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Milan Kundera

Zero, retrospettiva dedicata a Renato, big della musica italiana

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A FUTURO QUOTIDIANO parla Vincenzo Incenzo, direttore artistico della mostra e paroliere di Renato Zero, la prima retrospettiva dedicata ad un big della musica italiana. “C’è stato e c’è un artista che ha fatto di un’offesa il suo cognome. Zero”. La scritta campeggia all’entrata, sotto l’enorme primo piano del cantante con sopracciglia glitterate, trucco fucsia sugli occhi e corona di denti di cavallo tra i capelli. Una star glam made in Italy o, meglio, made in Rome, perché nelle enormi sale dello spazio espositivo La Pelanda, nel cuore del quartiere capitolino di Testaccio, a essere sotto i riflettori è la carriera di un romano Doc, che è “saltato fuori dal cilindro di una Roma barcollante nel vento, si è colorato il viso e si è avviato, in bilico sui suoi zatteroni, tra sogno e degrado, palco e periferia, via Tagliamento e il mondo, libero da pregiudizi ormonali e tessere politiche”. La prima retrospettiva su un artista del mondo della musica italiano, arriva a poca distanza dal grande successo internazionale della mostra “David Bowie Is”, che ha girato tutta Europa ed è sbarcata anche negli Stati Uniti. “Zero” non è un’esposizione di cimeli, di reliquie e di gadget di Renato Zero ma è un vero e proprio percorso che si snoda nella vita e nella carriera dell’artista e, al contempo, in mezzo secolo di storia italiana.

La vita di Renato Zero racchiusa in una mostra

renato zeroIl contesto socio culturale in cui Zero è cresciuto, è maturato e da cui ha voluto prendere le distanze per riuscire ad affermare la sua eclettica identità, non è un semplice scenario di fondo ma interagisce dalla prima all’ultima sala dell’esposizione con la sua personalità e con la percezione dei visitatori: dal lungo corridoio all’entrata, in cui stralci di alcuni testi delle sue canzoni sono affiancati a citazioni di testimoni del nostro tempo, poeti, giornalisti, storici e politici alla mega proiezione dove spezzoni tratti dai concerti-show di Renato si sovrappongono a filmati dell’Italia del boom economico, dell’Italia alle prese con la diffusione dell’eroina tra i giovani, dell’Italia delle stragi degli anni di piombo o dell’Italia della chirurgia plastica e del consumismo anni ’80. Dal buio degli alti soffitti dell’ex mattatoio spuntano poi di tanto in tanto, appollaiati e liberi come uccelli e scintillanti nei loro lustrini, le “uniformi” di Renato, quei costumi di scena che hanno reso memorabili le sue esibizioni. Al di fuori dello spazio espositivo, ad accompagnare la mostra, anche due iniziative indirizzate ai bambini e ai giovani: nei fine settimana il laboratorio artistico e teatrale “Metti le ali bambino”, per intrattenere i più piccoli con recite e disegni e il concorso “Zero in letteratura – percorsi poetici e sociali di Renato Zero” , rivolto ai ragazzi delle scuole superiori di Roma. A Futuro Quotidiano, parla il direttore artistico della mostra, nonché autore di numerosi testi delle canzoni di Renato Zero, lo scrittore e musicista Vincenzo Incenzo.

Vincenzo, perché una mostra su Zero?

Per accendere una luce definitiva su un artista irripetibile, che ancora è tutto da scoprire. Renato non è solo il cantante più originale e provocatorio del nostro tempo, è anche il testimone formidabile di quarant’anni di storia del nostro Paese, dagli anni di piombo agli anni del vuoto di senso. Con le sue canzoni ha raccontato l’uomo, le sue maschere, la differenza, gli ultimi. Ha sdoganato temi come la pedofilia, la droga, il controllo delle menti, l’identità di genere, la depressione, ha inciso nel costume e nel linguaggio con il suo essere sempre libero da tessere politiche e schieramenti identitari, sessuali o culturali. Infatti nella mostra si evidenziano subito questi due binari, la storia d’Italia e della sua carriera, che sono però legati da un’unica scelta comunicativa: luci e suoni, un approccio molto “sensoriale”. Ilcollante che lega 1000 mq ad alta tecnologia è il Dna, rappresentato “fisicamente” con un sorprendente lavoro scenografico; in questo “acido” si muove la storia dell’artista, la sua arte, le sue cadute e le sue resurrezioni, e 40 anni di storia del nostro Paese, attraverso materiale visivo inedito, attraverso voci che fluttuano, attraverso la sua musica. I sei mega ambienti che si attraversano sono da vivere come “capsule del tempo”, custodi della sua opera, del suo mistero e delle sue rivoluzioni. Si parte dal suo battito cardiaco per arrivare al cantiere del suo scrivere, attraversando pareti, resistenze, un corridoio, un planetario, luoghi-non luoghi che accendono suggestioni oltre ad offrire il racconto cronologico.

Molto concettualismo, molte suggestioni e poco spazio ai classici “cimeli”. Non temevate di deludere i fan più accaniti, i sorcini?

Vincenzo Incenzo direttore della retrospettiva su renato zero

Vincenzo Incenzo

Non volevamo il reliquiario e nemmeno un accumulo di feticci e gadget. Il percorso di questa retrospettiva è pensato come uno spettacolo del cuore e della ragione, un viaggio a ritroso dal cielo alla Montagnola (quartiere romano di periferia dove Zero è cresciuto, ndr) dove l’uomo, l’artista e l’Italia viaggiano insieme, ponendosi domande e dandosi risposte. Un inno alla differenza e, al contempo, la celebrazione dell’irripetibile natura di ogni essere umano. I sorcini hanno sin qui dimostrato di capire e apprezzare l’indirizzo della mostra.

Renato ha partecipato all’allestimento della mostra?

Renato ha detto una cosa fondamentale, ad apertura dei lavori: “Fate parlare le mie canzoni”. Una traccia essenziale, dalla quale non siamo mai usciti. In più c’è un suo contributo “vivo”, con una sorpresa per tutti i fan, che scopriranno venendo alla mostra.

Com’è lavorare con Zero e a quale testo che hai scritto per lui sei più legato?

Meraviglioso. Renato è inesauribile a livello creativo ed è una scuola continua. Sono legatissimo al primo testo scritto assieme, che ha avviato poi la nostra collaborazione che dura ormai da 15 anni, “L’impossibile vivere”.

Giulia Di Stefano

L'Autore

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