Nei giorni dell’allarme lanciato dal coordinatore antiterrorismo Ue, Gilles De Kerchove, secondo cui l’Europa potrebbe trovarsi a dover fronteggiare l’imminente esodo dei jihadisti da Siria e Iraq, i volontari di Solidaritè Identitès, accompagnati dai membri della Comunità siriana in Italia, sono arrivati a Damasco per portare aiuti umanitari alla popolazione. Elena Barlozzari, che fa parte della missione, racconterà su Futuro Quotidiano che cosa sta accadendo in Siria ma anche la quotidianità che si respira tra le strade di questa regione, martoriata da una guerra civile che dura da due anni, e gli aspetti culturali e sociali meno tracciati sui media.
Qui vedremo per la prima volta Assad. Raffigurato all’ingresso e poi più volte in ognuna delle stanze che ci troviamo ad attraversare. Ci abitueremo solo in seguito alla onnipresenza del leader, non c’è angolo di strada o vetrina damascena che ne sia sprovvista. Così inizia il nostro viaggio in Siria, a luci spente, perché qui si raziona tutto. In particolar modo la corrente elettrica, dal 30 settembre scorso, giorno dell’attentato al gasdotto principale che serve la centrale elettrica di Damasco, la luce arriva col contagocce. È ora di rimontare e raggiungere la Capitale. L’impatto è visivo e uditivo. Il rumore sordo dei colpi di mortaio incornicia il monte. Il monte Kassiun, dove l’esercito siriano difende la città con la sua massiccia artiglieria, osserva dall’alto il nostro convoglio che si avventura nei quartieri nuovi. Anche qui campeggiano gigantografie del presidente Assad tra check point, fortini, sacchi di sabbia e mezzi militari. In questa zona, la più benestante, il controllo delle strade è prevalentemente affidato alle milizie volontarie. Visi giovani, barbuti. Indossano la mimetica e per difendere la città non vengono pagati. Il loro servizio è assolutamente volontario e la loro presenza, capillare, permette ai damasceni di andare in giro tranquilli.