Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

NEGLI OCCHI DEI BAMBINI IL TRAUMA DI UN VIAGGIO SENZA SPERANZA

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speranzaDopo i tragici fatti degli ultimi giorni, mi sono chiesta cosa potesse spingere una madre a caricare il proprio figlio su un barcone. E’ chiaro che lo faccia per fuggire da conflitti e persecuzioni, perché nelle loro terre d’origine c’è carenza di lavoro, di soldi, talvolta addirittura del minimo indispensabile per sopravvivere; per questo il viaggio della miseria diventa l’unica strada verso la libertà. Un sogno da realizzare, che si concretizza nell’immagine di una madre che abbraccia il suo piccolo e lo protegge dalle brutalità dei mercenari, dalle sevizie, dalla fame, dalla sete e dalla paura. Ma in pochi ci siamo mai chiesti quale effetto avranno sul bambino i lunghi giorni sotto il sole in mezzo al mare alla deriva, più vicini alla morte che non alla speranza di una vita nuova.

La precarietà, la condizione psicologica e sociale del minore immigrato o di origine immigrata, sono tratti che sembrano intrinsecamente connessi al fatto che questi soggetti sono come ingabbiati da una scelta subita, o meglio coinvolti negli esiti di una scelta che essi, proprio in quanto minori, hanno subito più di altri soggetti. E tanti sono gli studi psicologici, psichiatrici e sociologici che hanno mostrato gli effetti traumatici prodotti dall’immigrazione sui minori.

Per loro si è parlato di separazione, di elaborazione del lutto e di processi di rimodellamento identitario, ponendo l’accento sul clima di conflitto interetnico e interculturale in cui essi avvengono. L’evento speranzamette alla prova le capacità degli individui di superare i traumi che ogni cambiamento, ogni “momento di passaggio” inevitabilmente comporta. Il fatto di poter contare su un ambiente stabile, accogliente, stimolante e ricettivo è il presupposto indispensabile di un’accettabile condizione di benessere, a prescindere dalle difficoltà che possono insorgere nella vita di ogni minore e a prescindere dai compiti, anche impegnativi, con i quali egli è chiamato a confrontarsi. La discriminazione viene a configurare la permanenza del continuo ripresentarsi di quei “traumi accumulativi” conseguenti all’evento migratorio, i quali si perpetuano per più generazioni e, in alcuni casi, per sempre. Negli studi sulla migrazione infantile, viene utilizzato di frequente il concetto della “vulnerabilità”. Essa starebbe ad indicare uno stato di minore resistenza a fattori nocivi ed aggressivi che incide sul processo di sviluppo del minore provocando spesso una significativa disfunzione, un dolore intenso, un arresto o uno sviluppo minimo delle sue potenzialità.

Questa fragilità si manifesta sul piano psicologico attraverso sensibilità o debolezze, reali o latenti, immediate o differite, stagnanti o esplosive. Alcuni bambini sembrano sviluppare risorse interne straordinarie per far fronte ad eventi e sfide impreviste; hanno la capacità di attraversare eventi importanti e cambiamenti profondi mobilitando risorse per non farsi sommergere dalle difficoltà. Gli occhi dei bambini ci mostrano che non c’è futuro senza giustizia e senza pace. Dobbiamo continuamente ricordarci che il futuro appartiene ai bambini, anche a quelli che oggi sono ai margini di un sistema economico e politico-sociale, che li rende vittime. E’ a loro che deve essere indirizzato ogni nostro sforzo educativo, politico ed etico, mentre facciamo attivamente la nostra parte per costruire un mondo più giusto e equo.

Caterina Grillone

L'Autore

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