La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

NAZIONE ARCOBALENO. LA NUOVA PORTA D’AFFARI DELL’AFRICA

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L’Italia per il momento è quasi esclusa dalla partita, nonostante non manchino buoni esempi e perfino Matteo Renzi si sia accorto che ci sono luoghi nel mondo dove la parola crisi non esiste. Uno di questi è il Sudafrica. La nazione arcobaleno, infatti, diventerà nel prossimo decennio la porta d’affari per l’intero continente africano. Questi i dati del Wto e l’analisi dei maggiori esperti di economia e di finanza. Il motivo? L’affidabilità delle banche e le leggi che si pongono nel giusto equilibrio fra libero mercato e tutele di Stato. Se a questo si aggiungono bassi costi delle manodopera locale e un potere d’acquisto schiacciante dell’euro sul rand, il gioco è fatto. Inoltre i sudafricani amano l’Italia, per tutto ciò che di buono rappresenta, a cominciare dal caffè. Una recente ricerca dello Studio Ambrosetti stima in “Oltre 2.000 miliardi di dollari nel prossimo decennio il potenziale dei settori energia, alimentare e beni di consumo per le aziende italiane che investiranno insieme alle aziende sudafricane”. Ma a crescere non è solo il paese di Mandela. Anzi. Sempre il Wto afferma che 6 delle 10 economie a maggiore crescita nel mondo sono in quest’area. Si tratta di Angola, Nigeria, Etiopia, Ciad, Mozambico e Ruanda. La Banca Mondiale prevede che tra il 2020 e il 2030 la classe media in questi paesi raddoppierà, superando quella indiana.

nazione arcobaleno

Le Aziende

Si tratta di un intero continente in “movimento”. Quasi 1 miliardo di persone avranno bisogno di cibo, abiti, scarpe e oggetti di arredo. La Fao stima che la domanda alimentare di quell’area è in crescita costante del 3% all’anno. Il cambiamento è palpabile. Per la Banca Mondiale nel 2020 il 50% della popolazione – quasi 700 milioni di persone – vivrà nelle città. Tutti avranno bisogno di mangiare, vestirsi, curarsi, muoversi. Si tratta di un mercato nel quale l’Italia potrebbe entrare abbastanza facilmente. Per farlo, però, occorre guardare oltre i confini nazionali e dimostrarsi seri. Il made in Italy infatti piace e molto. A partire dal caffè. Non è un caso che sia proprio un italiano, Nicola Caricola (panchina di lusso della Juve che vinse la Coppa Italia negli anni Ottanta) a gestire l’intero mercato della vendita del caffè in Sudafrica. Con la Nicaf  è il distributore di caffè Lavazza nel paese. Nicola Caricola e i suoi soci, Franco Baldini, Massimo Mauro e Gianluca Vialli, ci hanno creduto e ora la società, che ha da poco inaugurato un nuovo ufficio a Woodstock, il quartiere più trendy di Città del Capo, conta oltre 50 dipendenti, italiani e sudafricani e vede aumentare il proprio fatturato ogni anno con una velocità a due cifre. “Bisogna essere molto seri – afferma Caricola -. Qui amano l’Italia e gli italiani, ma sono inglesi, hanno una mentalità del lavoro e degli affari solida e seria”. Anche per questo il caffè più bevuto negli stadi del Paese è proprio Lavazza. In Sudafrica si trovano anche altri brand del made in Italy, dalla Ferrari alla Ferrero, passando per Luxottica. E nell’anno in cui Città del Capo sarà la capitale mondiale del design si aprono le porte agli affari per le imprese italiane in Sudafrica e non solo. Il paese è infatti considerato la portaerei dalla quale entrare nei 14 paesi limitrofi dell’africa subsahariana.

Il sistema finanziario e bancario

Il sistema finanziario e bancario del Sudafrica è uno dei punti di forza del sistema economico ed è uno dei motivi per cui si passa da qui per fare affari nel resto dell’Africa subsahariana. Il Global Competitive Index assegna al sistema finanziario e bancario sudafricano il primo posto per la qualità della regolazione di borsa, il secondo per la solidità delle banche e il terzo per la qualità dei servizi finanziari. Si tratta insomma di un sistema solido, sofisticato e ramificato sia in patria che all’estero. Non è un caso che ogni transazione, anche la più piccola si possa effettuare con una carta elettronica e che Visa dia il benvenuto nei maggiori aeroporti del paese, dove operano 17 banche, 14 filiali di banche estere (l’unica italiana è Unicredit, le altre sono per lo più inglesi), 3 mutual banks, 43 uffici di rappresentanza e 15 società controllate. Le banche tradizionali sono per lo più banche commerciali (sul modello delle banche high street del Regno Unito) ed offrono una vasta gamma di prodotti e servizi a persone, piccole e medie imprese, aziende ed istituti pubblici. L’80% del mercato è in mano a Standard Bank, Absa, Nedbank, First National Bank e Capitec Bank. Ma all’Italia si guarda con attenzione anche per le infrastrutture e le tecnologie del settore minerario. Per questo Cmc, la cooperativa dei muratori e cementisti di Ravenna opera da anni in Sudafrica, Angola e Zambia. Paolo Porcelli è l’amministratore delegato di Cmc Africa Australe “Qui ci sono grandi opportunità, ma serve un maggior appoggio delle autorità italiane e una sponda finanziaria delle banche che adesso manca”. I paesi subsahariani avranno entro il 2030 bisogno di nuove strade e prima che arrivino altri, fra cui sgomitano gli inglesi e i cinesi, gli italiani farebbero bene a fare un giro in quest’area del mondo dove la parola crisi non esiste.

Letizia Magnani

 

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