La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

Renzisessione, la recessione tecnica e il renzismo

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Recessione tecnica, governo politico. Forse però non quanto dovrebbe: il premier che oggi si scontra con i numeri – siamo fermi al palo della recessione con la crescita allo 0,2% – dovrebbe rompere lo schema che ci sta incatenando allo zerovirgola e mettere mano, anche in fretta, alla squadra dei ministri, a partire dalle deleghe in materia economica.
Quanto gli direbbe il segretario del primo partito della maggioranza sarebbe questo: occorre una scossa, stiamo andando piano, la delusione affiora in ogni comparto e trascina giù la borsa e tutti i macroindicatori. Questo direbbe un segretario del Pd, se non si trovasse ad essere al tempo stesso Presidente del Consiglio. E questo in effetti ha detto, il segretario del Pd, quando si chiamava Matteo Renzi ed a palazzo Chigi sedeva Enrico Letta. Oggi che le due figure coincidono, l’indicazione la si ritrova nei corridoi dei due palazzi, quello del Nazareno e quello di piazza Colonna, dove il Pd siede in maggioranza ed assiste ad una doppia cabina di regia: tutta politica quella sulle riforme, proprio addossata ai Democratici – Maria Elena Boschi, Marianna Madia, Andrea Orlando in prima fila – e ben più tecnica quella relativa al risanamento dei conti e al rilancio dell’economia. E’ questa seconda squadra che non funziona. Il Ministro Pier Carlo Padoan, che non ha certo dalla sua il merito di abbassare l’età media nell’esecutivo, doveva apportare una seniority che non si vede. Il Ministro tecnico dello sviluppo economico, Federica Guidi, ed il suo staff di fervibi, brillanti, fattivi consulenti – quali Carlo Stagnaro, dall’Istituto Bruno Leoni – non hanno al momento fatto percepire chiaramente tutto il loro potenziale. E il più tecnico di tutti, il superministro dell’Economia, potrebbe avere la pagella che il Fondo Monetario Internazionale sintetizza così, parlando del Pil: molto inferiore alle aspettative.
Intorno al giudizio sul titolare del ministero di via Venti Settembre si scontrano due schieramenti opposti, nella comunità accademica internazionale. Non proprio dalla parte di Padoan si schiera il premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, che quando Padoan sedeva all’Ocse scrisse di lui sul “New York Times”: «Certe volte gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse». Nel medagliere del ministro tecnico, una esperienza poco lusinghiera: Padoan era responsabile dell’Argentina per conto del Fondo monetario internazionale nell’anno in cui il Paese sudamericano fece default.
Adesso occupiamoci però del futuro: si arrivi subito a un turning point che inverta la rotta verso la crescita, con ogni mezzo. E anche con qualche decisione forte. Sarebbe forse il caso di far pesare le responsabilità in capo a chi le ha, e redistribuire i pesi. Il Partito Democratico promuova il bravo Enrico Morando e tiri fuori la squadra dei suoi giovani. Il responsabile economico del Pd, ad esempio, Filippo Taddei, dimostra doti di competenza ed equilibrio preziose per uno scenario critico come è il fronte del Pil. Forse andrebbe estratto dalla naftalina e messo in campo, a giocare con la maglia di titolare. “Avanti con più decisione”, twittava ieri Renzi dopo aver visto la freccia all’ingiù delle previsioni di crescita. La maggior decisione è adesso tutta sua.

Aldo Torchiaro

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