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Gianni Rodari

Sonno e memoria: c’è un collegamento?

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memoriaPassare la notte sui libri prima di un esame è una pratica che accomuna il 90 per cento degli studenti. E se fosse la mossa più controproducente che si possa fare? Gli esperti della Brandeis University in Massachusetts consigliano di non bere caffè prima di andare a dormire. Secondo quanto sostengono i ricercatori, i neuroni della memoria, responsabili di convertire la memoria a breve termine in quella a lungo termine, funzionano meglio quando si dorme. L’idea che sonno, facoltà di ricordare e apprendimento siano collegate tra loro è da lungo tempo diffusa e molti studi hanno dimostrato che, nel processo di consolidamento della memoria (il passaggio da breve a lungo termine) il sonno ha un ruolo fondamentale. Quanto, però, ciò sia responsabile del meccanismo di consolidamento ancora non si sa. Ci si domanda, quindi, se la memoria si consolidi durante il sonno perché il cervello è poco attivo – permettendo così ai neuroni della memoria di attivarsi – o sono i neuroni della memoria che ci fanno dormire? Insomma, è nato prima l’uovo o la gallina? Forse prima la gallina, almeno stando a quanto riferiscono le dottoresse Paula Haunes e Bethany Christmann.

Analizzando i neuroni dorsomediali nelle mosche, hanno notato che, quando i neuroni erano attivi, gli insetti dormivano di più, mentre quando erano inattivi, le mosche lo erano.
Questi consolidatori della memoria portano le mosche all’inattività quando cominciano a convertire la memoria da breve a lungo termine. Il tutto avviene all’interno di una parte del cervello chiamata corpora peduculata, simile all’ippocampo negli umani. Una sorta di allarme che dice quando bisogna dormire per permettere alla memoria di stabilizzarsi. Prima o poi si riusciranno a comprendere anche i meccanismi che caratterizzano la mente umana. Nel frattempo, mettiamoci comodi e facciamoci una camomilla. A quanto pare si prendono più mosche con una bella dormita.

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