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Gianni Rodari

I POLITICI VADANO A SCUOLA NELLE ACCADEMIE MILITARI

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In Italia non abbiamo una particolare stima dei militari. In altri paesi, specialmente quelli che hanno avuto una storia coloniale come l’Inghilterra e la Francia, o paesi come gli Usa e la Russia, la
considerazione dei soldati, e quindi il loro peso sociale e politico, è molto più elevata che da noi. In questi giorni si sta sviluppando un vivace dibattito sulla questione della Libia e stiamo assistendo
nelle trasmissioni televisive ad un curioso fenomeno: vediamo giornalisti, opinionisti e politici, insieme a generali in pensione. E qui emerge una differenza netta. I primi dimostrano spesso una
scarsa conoscenza delle questioni strategiche e politiche, come pure una preoccupante incapacità di affrontare problemi complessi come la guerra.

Le forze armate e quelle politiche

militariNon di rado poi, i politici, invece di esprimere concetti frutto di una elaborazione razionale basata sui fatti, sputano sentenze da bar che scaturiscono più dalla pancia che dal cervello o, peggio, sono mossi da sentimenti xenofobi e bellicosi. Le forze armate, invece, si stanno comportando alla grande: evitano di far comparire in televisione i vertici militari in servizio attivo, proprio per rimarcare la loro fedeltà allo Stato e la loro estraneità al dibattito politico, e mandano avanti i grandi saggi che sono stati ai vertici delle forze armate. Questi personaggi, come Arpino, Mini, Camporini, dimostrano un equilibrio ed una competenza veramente ammirevoli e danno agli spettatori non solo informazioni rilevanti, ma anche
un senso di affidabilità, di sicurezza, di serietà, sottolineando implicitamente che “l’armiamoci (noi) e partite (loro)” è una decisione che va presa dai politici con grande saggezza e ponderazione.

Su cosa riflettere

politici in tvDa questa vicenda si possono trarre alcune considerazioni. Primo. Andiamoci piano con le rottamazioni: persone di esperienza e di saggezza come queste servono come il pane. Due. Scopriamo che una parte della classe dirigente del Paese, che non riscuote una particolare popolarità, è di grande livello – e ci fa dimenticare le squallide vicende del generale Speciale che si faceva portate le spigole in aereo in montagna, a cui ha fatto da contraltare la correttezza del pilota della Finanza che ha denunciato l’accaduto. Tre: visto che ormai non ci sono più le scuole di partito
e dei sindacati, non sarebbe male che chi si candida a svolgere una funzione sociale e politica frequentasse le accademie e le scuole di perfezionamento militari che, apparentemente, danno buoni
frutti.

Una considerazione finale: dopo le improvvide esternazioni dei ministri Gentiloni e Pinotti sulla necessità di “mettere gli scarponi sul terreno” in Libia, ci si può chiedere se oggi, almeno in Italia,
non si debba riformulare la massima di Clemenceau: “La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai politici”.

Giorgio Sirilli

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