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Rainer Maria Rilke

Salvini e il campo rom: il rischio della strumentalizzazione

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A distanza di due giorni dall’aggressione a Matteo Salvini da parte dei centri sociali bolognesi nei pressi del campo rom che avrebbe dovuto visitare sabato, nuovi elementi metterebbero in dubbio non i fatti (ricordiamo che in concomitanza è stato ferito anche il collega del Resto del Carlino Enrico Barbetti a cui va tutta la solidarietà della redazione di Futuro Quotidiano) né le responsabilità di chi è montato sopra l’auto del segretario, ma il fatto che il segretario della Lega non sarebbe stato supportato da un adeguato sistema di protezione. Secondo quanto ricostruito dal questore di Bologna, infatti, Salvini non avrebbe avvisato del cambio di programma sull’orario e il punto di arrivo della sua visita, tant’è che, sempre secondo la questura, c’erano ottanta poliziotti ad aspettarlo davanti all’ingresso del campo. Accuse, quest’ultime, che sono state rigettate da Salvini ma che aprono un fronte nuovo, inedito, per la volata del giovane segretario. Nei giorni in cui Salvini incassa l’endorsement importante di Susanna Camusso a sostegno dei suoi referendum contro la la legge Fornero, infatti, per contrappasso lui stesso potrebbe subire un “divorzio” choc con il “partito dell’ordine”, da sempre sostenuto (e ricambiato) da una certa destra, leghista e non.

Sottovalutazione o strumentalizzazione?

Di certo, in termini di monetizzazione, il leader del Carroccio da questo episodio ha guadagnato ulteriore visibilità e consenso. Lo ha ammesso a modo suo Michele Serra, scrittore e giornalista da sempre oppositore delle politiche leghiste: “La realtà è che Salvini e il suo staff escono dalla giornata come aggrediti e come orbati del diritto di manifestare; e la strutturale intolleranza leghista, così bene articolata dal suo nuovo (e abile) segretario anche grazie alla fresca alleanza europea con i lepenisti, rischia di passare del tutto in second’ordine sul palcoscenico mediatico a fronte dell’irosa spedizione punitiva di ieri”. Stesso discorso con le accuse politiche di negligenza rivolte dalla Lega ad Angelino Alfano nella veste di ministro dell’Interno, nemico perfetto secondo il calco leninista del “nessun nemico a sinistra” che Salvini sta rivoltando contro gli ex alleati di centrodestra accusati di fare la stampella alle politiche sull’immigrazione del governo e dell’Ue.

C’è un però in questa vicenda. La polemica contro i reparti della sicurezza e la campagna di alcuni grandi giornali che tendono a mettere in discussione la versione di Salvini potrebbero tendere a isolarlo e ad alienarlo da una fetta importante di pubblica opinione moderata che, seppur concorda con il decisionismo e il nuovo corso della Lega, resta molto sensibile e impaurita dalla recrudescenza della violenza politica. Non a caso il segretario si è premurato ieri di precisare come “non abbiamo mai pensato di tornare al campo dei rom ma ci torneremo, non diremo niente a nessuno perché non vogliamo che ci vadano di mezzo i ragazzi delle forze dell’ordine”. Segno, questo, che anche il segretario comprende come la sovraesposizione mediatica che da qualche tempo lo premia se non gestita nel migliore dei modi potrebbe rappresentare anche un’arma a doppio taglio.

FullSizeRender (2)Ricostruzioni contro

“Vi assicuro che star dentro ad una macchina che viene assaltata a calci, pugni, sassi, cinghiate non è il massimo della vita. Ovviamente la polizia sapeva dove eravamo”. Ha replicato così Salvini a chi mette in dubbio la sua versione e al Questore: era stato avvisato sia del percorso, sia degli orari. “Si, siamo arrivati in ritardo perché c’era traffico in autostrada. Ma comunque vi pare che in un Paese civile, per fare il mio dovere, per verificare come vengono spesi soldi pubblici, devo essere scortato da 80 poliziotti?”.

Che non sarebbe stata una passeggiata per il leader della Lega si sapeva; qualche giorno prima era stata schiaffeggiata una dirigente della Lega da parte di alcuni rom e il presidio degli antagonisti contro la sua visita era ampiamente annunciato. Ciò che avvenuto all’arrivo della macchina è stata però un’eventualità ben diversa dalla semplice contestazione (e qualche legittimo dubbio sulla gestione della situazione proviene anche dalla semplice constatazione che, a fronte della presenza di giornalisti e antagonisti, non ci fossero agenti di polizia nel piazzale dove è avvenuta l’aggressione). Al di là della solidarietà di quasi tutte le forze politiche, non la pensano così in molti. I distinguo ci sono stati: dal Pd, dal Movimento 5 Stelle e da Sel; c’è stato anche chi ha sostanzialmente accreditato la tesi che il capo del Carroccio “se l’è cercata”. “Un bruttissimo clima – ha commentato preoccupato Salvini -. O tutti, senza se e senza ma, condannano e rifiutano qualsiasi tipo di violenza, oppure io mi fermo”.

Perché a Landini è andata diversamente

La vicenda del campo rom, come si è capito, è destinata a non chiudersi con una suddivisione condivisa di “colpevoli” e “innocenti”. Il perché di tutto questo è Salvini stesso a centrarlo: se ciò fosse accaduto a Renzi? “Mi domando: se per caso ad essere schiaffeggiata fosse stata una consigliera comunale di sinistra o a essere distrutta fosse stata l’auto di Matteo Renzi? Quale reazione ci sarebbe stata? Quale pandemonio e interrogazioni parlamentari? Quali speciali sulle tv di tutto il mondo? Se invece a prendere schiaffi è una leghista o a essere distrutta e l’auto di un leghista per qualcuno quasi ci sta, questo è preoccupante”. Proprio qui, se vogliamo, sta tutta la differenza di approccio e di costruzione del plot tra sinistra e destra.

Solo dieci giorni fa, ad esempio, è stato Maurizio Landini a stare al centro di un episodio di tensione. Anche qui un video – quello realizzato dall’ottimo Diego Bianchi per Gazebo – è riuscito a cogliere il momento centrale degli scontri che hanno visto gli operai dell’Ast di Terni caricati dalla celere. Il video smentiva le prime ricostruzioni ufficiali – ossia che il corteo degli operai si stesse dirigendo verso la stazione Termini – ma al di là di questo è stato tutta la vicenda è stata utilizzato dal leader della Fiom per comunicare direttamente contro Renzi. A differenza di ciò che è avvenuto durante la manifestazione degli operai di Terni, nel caso di Salvini la ricostruzione dei fatti non è stata supportata da un apparato mediatico, diciamo così, “compiacente” o politicamente mirato. E ciò ha generato un piccolo cortocircuito proprio con un’istituzione – le forze dell’ordine – rispetto alla quale Salvini si è sempre schierato a favore (anche a prescindere); e, potenzialmente, tutto ciò potrebbe preoccupare una parte di elettorato troppo abituata alla retorica del “legge & ordine”. Rispetto a questo deficit la difesa sui social media – campo dove Salvini dimostra una capacità di penetrazione non comune – alla lunga potrebbe non bastare.

Antonio Rapisarda

twitter@rapisardant

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