Biram Dah Abeid, l’attivista mauritano che si batte contro la schiavitù e il trionfo della libertà è stato eletto deputato al primo turno delle elezioni che si sono tenute nel suo paese il primo settembre. Ce l’ha fatta a raccogliere i voti necessari per entrare nell’assemblea legislativa, nonstante il regime del presidente Mohamed Ould Abdel Aziz gli abbia impedito di fare campagna elettorale. All’alba del 7 agosto scorso, il leader africano era stato infatti arrestato con l’accusa di aver minacciato due mesi prima un giornalista. Da allora Biram non è ancora uscito dal carcere, nè è stato sottoposto a processo. Il Grande Oriente d’Italia, la più numerosa e antica obbedienza massonica lo aveva invitato a raccontare delle sue battaglie pacifiste in occasione delle tradizionali celebrazioni del XX Settembre. Al suo posto, sul palco del Vascello, è stata simbolicamente lasciata una sedia vuota. Ma a denunciare il caso di Dah Abeid e la drammatica situazione in cui versa una parte della popolazione mauritana è stato Yacub Djiarra, numero due del movimento fondato da Biram (Ira, Iniziativa di rinascita contro la schiavitù).
Non è la prima volta, ha riferito Diarra al microfono del Grande Oriente, che Biram finisce dietro le sbarre. L’ultima è rimasto in carcere per quasi due anni: da novembre 2014 a maggio 2016, in condizioni di salute gravi nella prigione di Aleg, colpevole di aver organizzato una manifestazione definita non autorizzata dal governo. “Anche io sono stato arrestato una volta – ha raccontato l’attivista – e nella città di Zouerate, dove ero candidato per l’Ira, mi è stato impedito di votare, perché a detta del personale amministrativo non potevo avere la tessera elettorale. Se fosse successo a un cittadino qualunque avrebbe anche potuto essere un errore, ma nel mio caso sembra evidente che si tratta di un’operazione politica. Oggi sono qui e chiedo il vostro aiuto. Abbiamo più che mai bisogno del sostegno del mondo libero, perché il mondo libero conosce il valore della libertà. Ho letto molte cose su Giuseppe Garibaldi – ha aggiunto –e ho parlato con il Gran Maestro Stefano Bisi”.
Ad accompagnare Diarra al Vascello Alessandro Gioia, della sezione italiana della Lega per i diritti umani, che ha spiegato che in Mauritania è in atto da sempre un vero e proprio scontro tra le due etnie più rappresentative della popolazione: quella arabo-berbera e quella Haretè con la prima che da sempre schiavizza la seconda, facendo leva sull’ignoranza dilagante nel paese e strumentalizzando la religione. “I mauritani – ha detto – non devono essere lasciati soli. C’è bisogno di una grande sensibilizzazione”.
“L’Italia e l’Europa possono fare molto per noi. Vive la libertè”, ha concluso poi in francese Diarra, seguito da un lungo e intenso applauso.