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Abraham Lincoln

Shinzo Abe non si arrende: elezioni come referendum sull’Abenomics

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Il Giappone, la terza economia mondiale, è entrato in recessione per la terza volta in quattro anni. Il Pil ha registrato nel terzo trimestre dell’anno un calo dell’1,6%. E il premier Shinzo Abe, per uscire dall’angolo, ha deciso di portare il Paese alle urne. “Ho preso la decisione: cercherò un nuovo mandato”. Un’uscita-choc che ha scatenato l’opposizione ma che il premier ha rilanciato definendola “importante in una democrazia parlamentare”. Non solo. Assieme a questo il governo ha anche deciso di rimandare l’ulteriore aumento dell’Iva al 2017, misura considerata “importantissima per la vita di tutti i giorni della gente e per l’economia”. Insomma, dopo gli scandali che hanno coinvolto le donne ministro del suo governo e i dati macroeconomici negativi, Shinzo Abe – leader del partito Liberal Democratico – intende chiedere al Giappone un vero e proprio referendum su se stesso.

Freno a mano per il premier

Tokio

Abenomics shinzo abe

Le opposizioni hanno commentato duramente la “sorpresa” del primo ministro: “Il governo dovrebbe lanciare politiche economiche: piuttosto che spendere 60 miliardi di yen (512 milioni di dollari) per le elezioni”. Anche Takuya Tasso, governatore di Iwate, un’area colpita dallo tsunami del 2011, ha lamentato che il governo “sbaglia priorità” perché “creare un vuoto politico in un momento in cui c’è ancora bisogno di stimolo economico non dovrebbe mai accadere”. Proteste, queste, che testimoniano una certa frustrazione dell’opposizione, presa in contropiede dalla scelta di Abe. Dall’altra parte, come spiegano gli alti burocrati del governo, “convocare le elezioni anticipate è diritto del premier. È scritto nella costituzione”.

Ma la “sorpresa” è stata anche per Abe: aver scoperto che la sua ricetta, l’Abenomics, ha tirato il freno a mano. Dopo un 2013 ottimo, è seguito infatti un brusco aumento (inserito controvoglia) dell’imposta sui consumi dal 5 all’8%, che ha portato ad un calo delle spese, rappresentanti il 60% del Pil, 23% nel settore immobiliare. A questo si è aggiunta la forte svalutazione dello yen, dovuta ad una forte immissione di liquidità da parte della Banca centrale, che però ha iniziato ad incontrare forte opposizione all’interno dello stesso istituto: il 31 ottobre, l’aumento di liquidità da 70 ad 80 mila miliardi è passato per un soffio, con soli 5 voti a favore contro 4.

Che cos’è l’Abenomics

Insomma, a un anno dalla sua introduzione l’Abenomics – il pacchetto di misure fortemente voluto dal premier nipponico e dal consigliere Etsuro Honda – ha fatto registrare risultati controversi. Nelle intenzioni, le misure di tipo keynesiano introdotte, quali una politica monetaria espansiva con l’acquisto di titoli del debito nazionale da parte della Banca Centrale, avevano come obiettivo quello di portare fuori il paese dalla situazione di deflazione e di incentivare la crescita dell’inflazione, mantenendone il tasso al 2%. Altra misura è stata la svalutazione del 30% del valore dello yen in modo tale da incentivare le esportazioni, in un’ottica di concorrenza soprattutto con il gigante cinese. E assieme l’aumento della spesa pubblica all’1,5%.

A questo, però, si sono aggiunte misure in senso liberista. Abe ha infatti ridotto la pressione fiscale su famiglie ed imprese ed ha introdotto forme di fiscalità di vantaggio nelle aree economicamente depresse. Fra queste l’area della Fukushima post-nucleare; fra le proteste di molti infatti, il Giappone ha ricominciato a mettere in funzione le centrali nucleari, la cui chiusura era stata un danno per la crescita economica.

Elezioni come “referendum” sulle politiche di Abe

L’Abenomics, fin dal primo momento, ha diviso: apprezzata in diversi contesti europei per la sua vocazione espansiva e antirigorista; criticata pesantamente dagli economisti maggiormente liberisti, i quali – per lo meno in questo momento – sembrano avere avuto ragione. «Sento molte critiche, ma dove sono le proposte alternative? Io non ne ho sentite di valide»: ha detto il premier nipponico in conferenza stampa. Si capisce anche da questo, allora, che Abe non si arrende e già si capisce come, auspicando un ulteriore taglio di tasse alle imprese, spera di avere una maggioranza più solida in entrambi i rami del Parlamento, sfidando il Partito democratico che si presenta invece come il partito del rigore.

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Durante il vertice Apec incontro tra Shinzo Abe e il presidente cinese

L’asso nella manica: la politica estera

C’è da scommettere. Poi, che in queste tre settimane e mezza, oltre all’economia, una parte da leone sarà giocata dalla politica estera. Il governo Abe si è caratterizzato infatti per un approccio decisamente aggressivo, con una decisa ripresa dei temi dell’identità nazionale, e una politica di riarmo che, aggirando la Costituzione pacifista, ha cercato di riproporre il Giappone come una potenza militare. In questo contesto si è acuito l’attrito con la Cina per le Diaoyu-Senkaku, un gruppo di isole la cui sovranità è contesa fra i due paesi, ma dall’altro questo ha portato anche al raffreddamento dei rapporti con tradizionali alleati filo-occidentali dell’area. All’ultimo vertice Apec, la distanza fra il premier giapponese e quello sudcoreano era palpabile.

Danilo Patti

 

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