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molto prima che accada.

Rainer Maria Rilke

La svolta del Qatar, ora sostiene l’Egitto di al Sisi

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Dopo una crisi politica e diplomatica durata otto mesi, che ha diviso i paesi arabi del Golfo, il Qatar si è piegato ai diktat dell’Arabia Saudita, del Bahrein e degli Emirati Arabi Uniti scaricando i Fratelli musulmani e finendo per sostenere il nuovo corso egiziano del generale Abdel Fattah al Sisi. E’ questo in sintesi il risultato del summit che si è tenuto il 9 dicembre a Doha, in Qatar, dei capi di stato del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg). Per molti analisti arabi, come ha spiegato un editoriale del giornale “Gulf New”, già solo il fatto che il summit si sia tenuto viene considerato un successo. La riunione era in forse fino a due settimane fa, quando il re saudita Abdullah Bin Abdelaziz ha convocato nella sua capitale i capi di stati di tutti i sei paesi della regione, grazie alla mediazione del Kuwait, per firmare il cosiddetto “accordo integrativo di Riad”, che ha permesso il ritorno a Doha dell’ambasciatore del suo paese e di quelli degli altri del Golfo che otto mesi fa avevano lasciato il paese per protesta contro il sostegno offerto dal Qatar ai Fratelli musulmani.

La grande vittoria politica di al Sisi il qatar accetta il nuovo corso egiziano di Al Sisi

In quell’accordo integrativo di Riad e nel documento conclusivo del summit di ieri a Doha, l’emiro del Qatar, Sheikh Tamim, è stato costretto a fare marcia indietro sul sostegno offerto ai Fratelli musulmani, promettendo di sostenere il governo di al Sisi e di porre fine alla campagna di stampa contro il Cairo portata avanti dalla sua emittente televisiva “al Jazeera”, da quando il 3 luglio del 2013 con un golpe è stato deposto il presidente islamico Mohammed Morsi che nel suo anno di governo ha portato il paese al collasso economico e ad un forte scontro politico interno. A partire da ieri quindi tutti i paesi del Golfo, compreso il Qatar, sostengono la Road Map per il futuro stilata da al Sisi, consentendo così ai sei paesi del Golfo di ricompattarsi dietro una linea politica comune. Nelle scorse settimane infatti un altro paese della regione come gli Emirati Arabi Uniti ha stilato la lista delle 83 organizzazioni ritenute terroristiche infilandoci all’interno le sezioni dei Fratelli musulmani di quasi tutti i paesi arabi e europei.

Nasce l’ Interpol del Golfo

Nel discorso di apertura del vertice di Doha l’emiro del Qatar, Tamim, ha invitato gli altri capi di stato regionali a mettere da parte le divergenze alla luce “del pericolo che stiamo correndo a causa della minaccia del terrorismo”. Nel corso del summit i capi di stato del Golfo hanno ribadito che “non ci può essere altra soluzione per la crisi siriana che quella politica” invitando anche a ricercare una soluzione diplomatica per porre fine alla crisi sul dossier nucleare iraniano. Sul piano operativo è stata decisa la nascita di una istituzione di polizia regionale, una sorta di Interpol del Golfo, che avrà la sua sede ad Abu Dhabu, così come è stato deciso anche di dare vita a duna forza navale congiunta. Restano delusi però gli analisti sauditi perché non sono state rispettate le previsioni che volevano la nascita di un comando militare congiunto degli eserciti dei sei paesi della regione, una sorta di Nato del Golfo.

Nel documento finale si parla infatti solo di un generico “apprezzamento per i passi avanti compiuti per la realizzazione di un comando militare unificato”. Così come vengono confermati gli sforzi per “la realizzazione della proposta del re saudita Abdullah di dare vita ad una transizione dal Consiglio di cooperazione all’Unione del Golfo”, invitando i ministri a continuare a studiare questa ipotesi con l’obiettivo di dare vita ad un’Unione regionale simile all’Unione Europea.

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