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Alan Kay

“1992” DI SKY E’ UNA DELUSIONE. SI E’ PERSA L’OCCASIONE PER FARE CHIAREZZA SULLA VERA STORIA DI TANGENTOPOLI

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«Qui mi sembra che Mani Pulite sia solo uno sfondo, una scusa per raccontare altro». Difficilmente nella mia vita mi sono trovato d’accordo con Antonio Di Pietro. Ma stavolta devo dargli ragione. In questa frase, riportata da La Stampa, credo si riassuma l’intera sostanza della nuova serie tv di Sky Atlantic “1992“, esplicitamente ispirata a Tangentopoli. E’ vero ieri sera sono andate in onda solo le prime due puntate e potrebbe essere troppo presto per giudicare. Certo è che l’impostazione sembra molto chiara: la prima inquadratura è quella del giovane poliziotto che entra a far parte dell’ufficio del rampante magistrato Antonio Di Pietro, completamente nudo allo specchio. Pare sia malato. Scena seconda: si inizia a vedere la costruzione e la partenza dell’inchiesta che legherà quell’epoca storica alle tangenti e alla corruzione. Un tale Chiesa dell’Albergo Pio Trivulzio di Milano viene incastrato; naturalmente sullo sfondo i manifesti politici del solo Partito Socialista, come i riferimenti al sindaco milanese, socialista, al leader che per tutta la prima puntata – salvo l’eccezione dell’impronunciabilità secondo gli autori Sky – viene chiamato “Cinghialotto”, Bettino Craxi. Mai un riferimento, almeno per il momento, al resto dei partiti che compongono l’emiciclo della Camera. Va detto, però, che, forse per prevenire grane, all’inizio di ogni puntata gli autori sottolineano la licenza – oltre che la distanza – fra la realtà e la finzione romanzata. Ciò che appare estraneo alla più che giusta libertà di reinterpretazione sembrano essere i soli riferimenti ai socialisti.

1992 Sky

Del compagno Primo Greganti (o di un suo alias), non c’è accenno per la conoscenza del grande pubblico. Sui democristiani neanche. Il male assoluto nonché perno fondamentale dell’intera inchiesta ha un solo nome: socialisti. Un fiore solo: il garofano. Adesso, lungi da me voler rinnegare le reali e profonde responsabilità degli allora dirigenti, fossero essi locali e nazionali, attivi tra le fila dei socialisti. Solo, la domanda che mi pongo con estrema naturalezza è: e tutti gli altri? Immaginiamo che arriveranno nelle prossime puntate, non essendo stato tra i pochi privilegiati ad aver potuto vedere in anteprima la serie interpretata da Stefano Accorsi, che incarna il ruolo dell’emergente pupillo di Dell’Utri in Publitalia. Anche qui, la banalizzazione della discesa in campo di Silvio Berlusconi rischia di mistificare nuovamente la realtà storico-politica rispetto a quanto è realmente accaduto. Non può affidarsi, tra una scena di sesso e l’altra, tra una sottotrama e l’altra, l’inizio di un intero capitolo di un ventennio del nostro Paese dell’epopea berlusconiana a poche immagini, che passano nelle tv degli uffici della concessionaria dell’ex Cavaliere tra una Cuccarini che balla e le giovinette di Non è la Rai che cantano. Mi appare un tantino riduttivo. Tranchant. Ma anche qui, aspettiamo per giudicare.

Come svestiamo i panni dei moralisti, e non pensiamo che le reiterate scene di sesso della valletta che vuole far carriera siano lo specchietto per le allodole destinato al pubblico, pur sempre pruriginoso. Del fenomeno Lega direi un “non pervenuto”, nel senso che affidare ad una storia così debole la ricostruzione di un partito che nasce e diventa realtà solida risulta decisamente banale. Diciamo che Sky ci ha abituati a ben altro, vedi Romanzo Criminale (che di certo vanta meno sfondoni), persino Gomorra (per quanto assolutamente surreale in diversi capitoli). Inarrivabile resta l’House of Cards di King Frank, ma quella arriva dagli States, e purtroppo si vede. Chiudo con la grafica: vedi sopra Romanzo e le storie savianee. Stesso vale per la fotografia, poco cambia. Struttura e narrazione sembrano aver proseguito dagli anni ’70 del Freddo, che poi mai, nella realtà ebbe questo nome. Insomma, ci saremmo aspettati di più.

Stefano Accorsi 1992

Per carità, non una ricostruzione storica alla Piero Angela, ma neanche una mistificazione eccessiva per rincorrere gli ascolti del grande pubblico, al quale si vende qualcosa su cui ancora la chiarezza è lungi dall’esser stata fatta. Va detto un bravo all’attore che interpreta Di Pietro; per gli altri sembra di stare ad una buona interpretazione caricaturale del migliore Bagaglino. Non so perché ma ogni tanto, guardandola, mi aspettavo che Pippo Franco uscisse e prendesse per le orecchie il buon Oreste Lionello. Non sono un critico, non mi occupo di tv, ma come molti colleghi ho letto la storia. Ed è per questo che la mia delusione è tanta, perché “1992“, per chi conosce un minimo i fatti, rappresenta un’occasione perduta per il nostro Paese, ma soprattutto per i suoi cittadini più giovani, per far conoscere loro la storia che ha portato alla seconda e forse alla terza Repubblica. Quella nella quale, grazie al fenomeno Di Pietro, non esistono più tangenti, corruzioni e concussioni. Dove i bandi pubblici vengono vinti per i soli meriti, e dove le intercettazioni sono solo un lontano ricordo di un’epoca passata, in cui i cattivi socialisti mangiavano soldi a dismisura, e tutti credevano che senza di loro e il Cinghialotto l’Italia sarebbe stata una nazione migliore. Con questo finale anch’io mi sono preso la licenza di ironizzare, naturalmente.

Giampiero Marrazzo

L'Autore

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