La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

Roma insolita: il ‘sogno infranto’ dell’Andersen scultore

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AndersenLo scultore Hendrik Christian Andersen pensava in grande. Al punto da ideare e progettare, nel 1913, in collaborazione con il noto architetto francese Ernest Hébrard, una “Città mondiale”, destinata ad essere la sede di un perenne laboratorio di idee nel campo delle arti, delle scienze, della filosofia, della religione e della cultura fisica. E tutte le sue opere raccontano di questa ricerca: figure classiche slanciate e trionfanti che, permeate da una dirompente energia, diventano romantiche e utopistiche. Questa è l’arte del nordeuropeo approdato a Roma, la sommatoria di due visioni contrapposte e, spesso, complementari: il rigore classicista ed una tensione estetizzante post-romantica.

Il nordico approdato a Roma

Eppure di lui si conosce poco. Una vita, la sua, dagli accenti romanzeschi, iniziata a Bergen, in Norvegia, nel 1872. La povera famiglia si trasferisce in cerca di fortuna negli Stati Uniti, a Newport, nel Rhode Island. Il giovane Hendrik lavora nei cantieri navali e, grazie ad una borsa di studio, intraprende il viaggio di formazione in Europa, nel 1894. Dopo alcuni mesi trascorsi a Parigi, si stabilisce definitivamente a Roma, ma con gli Stati Uniti Andersen mantiene sempre contatti importanti. Boston, Newport e il New England rappresentano, infatti, i suoi costanti punti di riferimento, grazie al profondo legame stabilitosi con la cognata Olivia Cushing, scrittrice di colta e facoltosa famiglia che vive con lui a Roma dopo la precoce morte, nel 1902, del marito Andreas Andersen, pittore di talento. Interessante anche lo stretto rapporto con Henry James, documentato dalle settantasette lettere del maturo scrittore al più giovane amico, scritte a partire dal 1899 fino al 1915 e pubblicate da Marsilio nel 2000.

Villa Helene. La casa-museo vicino al Lungotevere

Alla sua morte, il 19 dicembre 1940, Andersen lascia in eredità allo Stato italiano Villa Helene, il suo studio-abitazione di via Mancini e quanto in esso contenuto: opere, arredi, carte d’archivio, materiale fotografico, libri. L’edificio, oggi sede del museo a lui dedicato e inserito nei circuiti della GNAM – Galleria Nazionale d’Arte Moderna, viene costruito tra il 1922 e il 1925 su progetto dello stesso Andersen nella tipologia della “palazzina con annesso studio di scultura” vicino al Tevere, appena fuori Piazza del Popolo. L’insieme decorativo dei prospetti in stile neo-rinascimentale, arricchito di motivi simbolici e allusivi ai complessi legami affettivi dell’artista, rappresenta un documento di indubbia originalità nel panorama dell’architettura romana del periodo. Sono due i grandi atelier al piano terra: la galleria ove l’artista soleva mostrare ai visitatori le opere finite e lo studio per la modellazione delle forme. L’appartamento al primo piano, già abitazione dell’artista e da lui stesso decorato con stucchi e pitture, oggi ospita mostre temporanee legate all’Ottocento e al Novecento. La collezione permanente è composta da sculture di grandi, medie e piccole dimensioni, dipinti e opere grafiche quasi interamente incentrate attorno all’idea ossessiva di quella città utopica tanto anelata.

Il progetto della “città ideale”

A tale progetto e alla sua diffusione Andersen dedica addirittura un ponderoso volume, intitolato “Creation of a World Centre of Communication” (sottoposto persino a Benito Mussolini) che, partendo dalle concezioni urbanistiche delle antiche civiltà, indica l’approdo alla nuova “Città”. Proprio in questa costante riflessione sulla realizzazione di un luogo ideale ove celebrare la modernità – in armonia con il passato – vi è l’attualità dell’artista. Tanto che il progetto è stato indubbiamente spunto, negli anni Trenta del Novecento, seppur con presupposti completamente diversi, per la realizzazione dell’E42, il quartiere capitolino tutt’oggi esistente che doveva ospitare l’Esposizione Universale, mai realizzata a causa del secondo conflitto mondiale. Un altro sogno infranto, come quello di Christian Hendrik Andersen che, per fortuna, però, rivive nelle ampie sale della sua dimora.

Carla Cace

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