Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

Un demografo italiano a Gerusalemme. Intervista di FQ a Sergio Della Pergola

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universitàPoche volte si ha la fortuna di parlare con persone che spiegano un argomento tanto difficile e complesso in maniera lineare e semplice. Sarà perché Sergio Della Pergola, Professore di demografia all’Università di Gerusalemme, è da anni nel settore ed ha studiato costantemente e seriamente il problema demografico e il flusso migratorio ebraico. “La raccolta dei dati è molto penosa e faticosa, per dare un quadro della situazione bisogna lavorare su centinaia e centinaia di fonti diverse, creare questo mosaico e cercare di dare coerenza alle definizioni e alle qualità dei dati. Questo lavoro certosino lo faccio da moltissimi anni.” Della Pergola è nato a ridosso della guerra, ha passato due anni in Svizzera, la famiglia perseguitata dai fascisti, il padre Massimo della Pergola, giornalista sportivo, inventore del Totocalcio, internato in un campo di lavoro – sorride nel ricordarlo: “ebbe questa idea geniale mentre si trovava ai lavori forzati in Svizzera. Ritornato in Italia a Milano, nel maggio 1946, ecco la prima schedina, riuscì ad organizzare la società Sisal e a lanciare questo concorso. Dopo alcune settimane molto stentate divenne popolare, una vera febbre, e il governo italiano vi vide una miniera d’oro; il sottosegretario allo sport Andreotti nazionalizzò il concorso” -. Finita la guerra, molto attivo nel fronte studentesco e in politica giovanile, Della Pergola laureatosi in scienze politiche a Pavia nel 1966, con una piccola borsa di studio si è trasferito in Israele, “è stata si può dire una scelta” ; ha condiviso una stanza alla casa dello studente con uno studente arabo con cui aveva “un ottimo rapporto”, ed è entrato all’università nel 1968.

Professore tra i più stimati, per molti anni è stato nominato direttore dell’istituto che si occupa delle ricerche sulle comunità contemporanee “Abbiamo una struttura universitaria molto capace che studia diversi aspetti delle comunità ebraiche nel mondo e io in particolare mi occupo di demografia e ho tirato su bravi assistenti, formando un gruppo di lavoro di persone competenti più giovani e meno giovani”. Ma fondamentale nello studio della diaspora ebraica è avere delle buone relazioni nei diversi paesi del mondo: “sono fortunatamente noto per aver lavorato seriamente ed ho creato molte buone relazioni , viaggiando in tutti paesi del mondo in cui ci sono comunità ebraiche; si tratta di creare una rete di colleghi. Poi ogni paese ha le proprie fonti, alcuni hanno dei censimenti, altri ricerche svolte da enti privati o pubblici.” In questi ultimi anni spiega che vi è stato un flusso migratorio importante di ebrei da Italia, Francia, Belgio, Ungheria. “Non è una drammatica emigrazione di massa come qualcuno ha voluto descrivere, ma migliaia di persone che arrivano annualmente”. I motivi sono diversi e con un progetto finanziato dall’ UE si è cercato di capire quali sono le percezioni della popolazione ebraica europea. “Il risultato di questa ricerca è interessante e preoccupante : la grande maggioranza degli ebrei in Europa percepisce il forte incremento di del fenomeno di antisemitismo, che non è isolato, ma fa parte di un fenomeno molto più ampio di razzismo, di intolleranza religiosa, di xenofobia. Non si tratta di aver subito affronti, attacchi o discriminazione, ma l’inquietudine è molto diffusa. La delegittimazione di Israele, il revisionismo nei confronti dell’olocausto, le forme di antisemitismo classiche secondo cui gli ebrei sono troppo potenti e detengono il controllo di stampa, banche, economia, creano un senso di forte disagio.

