Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

Sanzioni, acciaio, sovranità: quanto vale l’interesse nazionale

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Nelle ore in cui Vladimir Putin rompe con l’Ue minacciando di mandare in soffitta il progetto del gasdotto South Stream (cofinanziato dall’Eni) e gettando nel panico i dossier economici di mezza Europa e in special modo l’Italia, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni “riscopre” l’interesse nazionale come “bussola”. Lo ha fatto in un’intervista al Messaggero nella quale ha ammesso come questo principio “lo abbiamo tenuto presente in modo insufficiente, anche per via delle circostanze interne l’Italia ha avuto un ruolo secondario”. I costi di ciò si chiamano Libia, marò ed evidentemente anche Russia. E, in passato, questa “insufficienza” ha significato silenzio su episodi tragici come Ustica.

paolo gentiloni e la sovranità nazionale

Paolo Gentilioni, il ministro degli Esteri che ieri ha rilanciato l’interesse nazionale come priorità

Sovranità limitata?

Non è chiaro se la dichiarazione di Gentiloni sia una risposta rivolta proprio a Putin. Di certo rappresenta un cambio di paradigma proprio per un centrosinistra che, negli ultimi anni, ha spesso e volentieri messo in secondo piano i legittimi interessi italiani in nome di un contrasto totalizzante all’allora governo di centrodestra. Che cosa è successo? Dopo la facile monetizzazione, stando all’opposizione, quando è toccato al Pd il governo i nodi sono venuti al pettine. È un problema antico, del resto, quello del rapporto tra interesse nazionale e politica italiana, che differenzia molto il nostro Paese dalla Francia, dove nessuno – a destra come a sinistra – sogna di mettere in discussione l’appartenenza alla République e ai suoi interessi. Un problema di “sovranità”, per dirla con uno storico esponente socialista come Rino Formica (“L’Italia è un paese a sovranità limitata”) che si riconnette proprio alla fine della Seconda guerra mondiale, quando l’Italia assumeva il profilo di paese cuscinetto tra i due blocchi contrapposti.

Il ruolo dell’Italia senza il “bipolarismo”

Interessante, proprio a riguardo, il passaggio quando il titolare della Farnesina parla di fine del “bipolarismo”: “Oggi non c’è più il bipolarismo – ha spiegato – né l’illusione degli anni ’90 di un mondo omologato. C’è una grande instabilità, noi ne siamo al centro perché ci troviamo in mezzo al Mediterraneo. In questo nuovo contesto dobbiamo recuperare senza vergognarcene un concetto semplicissimo: l’interesse nazionale. Siamo europei e alleati degli americani, ma abbiamo un nostro occhio sulla geopolitica”. Segno, questo, che anche il governo ha compreso come un’Italia ridotta a “potenza regionale” debba necessariamente riscoprire un po’ di sano realismo se intende interpretare un ruolo in un contesto multipolare.

Uno dei banchi di prova si chiama Ucraina, un dossier rispetto al quale in molti si augurano di non ripetere ciò che è avvenuto in Libia. Come riconosciuto ampiamente da analisti e politici, la pressione sull’allora governo Berlusconi fu così alta che, alla fine, anche il nostro Paese dovette intervenire in una missione risultata disastrosa dal punto di vista militare e di ricomposizione di un’area, ma “fruttuosa” (leggi Francia) per chi intendeva depotenziare un partner privilegiato con la Libia, ossia l’Italia. Le stesse sanzioni economiche alla Russia, votate anche dal governo Renzi come punizione per l’interventismo russo in Crimea e nelle regioni russofone, continuano a pesare pesantemente alle imprese italiane senza intaccare le strategie del Cremlino.

Come abbiamo raccontato ieri su Futuro Quotidiano, la difesa dell’interesse nazionale non riguarda solo gli aspetti geopolitici: al centro ci sono i faldoni che riguardano la politica industriale, i rapporti commerciali e il rapporto con l’Ue, rispetto alla quale il dibattito sulla cessione di ulteriori quote di sovranità segna in questo momento uno spartiacque politico che è destinato a qualificare sempre di più chi saprà interpretare quanto valga il proprio “interesse”.

Antonio Rapisarda

twitter@rapisardant

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