La gente ha sempre dichiarato di voler creare un futuro migliore.
Non è vero. Il futuro è un vuoto che non interessa nessuno.
L'unico motivo per cui la gente vuole essere padrona del futuro
è per cambiare il passato.

Milan Kundera

#’TO OUR COUNTRIES’, LA NOSTALGIA DEL MEDIO ORIENTE IN UNA #CANZONE

0

Sorridono le bocche, rossetto rosso, conturbante. Bellissimo. Ma sono gli occhi, neri, di quel nero di cui sono fatti gli occhi delle donne del Medio Oriente, profondo, ricco di sfumature e storie, di tutte le Sharazade di tutto il mondo, a colpire. Per la loro tristezza infinita. Per quel misto di dolore e di nostalgia, che umilia chi li guarda. Eppure in quegli occhi così tristi c’è il guizzo del futuro. Faia e Rihan Younan sono donne siriane, ma vivono in Svezia, da dove con l’audacia e la semplicità dei giovani, con la loro voglia di mordere il futuro, hanno cantato la nostalgia e il dolore per il proprio paese. Per tutti i paesi del Medio Oriente e del nord Africa, violentati da molte guerre, che finiscono per essere la stessa guerra, senza fine. “To our countries”, “ai nostri paesi”, che sono la Siria, l’Iraq, il Libano, ma anche la Palestina.

[tentblogger-youtube 4GO52i0xui8]

To our countries

“Ai nostri paesi” canta Rihan, con una voce che fa tremare le vene per la commozione. Mentre Faia racconta la tragedia che ogni giorno percepiamo, seppure a fatica, troppo lontani da quello strazio infinito e desolante che è una vera e propria terza guerra mondiale, come non ha mancato di sottolineare Papa Francesco. “Siria, 3 anni di più di folle e illogica guerra. Tre anni nei quali le anime, i cuori e le menti sono state distrutte, una guerra inconcepibile, che ha ucciso, dilaniato, nella quale i bambini e le donne sono stati resi schiavi, una guerra che ha ridotto la mia terra madre ad un unico pianto, una guerra che ha reso esausti gli uomini e della quale non conosceremo mai l’inizio, una guerra di cui sogniamo la fine”. “…e in Iraq, dove c’è stata una guerra di liberazione per più di 10 anni, una liberazione dall’ingiustizia, dall’oppressione e dalla tirannia, che è avvenuta però portando una tirannia, una ingiustizia e una oppressione ancora più grande. Una liberazione nella quale tutta la popolazione del paese è stata espulsa. Una liberazione che ha diviso ciò che già era diviso, che ha rotto ciò che già era rotto. Una liberazione che ha distrutto le case, che ha ucciso l’umanità della mia madre terra”.

La sofferenza del Libano 

Rihan Younan

Rihan Younan

Continua il lamento, senza pietà per chi lo ascolta. Le bocche rosse delle due giovani donne accennano un sorriso. Ma gli occhi neri nascondono le lacrime del pianto, le lacrime dei popoli violentati. “Nei 40 anni passati – racconta Faia – il Libano e la sua popolazione ha sofferto ogni tipo di guerra. Una guerra civile, una religiosa, una segregazione, una terribile invasione. Una terra che ha pagato l’instabilità regionale e i compromessi internazionali. Quarant’anni che hanno lasciato nel piccolo Libano una grande cicatrice e lotte quotidiane immense; 40 anni di dolore. Un dolore in molti casi resistente e silenzioso”.

Palestina. La bussola che dirige tutte le cause

“Palestina. La bussola che dirige tutte le cause – canta Rihan -. La più grande e la più antica di tutte. Più di 60 anni di violazioni e l’urlo delle generazioni testimoni dell’illogico passato, delle barbarie dell’oggi e della paura del futuro. Espulsioni, abusi e deprivazioni del diritto di cittadinanza e di residenza, negazione della terra. Più di 60 anni nei quali la geografia gradualmente si è disgregata così che i confini potessero essere ridisegnati. Confini che hanno penetrato i cuori e le menti. Confini che si rifiutano di essere fusi, così si aggrappano alla storia e al futuro. Confini che creano una resistenza presente e una popolazione con una forza di volontà per una esistenza viva e duratura”.

Il Medio Oriente esule in Svezia

Il Medio Oriente brucia e i giovani siriani, iracheni, palestinesi e libanesi, di seconda generazione, ma pur sempre esuli, in Svezia, ma potrebbe benissimo essere in qualunque altro paese del nord del mondo, affidano ad un video su youtube il desiderio comune di pace. La loro è una preghiera laica, che, con la dolcezza della nostalgia e la semplicità del racconto, mette a nudo la realtà della guerra, che è puzza di merda e di morte, violenza e privazione della dignità. La ascolti e il lamento delle donne siriane diventa canto, si fa racconto, bocca e occhi, carne e sogno, preghiera. Si fa inno alla vita e al futuro. Il futuro racchiuso in quell’“I will”, che è coraggio e audacia, utopia e speranza. “Patria mia io ti vedrò salva e prosperosa, trionfante e piena di dignità. Sì, io ti vedrò così. Sì, ci riuscirò. I will…”. “I will” canta la bocca rossa, lo canta con così tanta convinzione che gli occhi neri per un istante ci credono davvero. “I will…”

Letizia Magnani

L'Autore

Lascia un commento