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Gianni Rodari

La Catalogna può attendere

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Ci vorranno mesi, forse anni prima che la Corte Costituzionale spagnola arrivi a un pronunciamento sul ricorso presentato oggi da Madrid contro la convocazione per il 9 novembre del referendum sull’indipendenza della Catalogna annunciata sabato scorso dal governatore della regione Artu Mas. Il verdetto finale richiede tempi lunghi anche se i giudici esamineranno le carte già questa settimana. Il premier Mariano Rajoy ha usato parole durissime nei confronti del governatore catalano, accusandolo di avere assunto “decisioni unilaterali fino a un punto di non ritorno per obbligare gli altri ad accettarle senza discutere”. Così non sarà, ha aggiunto. Né si prospetta l’ipotesi che Barcellona possa ottenere maggiori poteri in cambio di una frenata al sogno autonomista come ha fatto Londra con la Scozia. Anche se il premier ha dichiarato di essere pronto ad avviare colloqui.

“La nostra Costituzione –ha ricordato Rajoy, al termine di un consiglio dei ministri convocato in forma straordinario proprio per rispondere all’annuncio arrivato dalla Catalogna- è basata sull’indissolubilità dello stato spagnolo e se anche potrà essere in futuro emendata, per ora il governo deve difenderla”. Ma Barcellona continua dritta sulla sua via, senza ripensamenti e sta già preparando le urne. Forte si essere già abbondantemente autonoma e ricca. I suoi 7,6 milioni di abitanti producono un pil che pesa per un quinto sulla bilancia nazionale.

Ma cosa dicono i sondaggi? Alcuni danno per certa la vittoria ai sostenitori dell’indipendenza con oltre il 58%, altri invece sostengono che la situazione è simile a quella scozzese e cioè sul filo del rasoio per i due schieramenti.

 

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