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Gianni Rodari

Il Pd renziano fa breccia tra i massoni

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La notizia non è che un esponente del Pd varca “le colonne del tempio” e va a parlare nella sede della più grande organizzazione massonica italiana. E’ che quell’esponente, da renziano doc, porta con orgoglio la bandiera del governo e riceve quattro lunghi applausi a scena aperta. Sigillando un sodalizio nient’affatto previsto, pacifico o scontato.

platea massonicaLui, l’esponente renziano, è un sorprendente Ermete Realacci in grande spolvero. Loro, quelli con il grembiule, sono i massoni che da tutta Italia, come ogni 20 settembre, si incontrano alla Villa il Vascello di Roma per celebrare la presa di Roma e Giuseppe Garibaldi. Una giornata di commemorazioni sotto le insegne del Grande Oriente d’Italia, una organizzazione riservata e selettiva ma – ci tengono a precisarlo – non segreta, ispirata all’ordine democratico, alla libertà e ad un nuovo umanesimo – dicono sempre loro – capace di rimettere, per l’appunto, l’uomo al centro di tutto.

L’uomo al centro del 20 settembre dei massoni è stato Ermete Realacci. La platea dei padroni di casa così formale, in schiacciante maggioranza maschile, in completo blu e distintivi eloquenti. Lui improvvisato in maglia nera smanicata sotto la giacca marrone, pantaloni presi a casaccio, probabilmente vestendosi al buio. Ma è proprio lui a illuminare i mille e più framassoni che si ammassano intorno al nuovo Gran Maestro del Grande Oriente, Stefano Bisi e che si approcciano all’esponente democratico prima con curiosità, poi con rispetto, quindi con autentico trasporto.

 

RealacciRealacci punta dritto al cuore della celebrazione: “Nessun Paese ha come l’Italia una costante sottovalutazione e quasi fastidio verso l’epica nazionale”. Il parallelo lo costruisce tra la presa della Bastiglia (carcere minore, c’erano sessanta detenuti in tutto), l’assalto a Fort Alamo (restituire onore e dignità ai messicani, che ben combatterono), e l’impresa garibaldina dei Mille. Perché è la più forte di tutte? “Perché non si trattava di avventurieri, mercenari, sprovveduti disperati come è avvenuto in tutti gli altri casi su cui l’epica nazionale ha poi ricamato e ricucito a dovere. Si trattava di patrioti autentici, intellettuali o studenti che avevano a cuore una causa vera, e nella maggior parte dei casi professionisti del nord che stavano bene e non avevano alcun bisogno economico, ma affrontarono la morte (perirono i 2/3 delle camice rosse) con la consapevolezza di contribuire a una vittoria più grande”.

I fari accesi sulla storia fanno piacere alla platea, che lo segue. Poi rimane interdetta: “Se nel 1870 ci fosse stato un Papa Francesco, magari, non c’era neanche bisogno di fare la breccia a Porta Pia”, dice divertito. In molti non colgono: c’era bisogno eccome, di compiere l’impresa. A prescindere da chi si fosse trovato a San Pietro.

Ed è qui che Realacci valica i confini nazionali: non abbiamo un’epica, e non abbiamo neanche più una visione oggettiva della nostra forza economica, altro che eterni ultimi al mondo. “Siamo tra i primi cinque paesi esportatori con valore dell’esportato superiore ai dieci miliardi di euro l’anno”, ricorda. E preannuncia gli incontri di Renzi in Silicon Valley: “Incontrerà cento imprenditori italiani che sono lì, giovani eccellenze che guidano l’innovazione in California, invitandoli a tornare con strumenti concreti e incentivi interessanti”. E poi via, con un profluvio di aneddoti e di spinte motivazionali. “Siamo una grande potenza che si dimentica sempre di esserlo”, “Siamo il solo Paese che può unire successo, intelligenza e bellezza”.

Già a quel punto, la platea è conquistata. La partecipazione così appassionata, disvelata, orgogliosa di un esponente del Pd a un raduno massonico  è inusuale; ai tempi di Gustavo Raffi, la surrogava lui la sinistra, non c’era bisogno di invitare nessuno. “Un repubblicano di sinistra”, precisava lui, con l’accento romagnolo. Adesso è diverso. La neutralità scelta dal numero uno dei numeri trentatré, Stefano Bisi, impone a ciascuno di rappresentare se stesso. Toscano di Siena, Bisi ha affidato a una colta prolusione il suo invito a cercare nella fratellanza e nella libertà gli stimoli per una vita corretta e sana, che riponga l’uomo al centro. E’ a lui che Ermete Realacci, guardandolo, dedica una conclusione che va a pescare nella Costituto senese del 1309: “Chi governa, si legge nel Costituto del 1309, deve avere a cuore massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini”. Standing ovation. Anche tra gli amministratori pubblici e i politici locali presenti, spesso del centrodestra. Uno dei volti meglio conosciuti del Pd renziano ha fatto breccia, nella giornata in cui si celebrava quella garibaldina, e ha espugnato pro domo sua il Tempio massonico, dove tra una squadra e un compasso tutti capiscono le metafore. Governare la città, ai tempi di Siena, equivale a governare oggi il Paese. Che il Grande Architetto ci assista.

 

 

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