Alcune persone combattono con strumenti politici, con pubblicistica e altri modi, altre, non ritrovandosi più bene nel loro paese, preferiscono andare altrove. Ed in Israele molti hanno famiglia, parenti, amici – risultato di immigrazioni degli anni precedenti – e non è difficile integrarsi in un ambiente che non è del tutto estraneo; c’è un certo senso affettivo al di là di quello che potrebbe essere la politica, su cui hanno idee anche diverse. Il governo e le istituzioni sono abbastanza attente a queste cose e cercano di combatterle, ma se si fa una attenta analisi di quello che si dice nei mezzi di comunicazione, televisione, stampa o internet, esistono fenomeni molto incresciosi e si può capire la reazione da parte della comunità ebraica”. C’è una presentazione molto negativa di Israele, “un antisemitismo mescolato a anti-israelismo”. L’immigrazione arriva di solito da paesi dell’Europa orientale, da paesi più poveri o da paesi con regimi meno democratici come la Russia o l’Ucraina e in passato l’Etiopia. “Israele riceve emigrati da tutti i paesi del mondo, ma nel 2014 la Francia ha avuto il primato, e poi l’Italia e il Belgio, questo anche per la crisi economica che da alcuni anni attanaglia l’Europa. E l’immigrazione è soprattutto verso il centro dell’economia di Israele, Tel Aviv, un enorme agglomerato urbano con molti comuni e municipi, con quasi tre milioni di persone; ma anche a Gerusalemme, la capitale e la città più culturale, poi ad Haifa e nelle città del sud”.

La forte maggioranza è una immigrazione di famiglie ebraiche, molte fra l’altro anche con membri non ebrei, ma hanno lo stesso diritto di immigrare e di avere la cittadinanza israeliana se lo richiedono. Anche se la politica di Israele è di privilegiare l’immigrazione ebraica, una supposta scelta ideologica, ora arrivano lavoratori stranieri con contratti stagionali, una certa immigrazione illegale, cioè persone che scaduto il visto continuano a lavorare sotterraneamente, e negli ultimi anni un discreto afflusso di profughi dall’Africa soprattutto dall’Eritrea o dal Sudan, perseguitati nei loro paesi e che cercano di avere un rifugio politico e migliorare la loro situazione economica. Quando gli si chiede che cosa pensa della Comunità ebraica italiana e che rapporto vi sia con Israele, Della Pergola sottolinea come l’opinione pubblica italiana non debba sottovalutare il forte legame affettivo intimo (che poi esiste in tutti paesi della diaspora ebraica) fra l’Italia ebraica ed Israele. “ l’ebraismo italiano ha finito per riflettere quelle che sono anche le divisioni politiche della società in Israele, che ha una democrazia con in parlamento ben dodici partiti con idee molto contrapposte. Diverse opinioni che esistono in Israele sui temi principali le troviamo anche sulla stampa italiana; ma va ricordato che il dibattito intellettuale, culturale, politico, in televisione o radio si svolge in ebraico e quindi chi vuole partecipare al dibattito deve capire e leggere anche le sfumature, le allusioni; ma fra molti dei corrispondenti della stampa italiana questa finezza manca.

Resta il fatto che c’è un forte interesse appassionato e sincero con tutte le differenze di opinione. Chi parla in maniera difensiva chi invece in maniera negativa, ma sicuramente non indifferente”. Sergio Della PergolaNon si poteva tralasciare poi di domandargli il suo rapporto con Rav Toaff con cui ha avuto il privilegio di un legame stretto, era suo suocero. Della Pergola ne parla in maniera affettuosa e di rispetto. La consapevolezza di “ una figura storica e impareggiabile”; “è stato l’ultimo grande leader dell’ebraismo italiano e forse europeo”, “ con il suo passaggio finisce una intera generazione”. Una figura che si ergeva al di sopra degli altri: “sia per la sua vita personale che lo ha fatto protagonista di grandi esperienze storiche” – Rav Toaff si è trovato in mezzo al fascismo, al nazismo, alla Resistenza, durante la ricostruzione dell’Italia dopo la II guerra mondiale e dell’Italia ebraica in particolare. È stato Rabbino di Roma, quindi con una posizione più sensibile di fronte alle autorità italiane, ha avuto il confronto con il papato, non si dimentica il grande incontro con il Papa nel 1986. Infine il suo legame molto forte con Israele in cui era molto rispettato -, “sia perché aveva saputo coagulare intorno a sé persone molto diverse: è stato il catalizzatore di un consenso e questa è la più grande dote del leader, quello di esser capace di stare al di sopra delle parti. Non il leader di una fazione, ma il leader di tutti: una qualità impareggiabile che pochissimi hanno”. Al funerale erano presenti il capo dello Stato, il primo ministro, i presidenti della Camera e del Senato, dirigenti militari; ma anche persone più umili e più semplici: tutti commossi. “Raggiungere il più alto ma anche il più umile, è la qualità unica di quest’uomo che ne fa una grande figura del XX secolo. È molto difficile raccoglierne l’eredità”.

Stefania Miccolis

L'Autore

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