"Tutto è fatto per il futuro, andate avanti con coraggio".

Pietro Barilla

I ‘non-luoghi’, i nuovi spazi di sostegno e creativitá

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Erano ‘non-luoghi’, adesso sono spazi funzionali alle necessità di associazioni no-profit o di promozione culturale. Sono le stazioni dimenticate. Quelle piccole stazioni ferroviarie non più presenziate nemmeno da un bigliettaio a causa delle politiche di riduzione dei costi che qualsiasi buona azienda, Ferrovie comprese, si è imposta in questi tempi di austerity imperante. A fine anni ’90 qualcuno le avrebbe definite ‘non-luoghi’, seguendo quanto aveva teorizzato il sociologo francese Marc Augé nel 1992, nel suo libro ‘Non-lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité’, tradotto in italiano nel 1996, con il titolo ‘Nonluoghi’.

I ‘non-luoghi’

Un ‘non-luogo’, secondo Augé, sono per esempio le stazioni ferroviarie o gli aeroporti, spazi costruiti per un fine ben specifico (solitamente di trasporto, transito, commercio, tempo libero e svago) in cui il rapporto che viene a crearsi fra gli individui e quegli stessi spazi è un rapporto tutto sommato destinato all’anonimato. Spazi di nessuno, perché nessuno li abita veramente e tutti allo stesso tempo li abitano. Spazi in cui al diminuire della presenza umana aumenta esponenzialmente il rischio di vandalismo e di delinquenza. E qui dove la tecnologia ha ovviamente sostituito la presenza umana di un operatore di biglietteria, potrebbe essere utile avere attività, iniziative e flusso di gente al fine di mantenere il decoro di questi spazi e allo stesso tempo per consentire a tutti coloro che operano a fini sociali di poter avere una sede in cui operare.

Comodato d’uso gratuito per ridare voce ai luoghi abbandonati

vecchie ferroviePer ovviare a tutto questo, Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), intelligentemente, ha avviato un progetto in cui tutti questi spazi vengono dati in concessione in comodato d’uso gratuito ad associazioni di promozione sociale e turistica, gruppi di protezione civile, pro-loco, Croce Rossa oppure enti che assistono i poveri. Come spiega il sito delle Ferrovie, quelli che si vanno a stabilire tra le parti sono “contratti di comodato d’uso gratuito, (come definiti all’art. 1803 del Codice Civile), con Enti Locali o associazioni no profit. Tali contratti prevedono la cessione dei locali di stazione non più funzionali all’esercizio ferroviario per destinarli ad attività sociali, culturali, di assistenza (tra cui, ad esempio, esposizioni artistiche, accoglienza turistica, ludoteca, riunioni di quartiere, protezione civile, vigili urbani, assistenza ai disagiati, pro-loco, etc.)”.

I nuovi volti delle vecchie stazioni

Queste informazioni si trovano nel sito delle Ferrovie, nella sezione ‘Impegno’ e successivamente cliccando in quella ‘Per le persone’. E significativi sono alcuni degli utilizzi che a queste stazioni abbandonate sono stati dati. La stazione di Ronciglione (Viterbo), per esempio, è diventata una casa di accoglienza per famiglie con bambini affetti da tumore. La nuova struttura è stata predisposta in maniera tale da mettere a disposizione dei bambini giochi e spazi idonei per le attività didattiche studiate per ogni diversa fascia di età. Quella di Castellucchio (Mantova), invece, è stata riqualificata per svolgervi attività di sostegno e formazione per portatori di handicap medio-gravi che non hanno trovato assistenza nelle strutture pubbliche o private ed essi dedicate.

Le esperienze italiane di comodato

Le prime richieste di comodato risalgono agli anni ’90, ma recentemente Rfi ha deciso di mettere questo progetto a sistema. Ma in Italia esistono forme di ‘affitto’ delle stazioni anche oltre l’esperienza di Rfi. Lungo la Circumvesuviana di Napoli, ad esempio, le stazioni sono state ‘affittate’ agli studenti per programmi creativi. Il progetto, valido per l’anno scolastico 2009-2010, vedeva come protagonisti gli alunni  dai 9  ai 13 anni in varie attività da definire con i docenti. Le stazioni, in questo modo, sono diventate, almeno per un anno, il prolungamento delle scuole e all’interno dei loro spazi i ragazzi hanno potuto organizzare attività didattiche, mostre ed eventi in genere. Nel progetto sono state coinvolte tutte le 23 stazioni della Circumvesuviana, includendo anche quelle che ricadono nei confini geografici delle altre province campane, ‘abbinando’ ad ognuna di essa una scuola.

Parigi e la moda delle stazioni in affitto

Guardando fuori confine, arriviamo a Parigi, dove sembra andare parecchio questa moda delle stazioni in affitto. Trattasi di quelle della Metro in questo caso. Nathalie Kosciusko-Morizet, candidato sindaco per l’Ump (partito politico di centrodestra dell’ex presidente Nicolas Sarkozy) aveva inserito nel suo programma il recupero e la trasformazione delle stazioni della metro. Le stazioni fantasma di Parigi, nei suoi intenti, potrebbero essere trasformate in piscine, ristoranti, teatri e discoteche. Spazi abbandonati che vengono riadattati e messi a disposizione di attività commerciali. Nel frattempo ha vinto le elezioni Anne Hidalgo, che però sembra avere più interesse per i primi piani in cristallo della Torre Eiffel.

Trecentoquarantacinque le stazioni italiane coinvolte

In Italia, intanto, valorizziamo le piccole stazioni con progetti concreti che mirano al sociale. Oggi sono 345 le stazioni coinvolte nel progetto di Rfi. Talvolta in ciascuna è attivo anche più di un comodato. Finora sono stati firmati 540 accordi per un totale di 64mila metri quadri di immobili di Rfi affidati a soggetti terzi che ne hanno fatto richiesta. Il valore complessivo di essi si aggira intorno ai 120 milioni di euro. Nella lunga provincia italiana, fatta di tante zone remote e mal collegate con il resto del Paese, la riqualificazione di spazi pubblici sparsi un po’ ovunque come le stazioni ferroviarie ha un valore enorme in termini sociali, culturali e comunitari, perché rompe l’isolamento e trasforma questa miriade di non-luoghi in spazi a disposizione di tutti e vissuti, sanamente, da tutti. Per chi si volesse fare avanti, insomma, è il momento giusto. E non abbiate paura, stavolta non c’è nessun Totò dietro l’angolo.

Marco Bennici

L'Autore

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