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Gianni Rodari

Yemen: 3 mila donne nelle prigioni Houthi

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Appello USA per porre fine alle pratiche scorrette e a rispettare i diritti dei detenuti

Un centro per i diritti umani ha rivelato che 3.000 donne detenute nella prigione centrale della capitale yemenita, Sana’a, che è sotto il controllo della milizia Houthi, sono state oggetto di gravi violazioni e viene impedito loro di ricevere visite e comunicazioni con le loro famiglie, parenti e avvocati.

L’American Center for Justice (ACJ) ha dichiarato, in una nota, giovedì 12 maggio, di aver ricevuto un appello dall’interno del Dipartimento centrale della capitale, Sana’a, in merito al rifiuto delle visite e di consentire comunicazioni con le famiglie, parenti e avvocati da parte degli Houthi ai danni delle detenute.

Ha sottolineato che ai detenuti è vietato incontrarsi con le organizzazioni e gli organismi che visitano il carcere, per vedere le condizioni di tutti in generale e delle detenute in particolare, e ricevono anche minacce di punizione o addirittura di reclusione.

I detenuti sono oggetto di maltrattamenti simili alla schiavitù, come si legge nella lettera appello, e sono soggetti alle pene più severe e non legalmente giustificate.

Ha anche sottolineato che sono oggetto di diffamazione, in quanto le loro famiglie ricevono notizie errate su di loro per spingerle ad abbandonare le figlie e a smettere di sostenerle o addirittura di visitarle, e questo è già successo a diverse famiglie mentre le madri sono state private dei loro figli.

Umm al-Karar, la direttrice degli Houthi della sezione delle detenute donne, da quando ha assunto questa posizione, ha adottato una serie di misure arbitrarie contro le detenute, incluso quello di impedire loro di usare il telefono per comunicare con i loro parenti o avvocati tranne una volta alla settimana per un periodo di soli cinque minuti.

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