La miglior cosa del futuro è che arriva un giorno alla volta.

Abraham Lincoln

Oltre la fantascienza. Philip K. Dick, il visionario che ha visto il futuro

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Il 2 marzo di 33 anni fa moriva Philip K.Dick. E’ al suo romanzo “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” che è ispirato il film “Blade Runner”, diretto da Ridley Scott .Uno dei capolavori della storia del cinema del Novecento.

 

Philip_K._Dick_1Philip K. Dick: un visionario fra i ciarlatani. Così è definito da Stanislaw Lem in “Microworlds”, un libro di saggi dove l’autore di “Solaris” si scaglia a più riprese contro la fantascienza americana, praticata, a suo dire, da scrittori incapaci di costruire ipotesi ancorate alle fondamenta dello scibile e animati da un infantilismo pernicioso e sterile. Laddove Dick si distingue per un approccio del tutto personale. La sua foga di esplorare l’ignoto che attende appena fuori dalle fragili certezze della normalità è tale da sospingerlo verso la prosa senza alcuna opera di elisione ed elusione.

Philip Kindred Dick nasce prematuro il 16 dicembre 1928 a Chicago, con una sorella gemella, Jane. La piccola purtroppo muore dopo soli 41 giorni per negligenza della madre. Trasferitisi a Berkeley, nel 1930, i genitori divorziano. Dick segue la madre a Washington. Poi di nuovo a Berkeley. Verso la metà degli anni ’40 cominciano i suoi problemi mentali. Dick va in terapia per curarsi dall’agorafobia. Intanto comincia a pubblicare poesie e articoli sulla “Berkeley Gazette”.

IL SUO PRIMO ROMANZO “RITORNO A LILLIPUT”

Si avvicina alla fantascienza leggendo “Astounding” e “Unknown”, due storiche testate dirette da John W. Campbell jr, il padre fondatore della fantascienza contemporanea come genere legato agli svilippi reali della ricerca e della tecnologia. Dick scrive il primo romanzo poi perduto, “Ritorno a Lilliput”. A 18 anni abbandona gli studi e va a vivere per conto proprio. Nel 1948 si sposa per la prima volta, con Jeanette Marlin, probabilmente per dimostrare alla madre di potercela fare da solo e di non essere gay. Il matrimonio dura solo sei mesi. Trova il primo impiego in un negozio di dischi. Si iscrive quindi all’Università della California di Berkeley e studia letteratura tedesca. È l’epoca del suo secondo matrimonio, con Kleo Apostolides, che ha tre anni meno di lui.

Due anni dopo, nel 1951, Dick lascia il lavoro nel negozio di dischi e tenta di fare lo scrittore a tempo pieno. Ha già pubblicato diversi racconti sulle riviste. Il primo romanzo è “Lotteria solare”, in seguito al quale diventa amico di Poul Anderson, a sua volta un nome molto rappresentativo della fantascienza. Seguirà la pubblicazione di almeno ottanta racconti.Alla fine degli anni ’50 divorzia dalla seconda moglie e sposa Anne Williams Rubistein, attraente vicina di casa. Da lei avrà la prima figlia, Laura Archer.

“MA GLI ANDROIDI SOGNANO PECORE ELETTRICHE” OVVERO “BLADE RUNNER”

 

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Rutger Hauer interpreta il replicante Roy Batty in “Blade Runner”

Il meglio di sé, Dick lo dà negli anni ’60, quando vedono la luce i capolavori, da “La svastica sul sole” a “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” da cui Ridley Scott trae “Blade Runner“nel 1982. Dick muore a Santa Ana nello stesso anno, il 2 marzo, ma fa in tempo a vedere un primo montaggio del film e gli piace. L’America è percorsa dagli spettri della Guerra Fredda. L’Fbi spia gli artisti considerati “di sinistra”, potenziali membri di una quinta colonna “rossa”. Il pericolo incombe anche dallo spazio. Gli alieni giungeranno a bordo di dischi volanti o razzi interplanetari per prendere possesso delle menti e dei corpi di americani medi. È esemplare “Cronache del dopobomba”. Il dottor Bluthgeld, oscuramente responsabile delle ricerche nucleari culminate nella guerra tra cinesi e ameri­cani, osserva le rovine di una civiltà di cui si sente il distruttore proprio nel giorno in cui aveva deciso di andare in terapia dallo psichiatra Stockstill. A suggerirglielo era stata Bonny Keller, collega scienziata e, per contro, ninfo­mane, capace di restare incinta proprio in quelle stesse fatidiche ore in cui ca­dono le bombe. Partorirà la mutante Edie, che nel grembo reca a sua volta un fratellino, Bill, mai nato e nel contempo vivo come puro spirito. Sembra improbabile che questa umanità, dai tratti di un’incarnazione collet­tiva della teoria del caos, possa essere osservata all’inizio del ro­manzo dal po­vero Stuart McConchie, commesso negro di un negozio di ven­dita e ripara­zioni di apparecchi televisivi. Il quale non ha imparato nulla dalla discrimina­zione di cui è oggetto, perché guarda con scoperto razzismo un fo­comelico, Hoppy Harrington, che compensa l’handicap con una mente geniale da inven­tore. Su tutti troneggia dallo spazio Walter Dangerfield, che doveva essere il primo uomo a raggiungere Marte, invece rimane bloccato per sempre in orbita attorno alla Terra e, dopo la catastrofe, trasmette nastri musicali e informa­zioni utili, con un piglio che ricorda Lone Wolf, il disk-jockey di “American Graffiti”.

