Che ognuno avrà il futuro che si conquisterà.

Gianni Rodari

VINITALY. LA VITTORIA DEL VINO ITALIANO E’ ALL’ESTERO

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Un fatturato pari a 9,4 miliardi di euro, di cui 5,1 dedicati all’esportazione. Sono questi i numeri, secondo Coldiretti, che ci parlano dell’andamento del nostro vino nel 2014. Il panorama che emerge allora a Vinitaly, la fiera veronese dedicata al settore vinicolo, in cui sono presenti, dal 22 al 25 marzo, 4 mila aziende provenienti da 24 diversi paesi, è quello di una produzione del “bianco” e del “rosso” che attira molto i mercati stranieri, in special modo quelli asiatici e statunitensi. Il fatturato interno invece subisce dei rallentamenti, non riuscendo ad oltrepassare la soglia dei 4,3 miliardi di euro. Perchè? Tra le principali cause una burocazia eccessiva. A fare il punto sul settore è Gianfelice d’Alfonso del Sordo, amministratore dell’azienda d’Alfonso del Sordo e consigliere del Movimento Turismo Vino Puglia, che FUTURO QUOTIDIANO ha intervistato.

I dati della Coldiretti parlano di un settore vinicolo italiano che registra i suoi migliori numeri all’estero, perché secondo lei? Possiamo dire che la crisi ha toccato anche questo settore?

Gianfelice d’Alfonso del Sordo

Gianfelice d’Alfonso del Sordo

La crisi ha messo in atto un meccanismo virtuoso per cui tutte le aziende hanno aperto nuovi mercati e questo non è un fattore negativo perché conferma la tendenza del made in Italy a livello internazionale. Essendo comunque una crisi strutturale bisognerà attendere ancora qualche anno ma sicuramente i consumi riprenderanno.

Rimanendo in ambito internazionale, quali sono i paesi stranieri maggiormente legati al consumo del nostro vino?

Sicuramente gli Stati Uniti e i paesi asiatici, come il Giappone, la Cina o la Corea, che hanno una venerazione per i marchi italiani. Mentre  i nostri competitor  sono in primis Spagna e Francia. A livello di prezzi però anche i paesi del nuovo mondo: Argentina e Cile.

Possiamo dire che in Italia ci sono troppi marchi legati al mercato vinicolo?

Sì assolutamente. Anzi direi che questo è il punto nodale del fatto che non si riesca  ancora a creare quello sviluppo organico del settore vinicolo a livello internazionale ma si continua ad andare a macchia di leopardo. Ci sono tante, troppe piccole aziende, e non ce n’è nessuna invece capace di fare da collettore. In Spagna lo hanno capito.

Come orientarsi allora in questa giungla di brand ?

vinoA mio avviso il consumatore italiano ultimamente è orientato in maniera abbastanza squilibrata verso il fattore prezzo. Ci sono però degli sforzi legati alla comunicazione del territorio, fattore per me molto importante; il territorio infatti più evoca ricordi e storia e più fa da traino al prodotto vino. Questo dato lo possiamo constatare dal fatto che l’enoturismo è un settore che sta crescendo molto.

Lei ha parlato di uno squilibrio nel prezzo del vino italiano, potrebbe spiegarci meglio?

E’ una variabile non controllabile perché ogni produttore dà un prezzo al suo prodotto che spesso però è scollegato dalle dinamiche commerciali; tanto che poi alcuni di questi vengono definiti fuori prezzo perché il rapporto con la qualità del prodotto non giustifica la cifra con il quale viene immesso nel mercato. L’elemento determinante è invece proprio il rapporto prezzo-qualità. Il vino non deve essere irraggiungibile anche perché non dobbiamo dimenticarci che spesso è un prodotto di uso quotidiano.

Come si sta muovendo il governo su questo fronte? Il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha presentato proprio al Vinitaly il Testo unico del vino e il registro unico dei controlli, che dovrebbero vedere la luce entro la fine del 2015. Sono questi, secondo lei, fattori che potrebbero aiutare il settore del vino italiano?

Il governo sta muovendo i primi passi in questo mercato anche se c’è del disordine dato che le iniziative non vanno tutte nel senso unico di alleggerire il settore; c’è un’eccessiva burocratizzazione. Il vino ha una quantità di adempimenti burocratici che non giustificano poi la redditività dello stesso prodotto. Abbiamo bisogno quindi di una serie di organizzazioni amministrative notevoli. Il governo ha promesso un alleggerimento di queste ma adesso ci aspettiamo la loro effettiva attuazione. Anche il Testo unico sul vino e il registro unico dei controlli, che dovrebbe consistere in una concentrazione dei controlli appunto, dal registro di campagna al fascicolo aziendale, e di tutto quello che riguarda diciamo la tracciabilità del prodotto, fatto inoltre in maniera telematica proprio per alleggerire quella eccessiva burocratizzazione di cui ho appena parlato, potrebbero andare a vantaggio della produzione vinicola, aspetto però di avere maggiori dettagli prima di sbilanciarmi.

La Coldiretti, nel suo stand a Vinitaly, ha allestito anche l’angolo del vino ‘tarocco’; è questo un fenomeno in crescita e di cui la nostra produzione dovrebbe temere?

logo-vinitaly-fullSì ma solo in alcuni mercati perché non è un fenomeno diffusissimo su tutti i territori. Sui nuovi mercati emergenti, quello asiatico soprattutto, c’è un’estensione che può essere a tratti preoccupante; questo riguarda comunque i marchi più famosi del vino italiano, le denominazioni più note che per questo possono attirare maggiormente il consumatore.

Anche in America però il fenomeno di contraffazione è diffuso

E’ vero ma in maniera differente. E’ detto anche ‘italian sounding’ nel senso che si ricorre a degli escamotage, cambiando il nome dei prodotti per avvicinarli a quelli realmente italiani. Lì però un consumatore un po’ più attento riesce a vedere l’inganno.

Sara Pizzei

L'Autore

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