«Lei sogna di ..far tredici? » Ma lo farà sicuro!

Gianni Rodari

TRIBUNALE DI MILANO: SICUREZZA, TALLONE D’ACHILLE D’ITALIA

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Di un caso di cronaca, appena è successo, ce ne impadroniamo tutti: i giornalisti, prima; i lettori, poi, specie quelli che, come i nostri, non si accontentano di verità pre-masticate. Ognuno ha un approccio interpretativo individuale, distillato dal portato delle proprie esperienze. I fatti nudi e crudi sono usati come una coperta ed ognuno la tira non solo a sostegno delle proprie tesi sull’universo e dintorni ma anche per combattere le proprie battaglie. Rappresenta un’occasione da cavalcare, una suggestione da diffondere, sì da far sparire solo sullo sfondo gli avvenimenti. Così è avvenuto, ancora una volta, nel caso della strage perpetrata al Palazzo di Giustizia di Milano. Un uomo, Claudio Giardiello, 57 anni, trasferitosi al Nord molti anni orsono dalla natia Benevento, dando mostra di una capacità di pianificazione – che, se applicata ai suoi affari, forse gli avrebbe evitato la catena di fallimenti di cui si è reso protagonista – ha fatto irruzione in un’aula del terzo piano del Tribunale ed ha sparato per tredici volte, uccidendo un giudice, un avvocato, il suo ex socio.

La follia di Giardiello

Voleva colpire loro, e proprio loro: ovvero, coloro che, nella sua mente distorta, erano i responsabili di quella che lui stesso riteneva la sua mala sorte, considerandosi vittima di un accanimento giudiziario e dei colpi bassi dei expo milanoconsoci. Aveva allestito un proprio Tribunale interiore, condannandoli alla pena capitale. Dopo i fatti, molte le voci che si sono levate a commento, a compianto, a memento. E molte appaiono le visioni di coloro che si sono aggrappati all’evento per sostenere tutt’altro, a proprio uso e consumo mediatico: ad esempio, l’esistenza di una presunta campagna persecutoria contro la magistratura; lo sviluppo di una sindrome da crisi che quasi giustifica i raptus omicidi e spiega quelli suicidi; le solite idee complottiste che interpretano i fatti alla luce di misteriose azioni di entità segrete: la Trilaterale, la ‘Pqualcosa’, gli aderenti al club Bilderberg, o i servizi segreti a gogò. Poiché avvocati o ex soci, come categorie, hanno minor fascino per i rappresentanti dei media – il ponte per arrivare all’opinione pubblica –, l’inconsulta azione di Giardiello non ha suscitato altrettante suggestive ipotesi stragiste rispetto a queste altre due categorie. Per quanto riguarda le prime reazioni immediatamente dopo ii fatti, diffusa è stata quella di collegarli con l’incombente inaugurazione dell’Expo (considerazione a latere: mancheranno sia il Presidente Sergio Mattarella sia il Sommo Pontefice: il che, lavorando della deprecata dietrologia, potrebbe essere un loro messaggio di repellenza etica rispetto agli episodi di corruttela che si scoprono legati all’evento). Alcune reazioni risultano persino paradossali, vista la gravità del fatto di sangue: metaforicamente, parevano governate dallo stesso meccanismo mentale di chi rinnega una figlia adolescente rimasta incinta perché lede il buon nome della famiglia.

In Italia sicurezza impalpabile

tribunale milanoI veri punti focali della questione sono altri: ad esempio, la sicurezza che in Italia appare come un concetto ondivago. Mai un giusto mezzo. O si ha la percezione di trovarsi di fronte ad un bunker (che la conoscenza giusta, il tesserino ‘amico’, persino una certa assertività nel proporsi riescono a penetrare); oppure, come nel caso del Tribunale di Milano, di entrare in un vero e proprio colabrodo che, anche la migliore forza di volontà delle forze dell’Ordine, rende difficilmente difendibile. Mi è capitato di leggere su FB l’esperienza di un’amica (una persona che conosco anche nella vita reale e non una conoscenza solo virtuale) che si è trovata, nell’atrio della Stazione Termini, accerchiata da una squadra di donne (non scrivo l’etnia, nel timore di essere cancellata come Matteo Salvini, che, pero, generalizzando, ‘usa’ certe argomentazioni solo per captare preferenze politiche) e di ritrovarsi assolutamente indifesa, giacché non si vedevano all’orizzonte né rappresentanti delle Forze dell’Ordine né guardie giurate, che pur prestano servizio nell’infrastruttura.

Spending review sulla nostra pelle

Questo è un capitolo che dà reali motivi di preoccupazione: ovvero dell’inadeguatezza del dispiegamento di agenti di polizia o di carabinieri utili a prevenire i crimini. Ciò non per colpa dei singoli, bensì per motivi strategici, dipendenti dalla spending review. Mi confermava oggi un agente di polizia di Mazarino (CL), in vacanza a Roma e incontrato casualmente alla fermata del bus, che a loro succede anche che manchino i soldi per far girare le volanti; che ci sono pochi uomini e spremuti come limoni per turni massacranti, visto che dalle loro parti c’è tutto lo stato d’allerta scaturente dall’installazione delle antenne della base MUOS a Niscemi e dalla sommossa popolare sempre serpeggiante.
Ma torniamo al Palazzo di Giustizia di Milano ed ai fatti di ieri: dopo la strage, sono venute in luce le falle nella sorveglianza che l’introduzione abusiva del pluri-assassino ha evidenziato; di quel metal detector fuori uso da mesi e mesi; della ‘distrazione’ di non aver almeno sospeso il porto d’armi a Giardiello, comunque personaggio con una fedina penale non limpida. Allora sì, si evidenziano i potenziali rischi insiti nell’Expo (pare che la società di vigilanza sia la stessa per questo grande evento e per il Palazzo di Giustizia: bizzarria della sorte?): e non per il danno d’immagine emergente dal fatto delittuoso, bensì per la dimostrazione che il re è nudo e che si ha una concezione della sicurezza piuttosto rilassata. Certo, la sede dell’Expo, ora, non deve trasformarsi nel Pentagono, ma almeno, quest’orribile delitto potrebbe spronare ad una maggiore sorveglianza e a essere meno fiduciosi nello Stellone d’Italia.
Invece, stiamo assistendo alla solita pantomima della chiusura della stalla dopo che i buoi sono scappati e delle prefiche che piangono i poveri, inconsapevoli morti. Insomma, a fatti stiamo davvero a zero.

Annamaria Barbato Ricci

L'Autore

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