinghini, direttore nazionale del Cisom.

Ammiraglio Pettorino, lei vive quotidianamente in trincea…

Sì, non viene mai abbastanza in luce sui media che il nostro intervento parte dalle chiamate di soccorso provenienti dai mezzi alla deriva. Questi poveri esuli hanno quasi il destino segnato, senza imare nostrum nostri soccorsi, imbarcati come sono su mezzi fatiscenti, fuggendo da guerre, da situazioni disastrose. In molti di loro hanno i requisiti per ottenere lo status di rifugiato, sono piagati storie personali terribili. Ipotizziamo, certi di non sbagliare che siano stati istruiti dai trafficanti a chiederci soccorso perché hanno con sé il numero di telefono della Guardia Costiera italiana. Ci arriva la loro chiamata da barconi e gommoni inadatti al mare, persino a quello in bonaccia, perché con un carico minimo di carburante, giusto per fare 20 – 30 miglia, mentre Lampedusa ne dista almeno 100 in più. Siamo obbligati ad accoglierli dalle convenzioni internazionali, ma soprattutto dall’imperativo categorico morale di non respingere altri esseri che hanno bisogno di salvezza.

Perché solo noi italiani?

Perché siamo, insieme a Malta, che ora sta collaborando fattivamente, il primo punto raggiungibile, così come prescrive la Convenzione di Amburgo del 1979, sul soccorso marittimo; poi a darci una grande mano sono anche le navi mercantili che transitano in zona.

E l’Europa?

L’operazione italiana ‘Mare Nostrum’ aveva una ratio di soccorso in mare; di converso, Frontex ha una ratio di contenimento dell’immigrazione e di respingimento. Che potrebbe avere una sua ragion d’essere qualora fossimo di fronte all’immigrazione clandestina via terra; il contrasto rispetto a barconi che cadono a pezzi, sovraccarichi, senza una benché minima sicurezza, predestinati a perdersi privi del nostro intervento sembrerebbe un disumano esercizio di crudeltà. Non c’è altro da fare che soccorrerli. Non ci sono alternative a meno di non lasciarli in balia del mare, destinati a morte certa. D’altronde, il respingimento è solo teorico, perché Triton, se c’è l’esigenza, manda i propri mezzi a darci man forte. Non si sottrae.

Ci può dire quanti sono i morti del naufragio?

mare monstrumNon ne abbiamo contezza; sono le cifre che ci provengono dalle prime testimonianze dei superstiti. Molto verosimilmente, purtroppo, si tratta di una stima – quella dei 700 – vicina al reale, ma mancano dati oggettivi. Sapremo di più quando la nave Gregoretti arriverà, col suo carico di superstiti raccolti in mare, nel porto di Catania nella tarda serata di oggi o domani mattina.

Una lista lunghissima, quella delle operazioni di soccorso in mare effettuate dall’Italia.

Mai a memoria d’uomo si ricorda un così grande numero di salvataggi in mare effettuati com’è avvenuto nel 2014: 170mila persone. E, purtroppo, quest’anno, probabilmente supereremo tale triste record; di riflesso ad una simile escalation, vi sarà anche un incremento del numero di annegati. Per dare soccorso alla diaspora infinita, abbiamo provveduto a dirottare anche 800 navi mercantili. Nel dettaglio: le navi di Mare Nostrum della Marina Militare hanno prestato soccorso ad oltre 80mila persone; la Guardia Costiera a 38mila ed i mercantili, in virtù del grande senso di solidarietà in mare, si sono adoperati per salvare altri 42mila naufraghi.

Ascoltiamo, ora, la testimonianza di Mauro Casinghini, direttore nazionale del Cisom, l’organizzazione di volontariato dell’Ordine di Malta che imbarca sui mezzi della Guardia Costiera e della Marina Militare propri team sanitari.

Quando è cominciato il vostro impegno nello Stretto di Sicilia?

Nel 2008. Lo facciamo senza telecamere al seguito né l’attenzione mediatica che paiono inseguire solo il macabro censimento del numero delle vittime. Da allora abbiamo un accordo col Ministeromare nostrum dell’Interno che si è interrotto per alcuni mesi durante il 2012, quando intervenne la spending review; purtuttavia, non non abbiamo interrotto la nostra missione di solidarietà e abbiamo continuato egualmente, avvalendoci del fundraising per finanziare la presenza dei nostri volontari a bordo dei mezzi di soccorso. Siamo arrivati quasi a raschiare il fondo del barile allorché, dopo la tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013 il Ministero dell’Interno ci ha inserito in un programma Ue di accoglienza a bordo delle motovedette e dei mezzi navali di Guardia Costiera e di Guardia di Finanza.

In che modo agite?

Siamo noi a prestare il primo soccorso, con team costituiti da 2 persone, in genere un medico e un infermiere; oppure un medico ed un volontario soccorritore. Ma le riprese televisive vengono fatte allo sbarco, dunque emerge l’azione solo di chi sta a terra ad attendere i naufraghi. A noi tocca la parte più pericolosa, quella che fa affrontare ai nostri team il mare forza 8, le onde alte cinque metri. In questo momento, il Cisom ha 12/13 persone operative. Prendiamo la giornata di ieri come esempio: c’è un team di 2 (medico ed infermiere) sulla nave ‘Bruno Gregoretti’, quella che ha sbarcato i 12 cadaveri di migranti a Malta, per poi proseguire verso il Porto di Catania; un altro team da 2 sulla nave ‘Michele Fiorillo’, nella zona delle operazioni; 2 team a Lampedusa, pronti ad intervenire su Motovedette di classe 300 della Guardia Costiera; un medico imbarcato sulla nave della Marina Militare ‘Comandante Bettica’; un medico a disposizione per gli interventi presso la base per gli elicotteri della Guardia Costiera di stanza a Catania; infine, la nostra logista dei soccorsi, con funzioni di coordinatrice degli stessi, Melissa Cangemi, attualmente si trova a Lampedusa.

Da quanto tempo lei è direttore nazionale del Cisom?

mare monstrumLo sono dal 2007. In pratica, assumendo l’incarico, ho creato quest’attività di soccorso ai migranti in mare del Cisom, in collaborazione con l’allora Comandante generale in seconda della Guardia Costiera – oggi nel ruolo di Comandante generale-, Felicio Angrisano. Immediatamente, l’allora Comandante generale Raimondo Pollastrini firmò, nel maggio 2007 il protocollo d’intesa. Nel campo della solidarietà, siamo impegnati su molti fronti. Mi piace ricordare il torneo di calcetto ‘Memorial Raimondo Pollastrini’ (NdR, l’indimenticabile Comandante generale della Guardia Costiera è scomparso nel 2013), a Livorno, giunto alla sua seconda edizione, che abbiamo organizzato per raccogliere finanziamenti per le ‘vacanze di risanamento’ di bambini bielorussi. Chernobyl non è certo finita.

Quanti volontari raccoglie il Cisom?

Ho numeri molto aggiornati: siamo 4.307, con strutture territoriali articolate in tutta italia. I medici sono 433, gl’infermieri 265, gli psicologi 6o e, infine, i farmacisti 30. Tutti fanno volontariato con grande impegno, dedizione ed entusiasmo. Solo questi elementi sono il turbo che anima chi, a bordo di una motovedetta con mare quasi inaffrontabile, sa di rischiare in proprio per salvare tante vite.

Annamaria Barbato Ricci

L'Autore

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