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Alan Kay

MONTANARO A FQ: LA MAFIA SI BATTE CON L’EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’

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Dai colletti bianchi, all’economia fino alla politica. Nel tempo la mafia è riuscita a infiltrarsi in ogni segmento della vita sociale.  Secondo Giovanna Montanaro, scrittrice e sociologa, studiosa di fenomeni di criminalità organizzata di tipo mafioso, è una realtà difficile da estirpare. Intervistata da FUTURO QUOTIDIANO a margine della cerimonia Franco Cuomo International Award, nel corso della quale ha presentato una relazione sulla legalità, ha cercato di spiegare come la caratteristica più importante della mafia e, per questo forse la più pericolosa, è la sua capacità di adattarsi ai cambiamenti, di innovarsi e di mantenersi radicata alla sua tradizione. Come combatterla? Soprattutto attraverso l’educazione alla legalità, un progetto che deve essere condiviso da tutte le agenzie educative e formative che operano sul territorio: dalla scuola, alla famiglia, dai partiti politici, ai mass media.

Come si sta trasformando la mafia?

La mafia da sempre si adatta ai cambiamenti. Le caratteristiche di questo fenomeno sono rappresentate dal fatto che sa coniugare tradizione con innovazione. Possiamo dire che in questi ultimi anni, intendendo con questo termine non gli ultimi 5 ma almeno gli ultimi 40 anni, da quando la mafia ha fatto il grande salto grazie  agli ingenti proventi derivanti dai traffici di droga, essa è penetrata nei gangli vitali dell’economia, degli appalti  e della pubblica amministrazione. Non saprei dire quale sarà il futuro della mafia. Quello che posso dire è che è un fenomeno difficile da estirpare. La caratteristica prevalente è quella dei rapporti di cui gode con gli ambienti politici, i colletti bianchi, ma anche i professionisti, i notai e commercialisti. Il problema  sta nel fatto che la mafia in alcuni settori del nostro Paese riscuote ampio consenso sociale.

Qual è la differenza con la criminalità organizzata?

E’ un fenomeno diverso dalla criminalità organizzata perché gode purtroppo di impunità dal momento che il rapporto con la politica è sistemico. Si pensi al “voto di scambio” in occasione delle competizioni elettorali che genera un connubio perverso tra interessi economici di parte e interessi politici.

Giovanna Montanaro

Giovanna Montanaro

Il sistema di corruzione italiano è dilagante, da nord a sud. Quali sono le aree più colpite?

La corruzione nel nostro Paese si infiltra principalmente dove ci sono forti interessi economici, dove c’è possibilità di ricavare ingenti profitti. Ne è un esempio l’Expo di Milano. Il fenomeno della corruzione abbraccia l’Italia comunque da nord a sud, sia aree ricche che povere, come alcuni comuni del Meridione dove c’è una scarsa attenzione da parte delle istituzioni in genere che fa la sua parte, unitamente alla corruttibilità dei controllori. Le mafie che controllano interi territori, che si infiltrano nei gangli vitali dell’economia, delle amministrazioni pubbliche e nei contesti sociali più ampi, hanno radici profonde, lontane nel tempo, difficili da estirpare.

Nel suo discorso sulla legalità lei ha sottolineato come l’illegalità presente nei pubblici poteri crei danni ai cittadini. A quali danni si riferisce principalmente?

Se si viene a conoscenza del fatto che un politico, un amministratore pubblico o un sindaco sono coinvolti con la mafia, quale esempio si dà ai cittadini? A chi riveste cariche pubbliche è richiesta una maggiore responsabilità, un senso dello Stato che viene meno quando si scoprono certi coinvolgimenti. Questo genera danni ingenti, sia di natura economica che etica. Si viene a incrinare quel rapporto di fiducia tra Stato e società. Questa grave crisi di fiducia non favorisce certo comportamenti virtuosi da parte dei cittadini. La scarsa partecipazione alle urne rappresenta una conseguenza di questa sfiducia generale che si è venuta a creare. I cittadini percepiscono il sistema politico come un sistema che si autotutela, spesso fuori dalle regole, autoreferenziale. Serve una buona politica: quella che traduce in atti concreti la solidarietà, il superamento delle diseguaglianze, la tutela dei diritti. Quella che, in sostanza, opera a favore della collettività, nella legalità. Su questo versante, c’è ancora molta strada da fare.

Lei parla di legalità non come un modello ma come una prassi che deve agire in concreto nella quotidianità. Come allora la  legalità può divenire un obiettivo permanente per tutti?

C’è uno slogan in un volantino dell’associazione Libera che dice: “E tu, da che parte stai?” Nulla di più efficace. Bisogna decidere da che parte stare. E la scelta diventa impegno, responsabilità. Se stai dalla parte della legalità, del rispetto delle regole, non puoi “ammiccare” all’altra parte, scegliere scorciatoie o facili guadagni. La legalità deve quindi entrare nel nostro agire quotidiano. Deve diventare un progetto condiviso da tutte le agenzie educative e formative che operano sul territorio con ruoli diversi: la scuola, la famiglia, le comunità ecclesiali, i mezzi di informazione, l’associazionismo laico e i partiti politici.  Il periodo di crisi economica e sociale che stiamo vivendo mette a rischio la legalità su molteplici fronti. Sul piano sociale le paure del futuro creano chiusure, individualismi. E’ un’incertezza che rende vulnerabili, fragili e che espone al rischio di una “non azione” di una “perdita di senso”. Un abbandonarsi fatalistico al corso degli eventi. Ma il presente e il futuro non vanno subìti. Il cambiamento chiama in causa tutti. E’ la legalità del “noi”, che deve darci forza, per guardare oltre e consegnare se possibile alle nuove generazioni un Paese migliore.

Sara Pizzei

L'Autore

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