LE SUE METAFORE SALDAMENTE ANCORATE NELLA REALTA’

In “I simulacri” conflui­scono temi ricorrenti nella narrativa di Dick: il rapporto indecifra­bile tra realtà e finzione, la vita artificiale, un mondo nuovo dalle infinite incognite sociali e antropologiche. Gli Stati Uniti si sono fusi con la Germania Occidentale. Predominano la tecnologia e il denaro tedesco, che insieme consentono la realizzazione degli automi che dànno il titolo al romanzo. I simulacri ripro­ducono la vita umana in ma­niera tanto perfetta da non lasciar trapelare agli occhi della gente che uno di essi è diventato Presidente, Rudolf Kalbfleisch. Ma artificiale, seppure in modo diverso, è anche la “first lady”, Nicole Thibodeaux. Si tratta di un’attrice, Kate Rupert, assoldata per interpretare quel ruolo. Dietro questa pantomima c’è un governo occulto, che controlla tutto, compreso il tempo, grazie alla macchina di von Lessinger. Solo una fascia di funzionari ad alto livello sono al corrente di tutto ciò, il resto dell’umanità è fatta di meri esecutori di ordini.

 

ROBOTAffermò il compianto Vittorio Curtoni, fondatore e direttore della rivista “Robot”: “Avere scelto di scrivere di fantascienza significava per Dick la possibilità di creare metafore saldamente ancorate nella realtà, non la fuga dalla palpabile quotidianità della vita”.Gli fa eco un altro grande della fantascienza italiana, Sandro Pergameno: “Avvolto in un alone di tragico pessimismo, segnato da esperienze drammatiche con droghe e allucinogeni, Dick rimane l’autore più importante della fantascienza moderna. Nelle sue opere esplora, con incredibile coerenza e continuità, una cupa visione della vita basata sull’ impossibilità di distinguere una realtà oggettiva dalle ingannevoli visioni indotte da stupefacenti o da altri soggetti ed entità maligne di tipo umano o divino: l’esistenza dell’uomo e dei protagonisti dei suoi romanzi diventa così una terribile lotta con un mondo di allucinazioni ed esperienze soggettive in cui è praticamente impossibile riconoscere il vero dal non-vero e l’umano dall’alieno”.

NELLA SUA LETTERATURA SI INCROCIANO INFINITI PIANI DI REALTA’

Lungo questo asse speculativo, si incontra ilracconto più emblematico del corpus dickiano. Prevenire è meglio che punire? Ecco il meccanismo elementare di regolamentazione nel scorcio futuro descritto da Philip K. Dick in “Rapporto di minoranza”. John Allison Anderton è un commissario di polizia, ideatore del sistema Precrimine, basato sulle visioni di tre sensitivi, capaci di intuire anzitempo i propositi omicidi dei cittadini.

LA SVASTICA SUL SOLE

A quel punto scatta l’arresto preventivo, cui segue la reclusione in un apposito campo di concentramento. Sennonché, un giorno, sulle schede emesse al quartier generale del corpo Precrimine, Anderton legge il suo stesso nome. Gli si imputa di voler uccidere Leopold Kaplan. Da segugio in preda, la metamorfosi è più rapida di quanto non possa credere l’attonito protagonista.

Nel libro più noto di Dick, “La svastica sul sole”, la Germania ed il Giappone hanno vinto la seconda guerra mondiale, creando un presente alternativo. Solo che uno dei protagonisti, lo scrittore Hawthorne Abendsen firma un romanzo nel quale si sostiene sia accaduto il contrario. Due o infiniti piani di realtà s’incrociano nella vicenda, e nell’intera narrativa di Dick.

Enzo Verrengia

L'Autore

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